Marvel Origins #3

 

Sono passate settimane, ma il gran giorno è arrivato. Nell’Area 53, l’attività è febbrile, mentre nel laboratorio principale, tutti sono completamente immobili, chi a controllare dati atmosferici, chi in piedi alla lavagna, chi di guardia alla porta. Bruce Banner è seduto su una sedia girevole, con lo sguardo perso sul monitor di un computer che non sta veramente osservando. Le ferite che il generale ha lasciato sul suo corpo sono sparite, ma quel suo stato emotivo completamente assente testimonia che ben altre ferite sono molto più presenti. L’unico a tenerne conto è Reed, se non fosse così distratto dalle equazioni alla lavagna o dalle chiacchiere che Susan Storm scambia con Von Doom, mentre controllano la situazione ambientale. Il generale Thunderbolt Ross invece tace, gettando uno sguardo di tanto in tanto verso Howard Stark, che guarda l’orologio nervosamente. Non è esattamente l’ambiente lavorativo migliore, specie per un progetto così importante, come gli eventi che precipiteranno di lì a poco, possono dimostrare.

 

Qualche minuto prima, a qualche miglio di distanza dalla base, un ragazzo sudaticcio e ben vestito viene caricato su una jeep militare, in gran fretta.

- So che tu capisci, Tony, che tutto questo è necessario. Mi dispiace che debba trattarsi di te, mi ha fatto ridere quando ti hanno beccato a spiare la Ross…ma ora devo pensare al lavoro. –

Tony Stark è completamente ubriaco e per una volta, non per sua volontà. L’uomo che lo assicura ai sedili della jeep lo ha catturato nel sonno e lo ha costretto a trangugiare diverse bottiglie di vari liquori.

- Più a lungo penseranno che si tratta della tua solita bravata, più tempo avrò io per agire. Non ti preoccupare, la jeep ha un comando remoto a distanza, tu pensa solo a sbavare sui sedili. –

 

- Quanto alla luce verde? – chiede nervosamente il generale Ross.

- Non lo sappiamo, purtroppo. Mio figlio non si è ancora visto e non abbiamo ancora una lettura ambientale definitiva… - risponde Stark, aggrottando la fronte.

- Ci sto lavorando. – aggiunge Susan.

- Se smetteste di perdere tempo su ogni uccello che sorvola la zona, potremmo accorciare i tempi. – replica stizzito Richards.

- Non tutti se ne fregano della vita altrui, dottore. –

- Basta così! – grida Ross – Non mi importa dei vostri battibecchi, non mi interessa se suo figlio è di nuovo sbronzo, voglio dei risultati. Banner! – il dito indice si punta verso lo scienziato – Se non sei in grado di dare il via entro mezzogiorno… -

- …lei butterà via milioni di dollari dei contribuenti solo per dare credibilità ad una sfuriata che serve solo ad alimentare il suo ego, sospendendo questo progetto. – conclude Von Doom, sorridendo. Banner, per contro, non ha la minima reazione a quelle parole. Il suo corpo è più simile ad uno straccio di pelle appena sorretto da qualche forza residua. Intanto, Thunderbolt Ross sta per rispondere, ma viene interrotto.

- Ho una lettura termica, signori. – esclama Susan – Una lettura termica nel quadrante ventisette. –

- Un animale? – chiede Bruce, quasi senza interesse.

- Un veicolo. Un veicolo e una persona, credo. –

- Cosa? – esclama Stark – C’è un campo minato là fuori…non può essere! –

Dopo qualche secondo, una ripresa a lungo raggio consente di inquadrare la jeep in cui Tony viaggia in stato di semincoscienza, mentre va a sbattere contro uno delle cabine-sensore poste lungo il tracciato. L’impatto non è disastroso, ma sufficiente a fermare la corsa del mezzo.

- Non mi importa quanto sei ricco, Stark…tuo figlio sta mettendo a rischio tutta l’operazione! – sbraita Ross.

- Mio figlio si è quasi ucciso, generale! O non ha visto? –

- Beh, mandate qualcuno a prenderlo, no? – esclama Susan.

