Intervista
ai “The Essence”, 10 Agosto 2010
Di
Yuri Lucia.
È
una calda serata d’agosto quella in cui vengo a conoscenza dell’esistenza di
questo quartetto romano che andava esibendosi presso la manifestazione “Note
Tempo” in quel di San Lorenzo.
Rimango
subito attratto dalla loro musica e, come mesmerizzato, assisto compiaciuto ed
affascinato all’esibizione live che regalano al pubblico presente, una prova
caratterizzata dalla bellezza dei brani, dalla bravura del gruppo e dal carisma
che sanno sprigionare sul palco.
Quello
che ascolto è un Metal “rockeggiante”, che strizza l’occhio al Progressive in
modo discreto e con grande equilibrio, colorandosi qua e là di tinte “gotiche”
senza perdere mai in grinta ed incisività. In realtà è difficile ad un primo
ascolto iscrivere questi ragazzi in un genere ben preciso, anche perché, per
loro stessa ammissione, le influenza sono varie. Sebbene non sia la prima volta
che mi trovi ad ascoltare un gruppo che si ispira a generi diversi, devo
lodarne la capacità di saper “citare” senza scadere nella scopiazzatura, cosa
non da poco credetemi, mantenendo integra la propria personalità “collettiva”,
frutto dell’unione di menti diverse, e vivo l’interesse di chi assiste alla
prova sul palco.
Già
da tempo meditavo di inaugurare la sezione musicale del mio sito e mi dico che
senza ombra di dubbio loro sono il gruppo giusto per tenere a battesimo le
pagine ove state leggendo la presente intervista.
Avvicino
il chitarrista subito dopo la fine del concerto e dopo avergli fatto i più che
meritati complimenti, gli chiedo se possono essere interessati ad
un’intervista.
Trovo
una persona molto disponibile e gentile che accetta la mia proposta e subito ci
scambiamo i contatti. Dopo pochi giorni, ci incontriamo proprio a quel “Note
Tempo” di cui parlavo sopra, per una chiacchierata sulla storia degli Essence,
i progetti a breve e a lungo tempo e tutto quello di cui si può discorrere a
proposito di musica.
Ci
tengo a dire che pur trattandosi di un piccolo sito, appena agli inizi e tra
l’altro largamente legato alla narrativa, gli Essence non si sono fatti pregare
per concedermi il proprio tempo, anzi, sono stati d’una gentilezza ed una
squisitezza uniche.
All’appello
ci sono tre quarti della band: Mirko, il chitarrista con cui come vi raccontavo
ho avuto il primo contatto, Francesco il batterista e Michela, voce e
frontwoman della band; assente per impegni personali il bassista, Valerio.
I
The Essence sono dei ragazzi, età compresa tra i 35 ed i 22 anni, alla mano e
divertenti, estremamente tranquilli e pacati, nel senso migliore del termine, e
parlare con loro è un vero piacere.
Ci
sediamo intorno ad un tavolo sorseggiando delle bevande (grazie a Francesco che
ha offerto il giro! Te ne devo uno!).
Il
ghiaccio viene sciolto quasi subito e siamo pronti ad entrare nel vivo
dell’intervista.
YURI:
Ragazzi, siamo pronti ad iniziare e
vi ribadisco ufficialmente che questa sarà la prima intervista che comparirà
nella rubrica “Sottobosco” della sezione Musica di Oroboro.
Apro le danze con una domanda
banale: dopo aver letto la biografia sul myspace, volevo sapere da voi come è
iniziata la vostra carriera di musicisti e se attualmente state facendo ciò che
volevate se, insomma, avevate già dall’inizio un progetto e se questo progetto
si è concretizzato oppure vi siete ritrovati per “caso” dove siete. Sentiamo la
cantante, Michela.
