Spider-Man Origins #1

 

 

La mano si poggia contro la spessa lastra di materiale radioresistente che separa i due ambienti. Una serie di pannelli a cristalli liquidi consentiva all’uomo in camice di vedere che cosa stesse avvenendo dall’altra parte di quel muro, la stanza avvolta nel buio e una figura dormiente distesa su un lettino. Rumori di strumentazioni, classico monitoraggio del battito cardiaco, filtraggio dell’aria, contatori Geiger-Muller.

- Dottore. – mormora una voce alle spalle dell’uomo – Credo sia il momento di iniziare. -

Un lungo respiro profondo e poi il pulsante di un registratore viene premuto.

- Il soggetto ha quindici anni. – la voce dello scienziato trema – È stato esposto ad un ingente quantitativo di radiazioni durante una dimostrazione scientifica condotta con evidenti inosservanze delle più elementari norme di sicurezza. – il tono tradisce un parere personale sulla cosa

– Incredibilmente, il soggetto è sopravvissuto all’esposizione con materiale biologico contaminato, in seguito al morso di un aracnide esposto a radiazioni ionizzanti. Si stima che il soggetto sia stato esposto a circa 70 Sv, pari a 7000 rem. La sopravvivenza oltre sette giorni è…è… - la voce si rompe -…improbabile. –

Dopo una pausa di qualche secondo, in cui si ode solo il respiro pesante dell’uomo, la descrizione ricomincia - Il sistema immunitario ha accusato maggiormente il colpo e sono in atto una serie di patologie autoimmuni assolutamente sconosciute. – la registrazione viene bloccata. L’uomo singhiozza, cercando di riprendere fiato. Passano alcuni minuti, alla fine, ricomincia a registrare – In pratica, è come se il suo sistema immunitario stesse divorando parti del suo corpo. Le fibre nervose, l’epidermide, la muscolatura…gli organi interni. –

L’uomo, avvolto nel camice passa ad osservare un campione di sangue, racchiuso fra due vetrini radioassorbenti – La conta dei globuli bianchi è fuori scala. Letteralmente. – mormora al microfono – Il che non è normale per un avvelenamento radioattivo, dovrebbe avvenire…il contrario. Forse la tossina del ragno ha…iperattivato il sistema immunitario e le radiazioni hanno dato il via ad una patologia latente. Forse…alcuni fagociti, granulociti neutrofili o macrofagi hanno fagocitato alcune cellule di ragno…il che le ha fatte mutare in modo imprevisto, il che spiegherebbe il controllo della crescita aberrante dopo l’esposizione al DNA irradiato. Pensiamo che parte del DNA esogeno si sia inserito nel DNA di questa cellula e abbia provocato questo. In modo simile potrebbero essere mutati i linfociti B, esposti alle radiazioni e ora…il corpo è attaccato da anticorpi e fagociti, in ogni sua componente. Le possibilità di intervento sono… - e la registrazione si interrompe di nuovo.

- Richard… - fa, l’altro uomo alle sue spalle. - …è necessario. –

- Howard, è mio figlio. – mormora Richard Parker, lasciando cadere il registratore sul tavolo – Peter è là dentro e sta morendo… -

- Tu e Mary siete gli unici che potete salvarlo. –

- No! – esclama – Tu non capisci. Peter è nostro figlio, non siamo lucidi! Non riusciamo a pensare…perciò alza il telefono e usa tutte le risorse delle Stark Industries per reclutare i migliori esperti… -

- L’ho fatto. Siete voi. – mormora Howard Stark – Se lì dentro ci fosse Tony, io avrei chiamato voi. Peter non merita di meno. Perciò ti dico questo e ripetilo anche a tua moglie: salvatelo, mentre io darò i responsabili in pasto ai miei avvocati. –

- Octavius e Smythe? – gli chiede Richard – Troveranno il modo di farla franca. –

- Io non ne sarei così sicuro. – replica Stark convinto – Non stavolta. –

 

Pochi giorni prima

 

- Signorina, le ricordo che lei è la mia segretaria. – proferì nel proprio cellulare Norman Osborn, facendo tacere la donna – Questo significa che sta a lei evitarmi gli impegni e le distrazioni. Si, questo include il mio anniversario di matrimonio e, se lo ricordi per il futuro, anche la festa di compleanno di mio figlio Harry. Compri dei fiori e un gioiello per mia moglie o trovi qualcuno che sia in grado di farlo e lo assuma al suo posto. –

Queste parole, che concludevano la telefonata, furono a malapena percepite dal giovane Peter Parker, intento ad osservare lo straordinario laboratorio di ricerca. Quella visita è stata concessa solo ai migliori studenti di tutti i licei dello stato di New York, una presentazione ufficiale della portata dell’inaugurazione del nuovo Large Hadron Supercollider del Cern di Ginevra. La differenza sostanziale sta nello smisurato ego degli sviluppatori, ma come già detto, Peter è troppo distratto per pensare a questo.

