YURI
LUCIA
YURI
LUCIA
Presenta:
WONDER WOMAN
YEAR
ONE…
I,
AMAZON
A
Menace
I
“Superman?”,
Diana Prince sembrava incredula, incapace di accettare quel semplice dato di
fatto, quasi fosse tutto un sogno quello che stavano vivendo.
Etta
la fissava preoccupata dalla sua postazione, anch’ella confusa come del resto
lo era tutto il centro di elaborazione dati.
Nessuno
era certo sul da farsi, anche per via delle disposizioni contraddittorie che
arrivavano dall’alto. Ora dovevano concentrarsi su quanto accaduto a Los
Angeles, ora sull’uomo volante, ora sulle nuove cellule di Alqaeda,
ora sull’Isis, ora sulle possibili reazioni della Russia, ora sui rapporti tra
le Repubbliche Baltiche e i Paesi Scandinavi.
Era
evidente che i vertici non sapevano che pesci prendere, occupati come erano ad
esigere una testa da presentare alla Casa Bianca e ai signori
dell’Intelligence.
Il,
“nessuno poteva prevederlo,” non era una scusa accettabile. Non per
chi aveva il potere di esigere quella testa.
L’unico
che sembrava a proprio agio, entusiasta persino era Trevor.
Fino
a poche settimane prima era stato fatto oggetto di diversi nomignoli, tra cui
era stato rispolverato quello di Deadman ma lui,
pacato, aveva proseguito per la sua via ed ora tutti lo guardavano con rispetto
e ammirazione.
Trevor
aveva capito sin da subito che qualcosa stava per accadere, cogliendo tutti
quei segni che erano stati deliberatamente ignorati perché ritenuti irrilevanti
o troppo anomali per essere presi sul serio. Rumore di fondo. Rumore di fondo
che però si era rivelato essere foriero di una storia che stava rimettendo in
discussione tutto.
“Credo
sia un nome adatto,” si limitò a replicare lui, gli occhi al suo monitor, dopo
aver sorseggiato un po’ del suo caffè. Posò il bicchiere di carta e si afferrò
una merendina al cioccolato, sbocconcellandone una generosa porzione.
“Non
lo trovi un po’ troppo altisonante?” insistette Diana.
“Vediamo:
può volare, sembra essere invulnerabile, ha bloccato un elicottero in caduta
libera, ha sollevato auto sulla testa scaraventandole a decine di metri; se non
è un super-uomo questo, non saprei proprio come altro definirlo,” confutò lui.
“Non
mi riferivo a questo. No, mi riferivo proprio a questo! Voglio dire, proprio
per quello che sa fare. Io credo che in qualche modo ponga l’accento…”,
s’interruppe non sapendo bene come esprimere un concetto di cui nemmeno lei era
completamente sicura.
“Pone
l’accento sul fatto che sembra capace di poter fare qualsiasi cosa e questo è
spaventoso, vero?” Matt non avrebbe potuto sintetizzare meglio il pensiero
della collega.
“Si.
Tu non pensi sia spaventoso?”
“Ha
salvato delle vite. Ha salvato molte, moltissime vite. Senza di lui sarebbe
potuta essere una delle peggiori stragi di sempre tra quelle consumate qui,
entro i confini di questa nazione. Ha salvato anche le principali cariche delle
Stato della California e ha assestato un colpo non indifferente ad
un’organizzazione che fino a ieri sembrava invincibile. Niente male come
risultato. Non nego che possa essere anche un personaggio spaventoso o che non
ci sia ragione di essere quanto meno prudenti nei suoi confronti ma il nome
Superman è l’unico che possa esprimere la sua potenza e non parlo di quella
fisica. Ti rendi conto dell’impatto che ha avuto sulla nostra cultura e su
quella di tanti altri paesi in così poco tempo? Lois Lane ha capito che serviva
un nome evocativo, qualcosa che fosse semplice ed esprimesse quello che questa
persona è: un portento, un prodigio, un super-uomo.”
“Mi
chiedo come abbia fatto ad ottenere un’intervista in esclusiva,” Diana non
nascose l’irritazione provata. Loro non riuscivano a sapere nulla di più di
quanto la giornalista era riuscita a scoprire.
“Non
credo sia stata lei,” spiegò lui,” penso sia stato il contrario. È il
nostro Superman che l’ha cercata.”
“Cosa
te lo fa pensare?”