MICHELA:
Quando
ho iniziato la mia carriera di musicista, come la definisci tu, parliamo di
circa dieci anni fa, non avevo pensato di ritrovarmi a fare questo tipo di
genere. Mi muovevo in tutt’altro tipo di situazioni, cori scolastici ad
esempio, e non prendevo lezioni. Poi tutto è successo in modo “casuale”,
partendo dall’incontro con vari chitarristi e bassisti che mi ha portato ad
approdare ad un genere più vicino al Metal. Di sicuro la vera “svolta” è
arrivata con lui, Francesco, il batterista degli Essence. Già dalle primissime
collaborazioni, con la stesura dei primi brani, le basi del genere erano molto
simili a quello che suoniamo oggi sebbene con l’alternarsi di musicisti nella
formazione, alcune cose siano cambiate. Dunque non mi aspettavo all’inizio che
avrei fatto questo, musicalmente parlando ma devo dire che ne sono davvero
molto soddisfatta.
Passo
la parola al mio collega, Francesco.
FRANCESCO:
Io
ho iniziato a suonare quando avevo 19 anni, per una scommessa, come autodidatta
e, quando mi sono reso conto che avevo bisogno di migliorarmi, sono andato a
Viva Musica, dove ho studiato con Massimiliano De Lucia, un batterista
d’estrazione jazz piuttosto noto qui a Roma.
Dopo
5 anni ho sentito il bisogno di “cambiare aria”, di suonare cose mie perché non
avevo più voglia di stare davanti ad uno spartito e sentivo che mi stavo
chiudendo mentalmente.
Avevo
diversi gruppi, già hai tempi dei miei studi musicali, ed ero già orientato al
progressive, quello del Banco, dei Rush e dei primi Dream Theater,
caratterizzato da strutture miste, tempi veloci e tecnica. C’è stato poi
l’incontro con la nostra cantante, Michela, altri due chitarristi e con me
c’era Valerio, il bassista. Con Valerio la collaborazione risale praticamente
al “da sempre”, visto che suonava con me già quando aveva 12 anni ed andavamo
in saletta suonare i Black Sabbath e cose di quel tipo. La durata di questa
collaborazione è motivata, ed è uno dei motivi, del nostro feeling. Basso e
batteria sono ben affiatati, perfetti cosa, per me, molto importante.
Nel
2007 è ufficialmente iniziata l’avventura ed i primi tempi erano tutti contenti
di quella “follia” che ho portato nel gruppo anche se sono nati presto i primi
problemi, quelli che hanno sperimentato tutti quelli che suonano, derivanti dal
fatto che mettere d’accordo cinque teste è difficile.
Michela
non ha mai abbandonato il progetto e con lei la collaborazione è continuata.
Il
genere che suono, è quello che ho sempre avuto in testa, più o meno.
YURI:
Tu hai 29 anni, se non sbaglio.
Vorrei chiederti, avendo tu iniziato a suonare a 19 anni e quindi trovandoti
nel giro da qualche tempo, quanto pensi che sia cambiata la “scena romana” in
questi ultimi anni.
FRANCESCO:
Guarda,
il problema, ed è un problema reale, è che, ad esempio, non esistono più festivalerio
in grado di supportare nel giusto modo i gruppi, dandogli modo di emergere,
emergere come intendo io.
Il
modo in cui intendo io è pubblicità, etichette, produttori che ti seguono.
Ormai esiste spazio solo per le cover band. All’estero è un’altra storia. A
Roma in modo speciale, la situazione è critica ed è un problema che riguarda
tutti i generi, non solo il Metal.
Posso
dirti che o vieni travolto dalla massa, e ti adegui a quello che ti viene
chiesto oppure…
Io
e Michela, parlo di noi due perché Valerioerio è assente e Mirko è entrato da
poco nel progetto, se pure molto motivato, non ci siamo mai venduti.
MICHELA: (Interviene)
Va
anche detto (aggiunge ridendo) che nessuno ci hai mai fatto questo tipo di
proposta!
FRANCESCO: (Controbatte)
No,
una proposta è arrivata.