- Parte del percorso è minato, dovremmo disattivare le mine. – mormora Howard, aggrottando la fronte.

- Inoltre devo controllare che la strumentazione della cabina non si sia danneggiata. – pronuncia Bruce, quasi un fantasma in quella scena.

- Fantastico! Altri ritardi… -

- Generale…penso che le nostre industrie si siano guadagnate… - risponde Stark, uscendo dal complesso e continuando a parlare con il militare, finché una seconda jeep, sgommando di fronte a loro, frena rumorosamente. Al volante, Victor Von Doom.

- Volete restare qui a discutere o andiamo a prendere il rampollo di casa Stark? – chiede, squadrando i presenti.

 

- Signori… -

La sala è gremita di monitor in frenetica attività, molti gli uomini in uniforme verde che sono al lavoro, ma solo uno di questi si rivolge al nuovo arrivato, che intanto si posiziona a sedere, in una zona d’ombra della sala.

- Abbiamo hackerato i loro sistemi, signore. Le password che ci ha fornito il nostro uomo all’interno erano corrette. Siamo pronti per ogni tipo di copertura, ma non abbiamo accesso ai server Stark. –

- Howard Stark sa come proteggere i suoi segreti. – commenta quello che sembra al comando – La sicurezza della base è affidata all’esercito, quella delle informazioni a lui. Ogni dato prodotto dall’equipe è immagazzinato in una memoria informatica protetta ad un chilometro dalla base, posta in un involucro pressoché indistruttibile al centro di un campo di mine Stark. –

- Il nostro uomo è riuscito ad ottenere i codici di accesso dei militari, ma non quelli dei server Stark, non tutti almeno. – afferma uno dei sottoposti.

- È ovvio. Il server collega ogni laboratorio alla memoria centrale. I codici di sicurezza consentono l’accesso a singole informazioni, strettamente necessarie a ciò che il laboratorio deve svolgere, non a tutto il progetto. Anche un infiltrato, potrebbe scoprire molto poco. Ci sono due luoghi in cui si trovano tutte le informazioni che cerchiamo: una è la mente di Banner, l’altro è il campo minato progettato da Stark. Per questo deve essere lui a disattivare le mine. Monitorate la situazione. -

 

La jeep procede a grande velocità su quel terreno sabbioso, lasciandosi dietro una scia di polvere a testimonianza dell’alta velocità alla quale viene spinta. Victor si rivela un guidatore notevole, è un uomo pieno di sorprese, probabilmente nella sua storia ci sono diversi punti d’ombra che nascondono conoscenze in ambiti tutt’altro che accademici, ma non è a questo che pensano gli altri due passeggeri.

- È una cosa sicura? –

- Banner, per favore, sto cercando di concentrarmi. – esclama Howard, lavorando febbrilmente sulla tastiera del suo notebook – Settore F disattivato, Victor, puoi procedere. Nessuna mina è operativa, se saltiamo in aria, sarà solo colpa della tua guida spericolata. –

- Oltre che di tuo figlio. - replica Von Doom, accelerando.

Reed e Susan intanto sono rimasti alla base, insieme al generale Ross, che al momento sembra aver perso il lume della ragione.

- Questo progetto verrà smantellato e riassegnato, signori! Non mi convincerete del contrario! – esclama, furibondo.

- Generale, con tutto il rispetto… - fa Sue, inspirando profondamente prima di continuare il suo discorso - …voglio che lei sappia che se proverà a rifare le cose che ha fatto qui altrove, denuncerò i danni all’ambiente che questo esperimento può causare. –

Thunderbolt Ross digrigna i denti, imbufalito, ormai non ha più autocontrollo e si slancia verso la donna, battendo il palmo aperto sulla parete e chiudendole ogni via di fuga con la sua mole – Vorrei tanto vederla al suo posto, stupida hippy e il suo posto è… - gli occhi dell’uomo roteano all’indietro, la lingua si paralizza e il corpo si affloscia, mentre alle sue spalle si palesa Reed Richards.