Matt
sorrise tra il sornione ed il divertito, “Non è uno stupido. Per tutto questo
tempo è stato nascosto, ne sono certo. Ha coperto le proprie tracce, mantenendo
un profilo basso. Ovviamente non nemmeno lui poteva essere del tutto
invisibile, ogni azione ha delle conseguenze ma lui è stato bravo a ridurle al
minimo, quel tanto che gli è bastato per passare sotto i nostri radar.”
“Non
sotto il tuo però,” specificò Diana intenzionata a non negare i meriti del
collega.
“Io
sono un uomo solo e non sono riuscito a mettere insieme prove sufficienti a
convincere l’Agenzia della sua esistenza. Semplice. Ora si è rivelato al mondo
e deve aver capito che gli serviva qualcuno che gli facesse da porta voce,
qualcuno che gestisse i media che gli si sarebbero buttati addosso e chi meglio
di uno squalo come Lois Lane? La scelta è stata azzeccata. Sono sicuro che deve
aver organizzato l’incontro in modo tale da non far capire a lei che è stato
lui a pilotare tutto.”
“Mi
fai paura!”, affermò Etta.
“Perché?”
“Sei
così sicuro di te, come se fossi in grado di vedere quello che sfugge agli
altri.”
“Presto
solo attenzione,” minimizzò Matt prima di tornare al lavoro sui dati che stava
analizzando.
Matt
non riuscì a trattenere un sorriso di soddisfazione mentre fissava il monitor
della sua postazione.
II
Liliana
non riuscì a trattenere un sorriso di soddisfazione mentre ricambiava lo
sguardo di Aella.
Quest’ultima,
con l’aria di chi avesse accettato un’onorevole sconfitta ammise, “Avevi ragione
tu. Hai sempre avuto ragione. Quanto accade potrebbe avere un impatto
devastante sul Progetto. Potremmo trovarci innanzi ad una delle Crisi
previste.”
“Sono
convinta che questo sia il preludio. La Crisi vera e propria è ancora da venire
ma arriverà anche quella. Questa è la Profezia di Tiresia che va avverandosi.
Superman
è il tedoforo che incendierà l’altare di una nuova era ma tutto è iniziato con
Batman.
Lui
era l’ombra che si nascondeva tra le ombre e questa nuova luce, la luce del
fuoco che sta per divampare ora le darà nuova sostanza.
Loro
apriranno le porte, porte chiuse da tempo immemore ed altri arriveranno.
Quanti?
Non so dirtelo. Tuttavia giocheranno un ruolo decisivo negli equilibri del
mondo, così come era stato vaticinato.
Tu
pensi che questo possa mettere in pericolo il Progetto? Io non credo.”
Aella
reclinò leggermente il capo da un lato, socchiudendo un po’ gli occhi. Lo
faceva sempre quando un dubbio l’assaliva a quando non capiva qualcosa.
“Credevo
che tu avessi paura proprio di questo che il Progetto potesse risentire di
questa apparizione.
Il
Consiglio ha tollerato le tue azioni solo perché si era fatto convincere che un
evento inatteso avrebbe potuto rappresentare un pericolo per tutte noi.
Ora
le matriarche tessono le tue lodi e sono pronte ad appoggiarti, qualsiasi
saranno le tue azioni.
Se
non hai fatto questo perché pensavi che tutto questo fosse pericoloso, perché
lo hai fatto?”
“Perché
tutto questo sarà pericoloso per noi solo se non lo volgeremo a nostro favore.”
“E
come vorresti fare?”
Ippolita
offrì all’altra da bere.
Aella
accettò volentieri e sorseggiò il vino fruttato che l’altra gli porse dopo
averlo mesciuto in una coppa intagliata nel legno. Un oggetto fabbricato anni
prima da una persona importante per entrambe.
Aella
riconobbe subito l’oggetto ed istintivamente lo strinse tra le mani con
affettuosa delicatezza, il suo sguardo perso per alcuni istanti nel cratere
colmo di libagione.
“Mi
serve ancora tempo. Devo procedere per gradi, senza lasciare che la fretta mi
induca in errore. So perché sei qui.
Le
matriarche ora sono spaventate e vorrebbero che io agissi fermamente. Puoi
rassicurarle.
Ho
tutto sotto controllo.
Devo
mantenere la tabella di marcia prestabilita e posizionare tutte le mie pedine
sulla scacchiera.
Di
loro che sono prossima a fare la mia mossa ma avrò bisogno del loro sostegno e
di altri fondi.”
“Il
danaro, a questo punto, non è un problema.