Si trova nel suo elemento, completamente. A differenza degli altri studenti, per lo più privilegiati e figli di famiglie facoltose, lui è figlio di ricercatori e quindi vive quello come un vero e proprio premio. Per di più, la sua curiosità lo porta a voler seguire la conferenza dai primi posti, quelli più vicini ai luminari della scienza di cui ha letto solo su Wikipedia. Non si interessa di socializzare, metà dei ragazzi che sono lì, lo fanno più per far piacere ai propri professori e comunque…dovrà pur sempre tornare a subire le angherie di Flash Thompson, per dirla con le sue parole “Non importa quanti amici nerd potrai farti, riuscirò sempre a trovarti.”

Lasciamo il giovane Parker ad osservare il palco da dietro le lenti spesse dei suoi occhiali e diamo uno sguardo al palco. Sotto scroscianti applausi, Otto rimane in piena vista, oscurando quello che per ordine alfabetico e per estensione di ego, è il secondo autore del progetto: l’ingegnere elettronico Spencer Smythe.

- Cari colleghi, amici e giovani menti di domani… - comincia a dire, Octavius – …quello a cui state per assistere è un evento storico. Qualcosa di molto vicino al furto del fuoco perpetuato da Prometeo. Solo che in questo caso il fuoco è sostituito dall’immensa energia delle radiazioni. L’ingegnere Smythe ed io ci accingiamo a realizzare il primo esperimento con radiazioni ionizzanti isolate dall’ambiente circostante tramite una complessa sequenza di raggi gamma, un’applicazione inaspettata della grossolana tecnologia Banner. –

Inutile dire che in sala di scienziati che abbiano rispetto per la scienza, ce ne sono molto pochi. Ciò che è riuscito a riunire Octavius è un gruppo di colleghi accecati dal loro stesso ego, di suoi simili in sostanza. Gli altri, quelli che ritiene inferiori e che per contro lo reputano un egocentrico irresponsabile, non ci sono. Da qui, il problema delle sedie vuote e la necessità di invitare studenti universitari e liceali.

Dopo un lungo sproloquio del dottore, è Smythe a prendere la parola.

- Buon pomeriggio. – il suo tono è molto più incerto, è noto nell’ambiente che l’ingegnere ha seri problemi di ordine psicologico, mai realmente affrontati – L’apparato che ho realizzato…che abbiamo realizzato è…all’avanguardia. Non starò a dilungarmi in dettagli tecnici, sono mesi che la stampa specializzata non parla d’altro e…beh, vi dimostreremo Science non ha sprecato le sue prime pagine. –

In quel momento, un lampo squarcia la sala, illuminando i presenti con riflessi che alternano i colori fra il verde fluorescente al rosso rubino. È un fascio di radiazioni quello che tutti stanno osservando, radiazioni ionizzanti distanti non più di qualche metro dalla testa di tutti che eccitando gli elettroni delle molecole d’aria producono quel bagliore. Il rischio sarebbe impensabile in qualunque laboratorio, Octavius lo sa e punta molto su questo effetto scenico per dimostrare la superiorità del proprio genio sulle tecniche già esistenti.

- Questa apparecchiatura consta di un campo di raggi gamma concentrato in una zona da cui né le radiazioni ionizzanti né le molecole gassose possono muoversi. In compenso…la…materia solida può attraversarlo, il che ci consente di…fare esperimenti all’interno. – balbetta Smythe. L’ingegnere elettronico ha poco spazio per esprimersi, nonostante i mesi di lavoro necessari ad adattare le teorie di Bruce Banner per rendere possibile questo genere di esperimento.

- È per questo che abbiamo sviluppato una tecnologia di… - Octavius rimane in silenzio un secondo, prima di tornare a parlare - …impiantistica robotica molto superiori a quella Stark. Permettetemi di presentarvi…le braccia! –

Dal pubblico, una giornalista scientifica emette un lieve gemito, seguita da quello di un suo collega. Le “braccia” sono in realtà un complesso di sistemi idraulici di forma tubolare, collegati alle pareti da cui escono in quel momento, restando immobili per mostrarsi ai presenti.