- Che cosa gli ha fatto? – esclama Susan, stupefatta. In effetti, lo scienziato mantiene una presa salda sul generale, due dita che si stringono fra il collo e la spalla del militare.

- Quando avevo dodici anni, mi sono chiesto se la presa Vulcaniana che avevo visto fare nei telefilm di Star Trek era realizzabile empiricamente. – espone Richards, trascinando Ross fino su una sedia – Dopo i primi tentativi…ah, controlli che nessun diligente soldato stia guardando dalla porta…ho sintetizzato un composto elettrolitico che potesse essere assorbito dalla pelle nella zona carotidea e provocare un blackout temporaneo nel sistema nervoso centrale. Applicato altrove, non da che un lieve prurito. Si può spalmare sulle dita senza nessun effetto. – mormora, ripulendosi con un cleenex - È così che i miei affezionatissimi bulli hanno scoperto quanto potesse essere pericoloso un nerd. – conclude, osservando Ross, privo di coscienza.

- Che cosa gli dirà quando si sveglierà? – esclama Sue, con un lieve sorriso divertito.

- Di stare attento al suo cuore perché questi scoppi d’ira potrebbero essere pericolosi. Dopotutto…sono un dottore. – conclude Reed, ricambiando quel magico sorriso di quella donna, che tanto lo ha contestato e che tanto lui ha detestato.

La jeep intanto ha raggiunto il luogo dell’incidente, Victor e Howard sono i primi a saltare giù e a raggiungere Tony, riverso all’indietro fra due sedili.

- La puzza di alcol si sente fin da qui. – mormora Von Doom – Ma sta bene. È fortunato. –

- Tony! Tony, per l’amor del cielo… - lo chiama suo padre, scuotendolo.

- Uhhh… - qualche mormorio è tutto quello che riesce ad ottenere da suo figlio, troppo sbronzo per poter mettere insieme frasi di senso compiuto.

- Signori, per favore, alzate tutti le mani e tenetele dove posso vederle. – quella frase irrompe nelle menti dei presenti, nonostante sia stata pronunciata con molta calma. Banner è stretto nella morsa di Emil Blonski, il suo assistente di laboratorio, che gli punta una semiautomatica alla testa, mentre con l’altro braccio, stringe una valigetta e trattiene lo scienziato.

- Ma che diamine… - mormora Stark.

- È una spia, è evidente. – lo interrompe Victor – Il problema è di chi. - .

-  Molto bravo, Von Doom. È bello vedere come i geni muoiono da geni. –  dicendo questo, Blonski preme il grilletto della sua pistola. Un esplosione, il cranio di Bruce Banner si trasforma in una cascata di coriandoli semiliquidi e il suo corpo cade a terra, nella polvere, privo di vita.

Howard Stark è un uomo che ha affrontato molto nella sua vita, di sicuro non è abituato a cedere alla paura, ma la sua espressione è inorridita, quando l’arma viene puntata verso suo figlio.  Quell’uomo sta per sparare, lo sa, vuole eliminarli tutti ora che ha quello di cui ha bisogno. Nell’aria, comincia a risuonare una sirena d’allarme, un suono acuto e ripetitivo.

- Che succede? – chiede intanto Susan Storm alla base – Questa…questa è la sirena. –

- Così pare. – mormora Richards, stringendo la sua pipa fra i denti, mentre comincia ad aprire finestre su finestre sullo schermo del monitor – Oh, no… -

- Che sta succedendo? –

- Qualcuno ha aggirato i firewall dell’esercito, sta attivando…sta attivando la procedura. –

- La procedura per la detonazione? – esclama Susan Storm, confusa.