Dimmi
solo la cifra che ti serve.”
“Si
tratta di un prelievo piuttosto ingente ma come ben capisci è giustificato
dalla situazione.
Inoltre
avrò bisogno di un’intermediaria.”
“Per
cosa?”
Ippolita
spiegò nel dettaglio il suo piano e l’altra ascoltò paziente, attenendo la
fine.
Le
due si guardarono dritte negli occhi, “Puoi fare questo per me?”
“Come
ho già detto sei nella posizione di poter chiedere quello che vuoi.
Lascia
che organizzi il tutto.
Per
una cosa del genere serviranno non meno di quattro o sei settimane.”
“E
sia.”
Liliana
sollevò il suo calice e brindò all’imminente nuovo atto che stava per essere
inaugurato in quella vicenda.
III
Lex Luthor versò del pregiato cognac proveniente dalla sua
riserva personale all’agente analista Matt Travor che
accettò con gratitudine.
“Alla
tua salute,” fece con allegria che contagiò lo stesso Luthor.
Lex
era meravigliato da questa sua reazione, nonostante tutto non riusciva a non
provare della sincera simpatia per l’uomo che gli stava di fronte,
“Hai
scommesso forte Trevor, davvero. Un azzardo che nemmeno il più incallito o
esperto giocatore avrebbe tentato.
Ti
stavi giocando la carriera e la credibilità per dimostrare qualcosa in cui non
volevano credere.
Bravo.
Questo
cambia il tuo ruolo all’interno della tua agenzia.
La
Weller ha detto che dovrà rivalutare la tua
posizione, considerare un tuo avanzamento di livello.
Detto
da una come lei vale molto, credimi.”
“Ti
credo e non nascondo che la cosa mi lusinghi ma non ho fatto tutto questo per
l’avanzamento di grado.
Non
credo di essere il tipo che si sia mai preoccupato un gran che della carriera.”
“Anche
per questo la Weller è ben disposta nei tuoi
confronti.
Avrà
negli alti ranghi un uomo capace ma privo di quella spinta che lo potrebbe
essere un insidioso pretendente alla sua posizione.”
Matt
rise nuovamente, “Sei un tipo che va dritto al punto Lex.”
“Oh,
è solo il mio personaggio.
Lo
schietto uomo d’affari, così schietto da essere spesso considerato brutale.”
“O
avventato,” precisò Matt.
“Solo
che come ben sai, non lo sono affatto.
Avventato,
intendo.”
Matt
assentì, “Di certo non lo sei. Posso essere altrettanto schietto?”
“Certamente.”
“Sappiamo
tutti e due perché sono qui.
Non
certo per la simpatia personale che nutri nei miei confronti che, sia chiaro,
mi fa piacere.
Penso
tu voglia sincerarti di avere un altro alleato all’interno dell’Agenzia, un
alleato che non sia la Weller.”
Il
sorriso di Luthor era sornione e vagamente ferino,
“Non mi deludi affatto, Matt.
Sei
davvero un passo avanti a molti tuoi colleghi.
Mettiamo
in chiaro le cose.
Amanda
Weller ed io, lo sai bene, abbiamo uno stretto
rapporto di collaborazione.”
“Rapporto
da cui entrambi avete sempre tratto notevole beneficio.”
“E
come potrebbe essere altrimenti?
Io
ho un referente importante all’interno di una delle più importanti agenzie di
intelligence del Paese.
Ovviamente
quello che sto per dirti lo negherei pubblicamente e so per certo che non hai
dispositivi che possano registrarmi.”
“Perché
hai un qualche dispositivo capace di interferire con i microfoni di apparecchiature
quali i telefonini, vero?
Sei
davvero aggiornato in fatto di ultime novità nel campo del controspionaggio.”
“Ci
tengo alla mia privacy! E poi quando si dispone di un Dipartimento per lo
Sviluppo Tecnologico come quello della Luthor, beh, è
facile tenere il passo con le più moderne tecnologie.
Io
e la Weller ci scambiamo informazioni, ovviamente la Weller non è né tanto pazza, né tanto avida da darmi
accesso alle informazioni davvero importanti per la sicurezza nazionale.”
“No,
ti dà solo modo di sapere per tempo che aria tirerà nell’ambito di certi
ambienti governativi,
quali
saranno le prossime necessità per la Difesa e come presentarti in modo da
vincere quasi sicuramente un appalto.”
“Esatto.”