Peter li osserva, intanto che la loro forma si riflette nelle lenti dei suoi occhiali. Resta a bocca aperta, senza parole.

- Queste braccia consentiranno l’esposizione di campioni alle radiazioni ionizzanti, mantenendo la sicurezza dell’operatore. – spiega Octavius, osservando quei tentacoli metallici insinuarsi all’interno del campo di forza – E come potete notare…come…potete…INSOMMA! – la voce di Octavius segue un crescendo di stizza, fino all’urlo finale – Cosa state guardando? – la platea ha smesso di rivolgere l’attenzione verso l’opera dello scienziato e si è alzato un forte mormorio in sala

- Otto… - è Smythe a parlare - …credo che un ragazzo si sia sentito male. –

 

Ora

 

- Allora? – esordisce Stark senior, entrando nel laboratorio di Richard e Mary Parker.

- Se non lo uccideranno le radiazioni…lo farà il suo sistema immunitario. – mormora il padre di Peter, con il volto sconvolto.

- Non vi state applicando al… - gli risponde Howard, ma Mary lo interruppe.

- Ci stai chiedendo di trovare una cura efficace per qualcosa di…mai visto…pensando che dovremmo sperimentarla su nostro figlio…te ne rendi conto? È ovvio che ci stiamo applicando…ma non esiste nulla che possiamo fare. –

- Non vi state applicando. Peter sta morendo e voi state qui a piangere invece di… - Richard scatta in piedi, avvicinandosi all’industriale come una furia, riuscendo a placarsi solo per pura fortuna – Vi sto dicendo di osare. Non c’è altro modo. – aggiunge Howard, abbassando il tono di voce. Detto questo esce, lasciandoli di nuovo soli. Mary piange, con il viso riverso sul tavolo e le braccia a proteggerlo, piange per il suo unico figlio, non ha il cuore di Stark e il bambino che sta morendo oltre le paratie antiradiazioni è il suo. Suo marito non può fare altro che abbracciarla, teneramente, con il cuore distrutto.

È nel dolore, in quel contatto silenzioso, che dalla loro coscienza di scienziati emerge qualcosa. Tutto inizia con un lampo nei pensieri di Mary, come nel grembo aveva preso forma Peter, così ora la sua rinascita prende forma nella sua mente.

 

 

Tre settimane dopo

 

- Ho sempre avuto fiducia nel sistema giuridico americano. – sono queste le parole che Otto Octavius pronuncia con calma davanti alle telecamere, mentre Spencer Smythe viene trascinato a forza fuori dall’aula di tribunale – Sapevo che non avrei pagato per le evidenti negligenze del mio…non posso definirlo collega. Quello che è successo è stato… -

In un ultimo tentativo dettato più dalla furia che da altro, Smythe riesce a sfuggire alla morsa dei poliziotti, e anche con le manette riesce a mettere le mani addosso a Octavius.

- Tu! Maledetto…avevamo progettato…ti avevo detto che non era pronto! Ti ucciderò, mi senti? Ho visto a cosa lavori…a…quelle…braccia! – le ultime parole di Smythe non possono essere udite da tutti, perché gli agenti lo immobilizzano a terra, e lo caricano di peso per portarlo via.

- Come tutti potete vedere… - mormora Otto, sistemandosi rapidamente i capelli, dopo essersi ripreso – Smythe è un uomo molto disturbato. Avrei voluto accorgermene prima mi sento…responsabile per questo. Ma per fortuna, mi dicono che il giovane ragazzo la cui identità non è stata rivelata al mondo…si è salvato. –

 

 

- Hai sentito Peter? Pare che tu ti sia “salvato”. – mormora Richard, osservando quella scena nel suo televisore e voltandosi verso la parete trasparente oltre la quale suo figlio penzola dal soffitto a testa in giù.

- Vorrei poter dare a quell’Octavius quel che si merita! – esclama Peter, saltando giù dal soffitto con una rapida capriola.

- Non puoi. – lo rimbecca il padre.