- Si…oh…accidenti…hanno escluso ogni console di comando esterna…non so chi siano e non posso fare niente da qui…la bomba a raggi gamma è innescata… -

 

- Sorrida, Stark. L’arma che lei e il defunto professor Banner avete contribuito a creare servirà ad uno scopo superiore. Beh, non questa qui…questa distruggerà solo i vostri corpi, ma quelle che costruiremo in seguito… - la mira di Blonski è puntata su Tony, mentre parla con suo padre e stringe nell’altra mano la valigetta. Howard la riconosce: è il modulo che contiene l’intero database del loro gruppo di ricerca. Solo ora capisce perché Tony doveva schiantarsi nella zona minata e quello che sta per succedere. Emil Blonski si avvicina lentamente, Von Doom aspetta solo il momento giusto per saltargli addosso, ma un cenno di Stark lo ferma. Paura? A Victor sembra altro.

- Le tue credenziali erano perfette. – afferma Howard, fissando l’altro.

- Sappiamo come imbrogliarvi. –

- Chi siete? –

- Io sono l’uomo che ucciderà te e tuo figlio. – il dito di Blonski si piega sul grilletto, mentre la mano di Howard Stark raggiunge la tasca interna della giacca. In un attimo, un’esplosione. La valigetta con tutti i dati sulla loro ricerca deflagra, scaraventando Blonski lontano, esanime, e anche tutti gli altri a terra. La sirena non smette di risuonare, nonostante le orecchie di Von Doom fischino in modo insopportabile, sente anche qualcos’altro. Pale di un elicottero in rapido avvicinamento. -   - Stark aveva un comando a distanza. – dice una voce – I dati sono andati perduti. Prendeteli tutti, lasciate qui solo la carcassa di Banner. –

- Blonski non ce la farà a superare il viaggio, signore.  Respira ancora, ma per poco. –

- Allora lasciate qui anche lui, la bomba a raggi gamma distruggerà tutto. -

Mani forti che lo afferrano e legano Victor a qualcosa. Anche i due Stark vengono presi, sente i lamenti di entrambi, un suono soffocato. Poi di nuovo le pale dell’elicottero e la sensazione di staccarsi da terra, di prendere quota.

A terra, alla base, tutte le uscite sono bloccate, come vuole la procedura. Non c’è modo di interromperla, viene solo rilevato un elicottero in rapido allontanamento dalla zona. Reed e Susan osservano il bagliore della prima bomba a raggi gamma attraverso delle lenti protettive. I loro occhi però sono carichi di terrore per la sorte dei loro compagni. La struttura trema, percossa dall’onda d’urto generata chilometri e chilometri più in là dall’arma più potente mai creata. Radiazioni sconosciute investono la vallata, passando sui sassi e sulla polvere deposta sui cadaveri di Bruce Banner e di Emil Blonski, una tempesta dell’atomo si scatena sul corpo dell’uomo che l’ha creata. Passano i minuti. Il pericolo termina, le entrate e le uscite si sbloccano, Susan e Reed ancora tremano. Colpi alla porta, un plotone di soldati entra e punta le armi contro i due scienziati, Ross balbetta qualcosa, sulla poltrona, la voce roca.

- Pren…prendete Richards… - fa, indicandolo.

 

Le porte dell’infermeria si spalancano. Due corpi vengono portati all’interni, entrambi intubati, i respiratori cercano di far fluire aria all’interno dei polmoni. I contatori geiger impazziscono quando vengono passati sui due corpi.

- Dobbiamo metterli in isolamento! – grida una donna.

- I segnali vitali sono buoni…com’è possibile? –

- Non lo so. Tutto questo sangue… -

 

In un attimo, i soldati sono addosso a Reed, lo spingono in ginocchio, i polsi vengono legati con una fascetta di plastica, la pipa cade a terra. Susan grida, cerca di spiegare. Nessuno la ascolta. Le telecamere hanno ripreso Reed mentre aggredisce il Generale, lo accusano di aver ucciso gli altri, oltre che di aver attivato la bomba a raggi gamma, con lo scopo di coprire un’azione di spionaggio. Lo accusano e lo percuotono, anche se non si difende. Mentre lo trascinano via, l’ultima cosa che riesce a percepire Richards è una frase di uno dei soldati -…ma non ti è andata bene. Hanno appena trovato due superstiti. Banner e Blonski sono ancora vivi. -