“La
Weller di contro sa che tu fai sempre in modo di poterti
garantire un accesso ai dispositivi che crei per il governo, come nel caso dei Pinkerton.”
“E
quell’accesso diventa automaticamente anche il suo.”
“Ed
è così che Amanda Weller ha consolidato la sua
pozione.
Stando
sempre due passi avanti ai suoi nemici.”
“Ricostruzione
piuttosto precisa,” fece ammirato Luthor.
“Grazie.”
“Ovviamente
mi rendo conto che ci devi essere arrivato da molto tempo.”
“Da
un paio d’anni. Comunque un altro paio di occhi ed orecchie nell’Agenzia ti
farebbero comodo.”
“Specialmente
se le fortune della Weller dovessero cambiare.”
“Nel
nostro mondo il vento cambia spesso direzione, Lex.
Tu
lo sai e non vuoi perdere i tuoi agganci.”
“E
chi lo vorrebbe?”
“A
me sta bene.”
“Ottimo.
Ora arriviamo al punto in cui mi chiederai qualcosa in cambio!”
“Certamente.
La cosa ti sorprenderà, non m’interessano le informazioni che potresti darmi.”
Luthor
era sempre più intrigato da quella conversazione, “Allora cosa t’interessa?”
“Le
informazioni che potresti nascondere.”
“Va
pure avanti.”
“Superman.”
Luthor
ingollò un antro po’ della sua bevanda, i suoi occhi sembrarono scintillare per
alcuni istanti ma era solo l’effetto della luce che il lampadario sopra le loro
teste emanava, questo Trevor lo sapeva bene.
“Si.”
“Si
cosa?” domandò, più per amore di conversazione che non per avere una reale
risposta.
“Matt,
tu vuoi che io falsifichi i dati sugli avvistamenti di Superman.”
“Sai
anche perché, vero?”
“Se
lo faccio, potrai garantirti in futuro una leva per trattare con Superman in
persona. Vero?”
“Vero.”
“Ti
basterà fargli capire che puoi aiutarlo nel mantenere la sua privacy e lui
sicuramente sarà ben disposto nei tuoi confronti, quando gli chiederai dei
favori.
Tu
non sei solo un osservatore.
Tu
vuoi far parte della storia,
l’ho
capito sin da quando ci siamo incontrati.
Qualcuno
di così scaltro come te non si accontenta di stare in disparte.
Ci
rimane fin quando deve ma alla prima occasione è pronto a rischiare tutto.”
“Ed
io sto rischiando tutto.
Se
la conversazione che hai sicuramente registrato, perché sono certo tu abbia
dispositivi in grado di aggirare le tue stesse contromisure anti-sorveglianza,
dovesse finire nelle mani sbagliate…”
“…
Ad esempio quelle di Amanda.”
“Pensavo
esattamente a lei ma andrebbe bene anche un qualunque funzionario del Governo,
allora passerei il resto dei miei giorni in una qualche prigione segreta della
CIA o di qualche altra organizzazione.”
“Il
tuo segreto è al sicuro con me,”
Luthor
fece il segno della croce sul cuore, strappando un moto di sincero divertimento
nell’altro.
“Ora
anche tu hai la tua leva da usare con me.”
“Solo per precauzione ma sono certo che non ce ne sarà bisogno.”
“Ne
sono certo anche io. Vedrai che la nostra sarà una collaborazione lunga e fruttuosa.”
I
due uomini brindarono alla salute dei buoni affari e delle belle amicizie.
IV
“Il
Duca dell’Inganno!”, pronunciò quelle parole con grande disprezzo.
La
giovane stagista Emma Turner non poté fare a meno di far spallucce, quasi a
minimizzare il titolo in prima pagina sul giornale che il Senatore Harry Moulton stava leggendo e che, in un gesto di spazientito
sdegno aveva praticamente appallottolato tra le sue mani.
“Oggi
come oggi, pur di vendere, i giornali sono pronti a ricorrere a qualsiasi mezzo
quali titolo sensazionalistici,” fu il commento della ragazza.
“Il
problema è che questo è il maledetto Daily Planet.
Il
Planet è l’ottavo quotidiano per importanza negli USA.
Hanno
ancora una forte capacità di orientare l’opinione pubblica e quella maledetta
Lois Lane non mi ha mai potuto digerire.
Avrebbe
voluto che quel giorno in California ci rimettessi le penne.”
“Cosa
che per fortuna non è accaduta,” puntualizzò la stagista, pentendone subito.