- Si che posso. Potrei farlo e tu mi hai detto… -

- Ti ho detto che è responsabile quanto Smythe di quello che è successo. Lo è. È responsabile e quando capirai veramente il significato di questa parola, capirai anche perché ti dico che non puoi dargli il fatto suo…per quanto sarebbe divertente vederlo malmenato da un ragazzino di quindici anni, non è vero cara? –

- Non ascoltare tuo padre. – suggerì Mary, osservando il figlio che gioca ad arrampicarsi sulle pareti della propria stanza isolata dal resto del mondo – Come ti senti oggi, Peter? –

- Abbastanza bene, mamma. – risponde tranquillamente il ragazzo – La nausea è quasi sparita e non ho avuto altri mal di testa dall’ultima volta. –

- Queste emicranie improvvise mi preoccupano. –

- Via, Mary… - le risponde il padre - …il nostro ragazzo scoppia di salute, questi piccoli sintomi…svaniranno con il tempo. – pronuncia Richard, con l’intento di tranquillizzare il figlio.

- Allora perché devo ancora stare in questa cella? –

- Non è una cella. – ripete sua madre per l’ennesima volta – Il tuo corpo sta smaltendo le radiazioni in eccesso, potrebbe essere pericoloso per gli altri. Comunque pensiamo che la radioattività nel tuo sistema sarà sempre più alta del normale. Non appena sarà scesa a livelli tollerabili per gli altri, potrai uscire. –

- E…parlando…di queste novità? – chiede Peter, restando a testa in giù con i piedi che aderiscono al soffitto.

- Parli del tuo nuovo senso dell’umorismo, Pete? Temo che non possiamo farci niente… - commenta suo padre.

- Spiritoso papà, molto spiritoso. – commenta l’altro Parker – Ma mi riferivo al fatto che non ho più bisogno degli occhiali e…che…mi arrampico sui muri…e…oh, guardate questo! –

In un attimo, il giovane Peter solleva il pesante letto sopra la propria testa, senza sforzo.

- Oh, cielo… - esclama sua madre.

- Beh…quando sei stato male… - comincia a dire Richard - …tua madre ed io abbiamo provato a curarti, cercando di stabilizzare in parte il tuo sistema. Sai cos’è il Deinococcus Radiodurans? –

- Uh…è un batterio, giusto? Dal latino…ah…resiste alle radiazioni? – ragiona il giovane Parker, osservando i genitori.

- Si, esatto. Non si sa come faccia, ma questo batterio resiste a quantità incredibili di radiazioni. Si pensa che possa avere meccanismi di riparo del DNA molto efficienti e così…abbiamo lavorato giorno e notte per creare enzimi che mantenessero questa funzione, ma che funzionassero nell’organismo umano. – spiega suo padre.

- Volevamo semplicemente che questi enzimi riparassero il tuo DNA a partire da una copia non contaminata del tuo genoma. – e qui un piccolo sospiro della madre – Ma non ha funzionato perfettamente. L’enzima ha stabilizzato gran parte delle tue sequenze, ma alcune…le ha sostituite con quelle del ragno, che si sono diffuse nel tuo organismo tramite il tuo stesso sistema immunitario. -

- Pensavamo…che saresti finito in coma…o che ci avrebbe fatto guadagnare qualche giorno… - spiega suo padre – E così è stato. Le radiazioni hanno smesso di danneggiare il tuo DNA. –

- Ma allora… - ragiona Peter - …sarò costretto ad assumere questo enzima per tutta la vita? –

- Non esattamente. Mentre eri in coma, ti abbiamo inserito un piccolo gene per farlo produrre autonomamente dal tuo corpo. – spiega sua madre – Era l’unico modo per accelerare la guarigione senza doverti iniettare quantità tossiche dell’enzima. Infatti…ti sei svegliato, tesoro. Sei vivo…-  mormora, prima di scoppiare in lacrime.

- Oh. – è quello che riesce a dire Peter, prima di cadere dal soffitto, spaventato da quelle parole e anche preoccupato per sua madre, che ancora non può raggiungere attraverso il vetro.

Segue un lungo silenzio, sono passati diversi giorni dal suo risveglio ed è la prima volta che Peter si ferma realmente ad ascoltare questa storia. C’è un motivo se prima non ha voluto sapere niente sulla sua condizione, un motivo che va oltre l’interesse scientifico, che può superarlo e sovvertirlo, specie in un ragazzo di quindici anni. Un motivo racchiuso in una frase.

- Io…ho paura mamma. – ammette Peter – Sono ancora in pericolo? Cosa sono diventato?–

- Quello che ti è successo, Peter è…assolutamente senza precedenti. – ammette Richard – Ma sei sopravvissuto, è questo ciò che conta. –

 

 

- Siamo assolutamente sicuri? – la domanda viene posta con una certa impazienza, il tono di voce dell’eminente fisico nucleare tradisce una certa rabbia.