MICHELA:(Puntualizza)
Si,
è vero ma era una proposta in cui non ci veniva chiesto di adeguarci ad un
genere o scrivere un certo tipo di pezzi ma bensì di sborsare soldi! In
sostanza la persona ci aveva detto che ci avrebbe messo un po’ del suo per
quanto riguardava l’aspetto pubblicitario, procurandoci anche un passaggio su
Sky ma in cambio ci chiese tanti, tanti mila euro. Se posso aggiungerci del
mio, e poi passo la parola al mio altro collega, è che secondo me non esiste
nemmeno più una vera scena underground, rispetto a dieci anni fa, perché è
intervenuta tanto la televisione. Quando accendi la radio senti soprattutto
persone che sono state promosse da programmi televisivi. Marco Carta, ad
esempio. Oggi come oggi è questo uno dei problemi. A me personalmente non
interessa questo tipo di passaggio anche se sarei molto curiosa di vedere lui
(indica FRANCESCO n.d.Y.) da Maria de Filippi! (C’è una risata generale)
MIRKO:(Prende la parola)
(Altre
risate dopo che, avendo pronunciato nemmeno due parole, una rombante moto
sembra volerlo zittire. Mirko si ricompone e riprende il suo discorso).
Io
ho iniziato a suonare verso i 13, con la tastiera, cose del genere Ultravox,
Human League e Simple Minds, poi mi sono orientato verso la chitarra elettrica
dopo che ne era stata regalata una a mio fratello, e ho conosciuto il mondo
degli Eagles, dei Deep Purple, Yes, Genesis e anche i Queen, questi ultimi
anche perché quando cercavo un gruppo per suonare erano quelli più conosciuti
ed era facile combinare degli incontri in sala.
Poi
mi sono stancato delle cover ed ho cercato una situazione in cui potessi suonare
brani miei ma il primo gruppo in questo senso in cui sono approdato, mi
lasciava poca libertà artistica sulla chitarra perché il tastierista aveva un
fortissimo peso al suo interno e pretendeva suonassi le parti come le scriveva
lui. Ho cercato altri lidi, cambiando diverse situazioni, più o meno serie, in
cui però non trovavo quello che mi interessava.
A
Maggio di quest’anno sono approdato da loro.
YURI:
Fino a qualche anno fa, ricordo che
è stato tentato di creare diverse realtà discografiche quali Lucrezia, 99
Records/Elevate o l’italo-svizzera Galileo.
Come mai nonostante questi
tentativi e nonostante in realtà, in Italia, s’importi molto un certo genere
musicale, pare sia difficile riuscire a costruire una realtà prog-metal
nostrana.
MIRKO:
Sinceramente
non so darti una risposta precisa a questa domanda in quanto non ho nemmeno un
quadro preciso del mercato, dal punto di vista delle vendite. Personalmente non
conosco molte persone che ascoltino il genere che faccio.
FRANCESCO:
Il
punto è che all’estero, davvero puntano su di te, in tutto e per tutto. Qui,
come entrano due soldi, tirano i remi in barca e ti salutano. Alla meglio
creano delle scuderie, formate sempre da quei gruppi che vengono portati in
giro sempre nei circuiti italiani e difficilmente riescono a valerioicarne i
confini. Se vuoi uscire dai circuiti underground poi, o ti metti a cantare in
italiano o sei limitato. Inoltre in Italia, ma anche a livello internazionale,
si tende a creare personaggi più che gruppi.
MICHELA:
In
Italia un altro problema è che tendiamo ad essere molto esterofili,
privilegiando quello che nasce fuori di qui solo perché è nato fuori da qui.
Guarda i Lacuna Coil che in casa loro non sono conosciuti come dovrebbero. Un
gruppo come loro viene seguito meno, qui, di gruppi come gli Zero Assoluto.
FRANCESCO:
Ci
sono tante altre realtà valerioide però non conosciute. Penso, ad esempio, ai
Rapshody.
Inoltre
in questo periodo non mi sembra ci siano molte persone disposte a seguire i
testi, le partiture, tutta la fatica dietro il lavoro dietro un brano.
MICHELA:
Insomma,
è una domandaccia quella che ci hai fatto!
YURI:
Lo so ma diciamo è uno degli
aspetti, personalmente e che credo a molti, più interessante quello del
quotidiano scontrarsi con le difficoltà che hanno certe realtà musicali nel
cercare di affermarsi.
E da qui l’altra domanda. Ho visto
che siete ancora senza contratto e voi prima mi parlavate di un contatto,
andato male, ma oltre a quello, avete avuto altre esperienze, quali sono le
vostre impressioni in tal senso, e quali le difficoltà, ad esempio, nel
rapportarsi con le varie etichette, piccole o grandi che fossero.