Anziché
una reazione stizzita, come aveva temuto, si sorprese nel vedere lui divertito,
sorriderle quasi con tenerezza,
“E
di questo devo ringraziare il così detto Superman.”
“Allora
posso farle una domanda?”
“Vuoi
chiedermi perché ce l’abbia tanto con lui.”
Lei
assentì timidamente, “Si.”
“La
risposta è semplice: non ce l’ho affatto con Superman o qualunque sia il suo
nome;
mi
rendo perfettamente conto che senza di lui ci sarebbe stata una vera mattanza
quel giorno ma questo non cambia il fatto che non sappiamo nulla di quello che
ci si è presentato come un amico,
se
non il fatto che possiede delle capacità a dir poco straordinarie.
Terrificanti
aggiungerei.
Il
punto è che una persona che può fare quello che lui fa è potenzialmente
pericolosa a prescindere dal fatto che le sue intenzioni possano essere buone o
meno.
Gradirei
sapere qualcosa di più al riguardo, fare una chiacchierata con lui, capire se
possa o meno collaborare con il Governo in modo legale, alla luce del giorno.”
“Il
che mi sembra perfettamente legittimo,” ammise la giovane ragazza.
“Non
per Lois Lane.
Lois
Lane vorrebbe che tutti accettassero Superman senza batter ciglio,
senza
questionare, senza mettere in dubbio le sue intenzioni.
Quella
donna soffre di manie di onnipotenza, lo sanno tutti.
Ha
affossato carriere e gettato fango su uomini onesti pur di far carriere e
dimostrare a tutti che se vuole, può rovinarti la vita con uno schiocco di
dita.
Da
quando è stata salvata da Superman ha sviluppato una vera e propria ossessione.
Ovviamente
c’è un tornaconto personale per lei, non è neanche da discutere la cosa ma
stavolta qualcosa ha fatto cortocircuito nel suo cervello.
I
suoi articoli sono quelli di una specie di invasata,
di
una fanatica di un qualche culto e si atteggia a portavoce di questo Superman.
Mi
chiedo fino a che punto lui sia contento della cosa.”
Il
Senatore di lì a poco avrebbe festeggiato i suoi 61 anni insieme alla
ex-moglie, ai tre figli e ad un gruppo di amici sulla cui lealtà nutriva seri
dubbi.
In
molti gli stavano voltando le spalle per via di quella storia.
C’era
una parte di Washington che voleva compiacere l’opinione pubblica in
California, stato in cui Superman era divenuto molto popolare.
Tuttavia
Moulton aveva ancora abbastanza influenza per poter
chiedere l’istituzione di una commissione che si occupasse di quella vicenda ed
il suo parere era ancora considerato autorevole, anche dal Presidente in
carica, benché quest’ultimo non godesse di particolare buona salute politica in
quel momento.
“Le
elezioni sono alle porte, Emma.
Il
Presidente non vuole scontentare nessuno per non affossare il suo Partito, più
di quanto non lo sia già.
Gli
stanno lentamente voltando tutti le spalle rifiutandosi di prendere la propria
parte di responsabilità.
È
triste, sai?
Nessuno
si prende più le proprie responsabilità oggi giorno.”
“Sembra
quasi che sia dispiaciuto per lui,” osservò lei un po’ stupita.
“Lo
sono.
Non
ho votato per lui e non lo avrei votato nemmeno fossimo stati dello stesso partito.
È
stato uno dei peggiori Presidenti di sempre.
La
sua politica estera è stata una sequela di disastri, un trascinarci in tutta
una serie di conflitti che hanno solo destabilizzato gli scenari
internazionali,
alienandoci
le simpatie dei vecchi alleati e riaccendendo il risentimento nei vecchi
nemici.
Il
fronte interno è stato persino peggiore, se è possibile.
Le
dichiarazioni sul welfare si sono rivelate poco più di meri spot pubblicitari
mentre la povertà e la disoccupazione dilagano in tutti gli Stati dell’Unione.
Colpo
di grazia, l’evento della California,
l’attacco
della così detta Intergang alle istituzioni dello
stato ha mostrato al popolo americano quanto siamo deboli ed esposti al rischio
terrorismo.
Il
tutto è avvenuto sotto gli occhi del Presidente,
e
se non fosse stato per Superman solo Dio sa cosa sarebbe accaduto.
Eppure,
Emma, non è solo colpa sua.
Fino
a ieri il suo partito ha fatto quadrato intorno a lui, sostenendolo
incondizionatamente,
concordando
con le sue politiche scellerate.