- Si, dottor Octavius. La maggioranza dei suoi finanziatori si è ritirata, come sa, dopo l’incidente del ragno. La tecnologia che lei e Spencer Smythe proponevate…viene ritenuta…insostenibile, di fronte all’opinione pubblica. – è un giovane avvocato a dare questa risposta, intimidito dagli uomini che vede in quella stanza, uomini che normalmente non appaiono quasi mai di persona.

- Un’opinione pubblica ignorante, formata da zotici e moralisti. – è l’unica risposta del dottore, che osserva la strada dall’ampia finestra di quello studio – No, non mi aspetto che lei capisca. È solo un delegato, la Roxxon Oil poteva degnarsi di mandare qui qualcuno di più… -

- Otto. – l’uomo che si alza, appoggiando delicatamente la mano curatissima sull’ampio tavolo, pone fine a quello sproloquio – Non siamo venuti qui per sentirti parlare di questo. Ti sono rimasti tre finanziatori in tutto, tre compagnie si divideranno l’onere di sovvenzionare le tue ricerche. Ti conosco dai tempi del college, so che puoi darci un buon motivo per farlo. –

Quell’intervento strappa un sorriso al volto austero dello scienziato – Hai sempre saputo come motivare le persone, Obadaiah, fin dai tempi del college. –

- Ah…scusate se interrompo questo piccolo flirt… - comincia a dire il terzo uomo, restando seduto e sistemandosi la costosa cravatta sull’altrettanto costosa camicia - …ma vogliamo venire al dunque? Avrei cinque diversi buoni motivi per trovarmi altrove e almeno quattro di questi…sono donne. Femmine della specie, capisci, Otto? – tono supponente, dita che si congiungono e sguardo sprezzante, Justine Hammer fissa lo scienziato per alcuni secondi, ammiccando in modo equivoco.

- Va bene… - mormora Octavius, allontanandosi dalla finestra - …vi spiegherò quello che ho in mente. C’è un motivo per cui le vostre tre compagnie sono rimaste con me, invece di scappare. Agli altri finanziatori interessava il prestigio di questa scoperta, la funzionalità e sicuramente le applicazioni. A voi…alle vostre compagnie interessa solo di spazzare via Howard Stark e le Stark Industries. –

- Uh… - è il delegato della Roxxon a cercare di interrompere il discorso, ma con un cenno della mano, Obadaiah Stane lo fa tacere.

- A voi serve…un altro Anthony Stark, il figlioccio prodigio di Howard che da quando ha compiuto diciassette anni, lavora febbrilmente nel tempo libero fra una sbronza e l’altra, sfornando almeno dieci brevetti l’anno per suo padre. Si dice che entro i prossimi dieci anni, Tony Stark avrà trovato una soluzione alternativa per la fusione a freddo. Io sono la vostra speranza di spazzare via la compagnia di suo padre prima che ci riesca. –

- Come? – fa Hammer, con tono divertito.

- Dobbiamo diventare pragmatici. – spiega Octavius – La tecnologia di controllo delle radiazioni è diventata scomoda al grande pubblico, ma esiste ancora una larga parte del lavoro che ho svolto che può essere utilizzata. –

- L’impiantistica robotica. – commenta Stane, che ben conosce il lavoro di Otto.

- Precisamente. – commenta questi, premendo un pulsante su un piccolo telecomando. Una parete dello studio prende a scorrere dentro un’altra, rivelando uno spazio in cui il dottore ha nascosto il suo lavoro più prezioso.

- Le braccia. – sibila l’avvocato della Roxxon, in una sorta di terrore mistico di fronte al congegno che si trova davanti.

- Esatto. – commenta Octavius - Le stesse braccia che durante l’esperimento calavano dal soffitto e dalle pareti montate su un corpetto dello spessore di mezzo centimetro. Sono realizzate in placche di adamantio secondario ripiegato, un sistema idraulico superiore a tutta la robotica che avete visto le muove. –

- Che cosa stai proponendo? – chiede Stane, osservando quel congegno.

- Robotica. Questa versione delle braccia è un esempio unico di protesi robotica e di armamento in una sola cosa. Sovvenzionatemi e dividerò il brevetto con ciascuno di voi. Alla Roxxon, le applicazioni biomediche, alle Hammer Industries e a te quelle belliche. –

- Non hai mai rivelato niente su queste…braccia. – replica Hammer – Non sappiamo neanche chi le muovesse o come…oh… - un brivido coglie tutti e tre gli spettatori dei primi movimenti dei quattro arti meccanici, che lentamente vanno a depositare il corpetto metallico intorno al corpo di Octavius.