MICHELA:
Eccetto
l’occasione di cui ti parlavo prima non mi è capitato di trovarmi a confronto
con un’etichetta, grande o piccola che fosse ma ricordo bene durante
quell’occasione ci fu chiesto di apportare delle modifiche per rendere il
prodotto più commerciale.
Credo,
sinceramente, che non capiterà mai qualcuno che accetti il tuo progetto così
com’è, senza tentare di apportare modifiche. Se la natura di tali modifiche non
snatura completamente il tuo lavoro, si può anche trovare un punto di incontro.
La
cosa peggiore è stato quando ci hanno chiesto dei soldi da investire.
FRANCESCO:
La
cosa divertente è che non si è parlato nemmeno di coproduzione. Ci hanno
chiesto di finanziare per intero il nostro stesso progetto.
MIRKO:
Personalmente
non sono mai arrivato, con gli altri progetti, al punto di dover trattare con
etichette.
YURI:
E come, secondo voi, sono cambiati
i canali attraverso cui farsi conoscere? Ai miei tempi c’erano soprattutto
riviste e fanzine. C’era, sicuramente, anche molta passione e disponibilità da
parte di chi si occupava di fare un certo tipo d’informazione. Oggi è ancora
così?
MIRKO:
Si,
sicuramente. Internet ha cambiato il modo di fare informazione. Io,
attualmente, non compro nessuna rivista ad esempio e seguo tutto quanto su
internet.
FRANCESCO:
Noi
abbiamo avuto una recensione da un giornale, Beautiful Freaks, un giornale che
esce in formato cartaceo nel circuito romano. C’è stato chiesto da un nostro
conoscente di poterci fare un’intervista.
C’è
stato anche un giornale che esce nella zona di Roma-Est che ci ha dedicato una
pagina.
MICHELA:
Radio
Sapienza, una radio via web, ci ha dedicato uno spazio ma da altre realtà non
c’è arrivato grande riscontro.
Comunque,
al momento, trovandoci in una fase di riorganizzazione postuma ad un periodo di
trasformazioni dovuti ai cambi di formazione, ci siamo concentrati poco sul
discorso promozione occupandoci di più dei live.
YURI:
Colgo la palla al balzo per
affrontare l’argomento: parliamo del circuito dei locali, degli spazi
disponibili e dei problemi che si possono incontrare, della disponibilità
incontrata.
MICHELA:
Non
me la sento di dare un giudizio negativo. C’è sempre stato un feedback ogni
volta che abbiamo inviato il demo, magari non immediatamente ma dopo qualche
settimana, è successo persino che ci abbiano chiamato senza aver inviato nulla!
Magari è capitato di suonare in posti poco adatti al nostro genere, come un
Wine Bar (!) ma alla fine l’importante è poter suonare.
FRANCESCO:
Io
invece qualcosa ce l’avrei da ridire. Su quegli organizzatori che danno spazio
solo e sempre agli stessi nomi. Non ci sono festivalerio, a Roma, dedicati a
generi come il Prog ad esempio.
Per
il resto vanno molto le cover band che sono spesso pagate. A band come noi,
spesso, ci hanno pagato con un panino.
MICHELA:
Ci
sono le cover band di punta che vengono pagate e a te dicono: “il pagamento è
che ti faccio suonare”; insomma, non è sempre bello sentirselo dire.
FRANCESCO:
Mi
sono trovato benissimo al Dissesto, a Villa D’Alba a Tivoli, un locale che da
spazio a tante realtà diverse, dove abbiamo trovato non solo disponibilità ma
anche un grande calore umano.
Per
ora comunque, suoniamo soprattutto per il piacere di farlo e per metterci alla
prova, vedere il riscontro delle persone che ci hanno ascoltato.
MIRKO:
Purtroppo
delle volte al tuo impegno non corrisponde quell’attenzione, quel ritorno che
ti aspetteresti dal vivo. Ovviamente si va avanti, soprattutto guidati dalla
passione, anche perché se si dovesse fare solo un discorso basato su eventuali
guadagni, uno lascerebbe perdere.
YURI:
Si evince, da quello che avete
detto, anche perché lo avete detto chiaramente, siete in una fase di
assestamento e riflessione. Ma se dovesse esserci un prossimo passo, quale
sarà?
MICHELA:
Francesco
ti dirà un lp, visto che un demo l’abbiamo già dato alla luce. Dal punto di
vista promozionale sarà soprattutto inviare il suddetto demo in ogni dove,
anche fuori dai patri confini.
Personalmente
credo sia ora anche di bussare a qualche porta, anche a costo di vedersela
chiudere in faccia. Si, decisamente la prossima mossa sarà intensificare il
lavoro di promozione anche tramite internet.
FRANCESCO:
Mi
trovo d’accordo con Michela. Per ora il progetto The Essence va avanti con un
nuovo chitarrista che sta mettendo grande impegno ed amore all’interno del
gruppo.
Continueremo
a scrivere pezzi. Abbiamo per ora una rosa di 12 pezzi di cui cinque sono sul
demo.
2
sono stati scritti con Mirko. Sicuramente cureremo di più l’aspetto internet.
Comunque il mio obiettivo è quello dell’LP, anche perché è un bel biglietto da
visita da presentare ad un eventuale produttore.
MIRKO:
Al
momento devo studiarmi i rimanenti pezzi del gruppo, riadattarli al mio modo di
suonare visto che il mio predecessore aveva un modo diverso di concepire lo
strumento. Questo è il terzo live con il gruppo e ne voglio fare molti altri
perché è qualcosa di cui sento un fortissimo bisogno. Sicuramente l’LP è una
tappa importante ma è un problema decidere a chi farlo sentire a chi
rivolgersi.
YURI:
Visto che mi hai detto che rispetto
all’altro chitarrista, sei di un’altra parrocchia, ti faccio una domanda che giro
anche ai tuoi compagni d’arme.
Quali sono i musicisti che ti hanno
influenzato e quale è l’elemento predominante nel vostro style.
Anzi, per cavalleria, iniziamo con Michela!
MICHELA:
Domanda
difficile! Visto che in mente me ne vengono in mente almeno seicento!
Sicuramente cantanti che non centrano molto con il genere che faccio
attualmente.
Joan
Baez, che mi ha fatto conoscere mia madre da piccola, Elisa, che quando sento
mi fa venir voglia di dire “vorrei cantare così”, per quanto riguarda il carisma
sul palco è Freddy Mercury, il quarto direi Jeff Buckley, soprattutto per come
scrive i pezzi.
FRANCESCO:
I
miei ispiratori sono Mike Portnoy, senza dubbio perché ha avuto una grandissima
influenza su di me, e tutt’ora lo continuo a seguire, Alan Wilder, ex
batterista ed arrangiatore dei Depeche Mode, Vinnie Paul dei Pantera, per il
suo uso del doppio pedale, Christian Mayer, il batterista di Elio e le Storie
Tese di quale ho seguito alcuni stages.
Mi
piace, nel suonare, mescolare ritmiche prog, metal, indie, anche al di fuori
degli schemi classici. In realtà l’imput mi arriva quando sento i brani che mi passa Michela,
pezzi che nascono voce e chitarra.
Per
me era uno stimolo lavorarci sopra. La cosa che mi caratterizza di più come tecnica?
Non ne ho una in particolare. Cerco di curare ogni aspetto del mio modo di
suonare.
MIRKO:
Le
mie influenza sono Brian May dei Queen, un chitarrista molto equilibrato nel
modo di suonare, che sa mescolare la sua buona tecnica con un grande feeling,
Ritchie Blackmore, con la sua chitarra graffiante che tende a risaltare molto
nei pezzi dei Deep Purple, direi poi sicuramente Frank Gambale di cui ho
studiato alcuni metodi dopo averlo sentito con la Chick Corea Electric Band, avrai
notato che tendo ad usare molto lo Sweep Picking poi direi in generale molti
musicisti classici, come Bach e Vivaleriodi.
YURI:
Vi pongo due domande un po’ infide:
definite il vostro genere e
consigliate due band, underground, da ascoltare a chi leggerà la vostra
intervista.