- Tecnologia wireless, impiantata in diverse aree della mia corteccia motoria. – mormora con calma il dottore – Sono sempre stato io a comandare le braccia. - e detto questo, il corpetto metallico si stringe intorno al suo corpo, permettendo alle braccia di sollevare colui che le controlla.

- Non c’è che dire, dottor “Octopus”…ci stai offrendo una barca di soldi. – è il commento di Justin Hammer.

- Perché sorridi Otto? – chiede Stane.

- Pensavo a tutti gli idioti con cui ho lavorato. – mormora l’uomo – Hanno sempre pensato che alla fine della mia carriera, sarei rimasto sfigurato in un incidente da scienziato pazzo. –

- Oh, Otto… - risponde Obadaiah - …ti posso assicurare che non serve un incidente di laboratorio per fare di te uno scienziato pazzo. –

 

 

Richard Parker parcheggia la sua auto a pochi isolati dai laboratori della Stark Industries. Da quando la situazione è migliorata per Peter, sono stati rari i momenti di pausa, ma sua moglie gli ha suggerito di andare a comprare un po’ di dolci. Mary lo conosce bene, sa quando ha bisogno di staccare dal lavoro, anche solo per fare qualcosa di assolutamente banale. Mentre esce dall’auto, Parker si accorge subito di non essere solo, su quella strada. Afferra il sacchetto di carta, appoggiandolo leggermente sulla spalla, prende tempo, così che l’uomo, che ha appena parcheggiato una mercedes nera qualche metro più in là, si avvicini di più.

- Osborn. –

- Richard, buonasera. –

- Non ti aspetterai che lo prenda per un incontro casuale, spero. –

- No, no. Uomini come noi non possono certo credere al caso, vero? – chiede Norman, con uno sguardo ammiccante che non promette niente di buono.

- Non credo che si possa dire “uomini come noi”, Norman. La OsCorp crea esplosivi di nuova generazione e lavora per adattare armi chimiche vietate alle disposizioni internazionali, io…beh, sono qualcosa di diverso. –

Innervosito dalla risposta, l’altro si avvicina ulteriormente – Sono anche un biochimico. – gli ricorda.

- Buon per te. Ti dispiace arrivare al dunque? –

- Il ragazzo che avete in custodia alle Stark Industries. Quello la cui identità non è mai stata rivelata. Voglio incontrarlo. –

- Non capisco. –

- È sopravvissuto ad una dose potenzialmente letale di radiazioni. Qualunque sistema abbiate sviluppato, o qualunque dote innata avesse…voglio entrarci. Dillo a Stark. Posso mettervi a disposizione il mio intero staff e… -

- Ti fermo subito. – lo interrompe Richard – Il ragazzo è sotto la nostra tutela, sta guarendo e anche quando sarà guarito del tutto, non si saprà mai il suo nome. –

- Accidenti, Richard… - esclama Osborn, afferrandolo per la giacca – Perché? Voglio sapere perché! –

Parker non si scompone, ma il suo sguardo diventa torvo. C’è un motivo se hanno allontanato tutto il personale dalla sezione dov’è ricoverato Peter, se solo Howard è stato informato dello stato del ragazzo e se non hanno mai rivelato il suo nome. Il motivo è incarnato da Norman Osborn, in quel momento.

- Per evitare che uomini senza scrupolo possano mettere le mani su di lui e trasformarlo come cavia, al fine di sviluppare…vediamo, cos’è Norman? Un siero per rendere i soldati immuni alle radiazioni? L’ennesimo supersoldato? – con una mossa, il padre di Peter scaraventa il sacchetto dei dolci sul viso e lo spintona lontano.

- Ah! – grida Norman, mentre cerca di pulirsi il volto, osservando il suo rivale che si allontana lentamente – Dillo a Howard! Si stanno spartendo le idee di Octavius, troveranno il modo di farvi fuori…se non io, qualcun altro…vedremo allora se sono solo un uomo che fabbrica bombe…e salutami tanto la tua bella moglie, eroe! – la frase è seguita da una risata sadica, capace di far gelare il sangue nelle vene di chiunque. Richard non fa in tempo a voltarsi che la mercedes nera si sta già allontanando. Di tutta quella faccenda, nella sua mente la cosa più rilevante è che ha sprecato i dolci per suo figlio e dovrà trovare una giustificazione con Mary.