MIRKO:
Il
nostro genere? Vicino al Gothic Metal anche se privo di alcuni elementi tipici
di questo genere, sicuramente tendente al Metal ma con molte, tante
sfaccettature.
FRANCESCO:
Ho
sempre pensato anch’io ad un genere vicino al Gothic Metal anche se le sonorità
non sono propriamente Metal ma vicine al Rock.
MICHELA:
Io
sento, da parte di chi ci ascolta, i pareri più disparati. Io lo definisco
semplicemente Rock ed aggiungo: venite a sentirci e decidete voi! (Risate)
Questo
perché ognuno di noi porta le proprie, molteplici, influenze in questo
progetto.
Consiglierei
gli Ashram, piuttosto lontani dalle sonorità Metal ma semplicemente fantstici.
FRANCESCO:
Di
gruppi da consigliare Surgery, che adoro, e direi i Cristabel Dreams, un gruppo
Gothic Dark in cui tra l’altro suono! Ma non stavo facendo pubblicità in quanto
ero loro fan prima di entrare nella loro formazione.
YURI:
Ed il vostro approccio compositivo?
Prima (rivolgendomi a Francesco) anticipavi che tutto nasce da una composizione
voce-chitarra di Michela.
MICHELA:
Avendo
scritto la maggior parte dei brani che compongono il nostro repertorio credo di
essere la più indicata a parlare di questo aspetto (gli altri componenti del
gruppo concordano n.d.Y.)
Non
so come nascano i brani. Non voglio dipingerla come illuminazione, per carità
ma mi è successo di ritrovarmi la melodia in testa e di cantarci sopra con il
testo che nasce da se. Uso la chitarra per creare una struttura di base su cui
poi loro aggiungeranno fill e passaggi vari.
Inizia
un processo di discussione, a volte un po’ movimentato che arriva comunque
quasi sempre a buon fine.
Attualmente
l’apporto di Mirko è, per forza di cose, ridotto ma sono sicura che diventerà
un elemento importante perché mi piace il suo impegno, mi piacciono le idee che
propone.
È
riuscito a riarrangiare un vecchio brano che non ho mai amato in modo
particolare ma che con il suo tocco ha acquisito tutta una nuova, gradita,
fisionomia.
FRANCESCO:
Michela
ha detto tutto, più o meno. Sicuramente è un processo in cui, interveniamo
progressivamente tutti.
MIRKO:
Quando
compongo, mi risulta più facile farlo sulla tastiera, tranne alcune eccezioni.
Ho un’idea in testa, metto tutto giù, in modo in un certo senso casuale, così
che delle volte il brano finale può risultare un po’ strano ed atipico!
YURI:
Ultime domande.
Il vostro set up?
MICHELA:
Uso
un sm 58 della shure.
FRANCESCO:
Uso
un set custom della Zildjian per cui ho aspettato davvero tanto tempo, rullante
Yamaha, il resto dei pezzi sono Tama con cui mi trovo davvero bene. Posso
aggiungere le mie scarpette da batteria?! Simil da corridore, pieghevoli, con
un ottimo grip sui pedale e sono pure rosse e nere, intonate ai colori delle
band.
MIRKO:
Io
uso una Ibanez RG 550, che posseggo da una decina d’anni, la considero la
migliore che ho avuto in questi anni. Ci tengo in quanto è la prima “seria” che
ho comprato. Ora monta un Di Marzio Fred al ponte. Ho modificato l’impianto
elettrico per avere una configurazione pick up, a switch su posizione centrale,
simile a quella della vecchia JPM, ho una S 470 ed una S 370, un’acustica EV 20
ed un basso sound gear Ibanez, un Rocktron Piranha ed un paio di casse
equipaggiate con coni celestion.
YURI:
Ultima domanda! Perché qualcuno
dovrebbe comprare un vostro demo?
MICHELA:
Perché
c’è tanta passione ed impegno dietro e anche perché, nel genere in cui bene o
male cerchiamo di muoverci, proponiamo qualcosa di diverso che non si sente in
giro.
YURI:
Grazie per il tempo che mi avete
dedicato, ragazzi ed in bocca al lupo per il vostro futuro!!!
Il demo dei "The Essence"! Presto le recensioni