Ora
è l’unico colpevole di tutto, come se gli altri non fossero nemmeno al corrente
delle sue azioni.
Disgustoso.”
Emma
Turner pose il soprabito a quell’uomo dall’aria sobria e composta,
dai
modi affettati e cortesi, quello che si sarebbe potuto definire un vero
gentiluomo d’altri tempi,
un
gentiluomo energico ed appassionato,
pronto
a combattere per quello in cui credeva.
Per
questo la giovane stagista era voluta rimanere al suo fianco.
Non
le aveva mai mancato di rispetto o adottato atteggiamenti che fossero meno che
appropriati.
Era
garbato ed affettuoso ma nulla di più di quello.
In
un mondo dove gli uomini davano pacche sul sedere o palpeggiavano impunemente
le loro sottoposte, Harry Moulton era una specie di
cavaliere senza macchia.
Lui
accettò con gratitudine l’aiuto di lei.
Quando
era giovane, durante il suo periodo nell’esercito, fu catturato durante una
delicata missione.
Le
torture a cui lo sottoposero gli impedirono di pettinarsi o di poter indossare
da solo una giacca.
Soffriva
ancora per le ferite, nonostante gli anni trascorsi e le cure mediche ricevute.
Teneva
il dolore per sé, sorridendo per nasconderlo.
“Senatore,
lei ha ragione.
Lois
Lane sembra davvero l’adepta ad un qualche culto folle,
di
quelli che finiscono per portare le persone ad asserragliarsi nei granai.
A
me, in tutta franchezza, Superman piace e voglio pensare sia una brava persona,
anche
se fa delle cose che potrebbero essere considerate spaventose.
Ha
ragione.
Superman
dovrebbe parlare con le autorità costituite, dialogare con loro.
Dovrebbe
parlare con lei e non con Lois Lane.
Sono
convinta che gioverebbe a tutti.”
Harry
sorrise alla stagista, “Penso, in tutta onestà,
che
lui stia cercando di curare la sua immagine,
di
renderla rassicurante al pubblico.
È
comprensibile, visto quello che sa fare,
visto
soprattutto quello che potrebbe fare,
ha
senso che non voglia spaventare le persone.
Specie
se partiamo dal presupposto si tratti di una brava persona.
Anche
io voglio pensarlo, anche io voglio crederlo e tutto sommato,
con
quel tipo di forza,
se
avesse voluto nuocere o fare i propri interessi,
non
avrebbe avuto problema a farlo.
Ha
commesso però uno sbaglio.
È
giovane e per quanti poteri possa possedere,
potrebbe
difettare di quella malizia ed esperienza che l’avrebbero portato a valutare
più attentamente la scelta di un suo portavoce.
Oppure…”
“Oppure?”
“Oppure
è molto furbo.
La
Lane è pericolosa, molto pericolosa. Dal punto di vista mediatico, intendo.
Si
è assicurato i favori dello squalo più feroce,
quello
con più contatti,
quello
più influente.”
“Sarebbe
effettivamente un’ottima mossa.”
“Si
ma ancora, lei rimane comunque molto pericolosa.
È
un gioco rischioso quello a cui sta giocando il nostro Superman.
Beh,
sono tutte speculazioni e nulla di più.
Ora
sarà meglio andare.
Il
Governatore della California mi sta aspettando.”
Emma
sorrise al Senatore e lo accompagnò alla porta.
L’auto
attendeva all’esterno per poterlo all’importante incontro.
L’azione
era stata rapida, talmente tanto che né Emma, né l’autista, avevano esattamente
capito cosa era successo.
L’addetto
alla sicurezza del Senatore aveva reagito prontamente ma inutilmente.
Moulton,
sebbene fiaccato dall’età e dai supplizi subiti, possedeva ancora una mente
lucida, adusa al caos e alla concitazione proprie della guerra.
E
quella in cui si trovavano era divenuta, in pochi istanti, una zona di guerra.
Sarebbe
stato difficile credere che un solo uomo potesse fare qualcosa del genere ma
quello era stato veloce come il lampo e preciso come un chirurgo nell’eseguire
il suo lavoro.
Il
tratto di strada su cui si erano trovati a transitare era stato preparato ad
arte, le trappole sistemate con lo scopo di fermare il veicolo su cui viaggiava
Moulton.
L’agente
di sicurezza finì a terra, un proiettile nella spalla.
Lo
sconosciuto avanzò con tranquillità, sorridendo all’ex militare.
“Non
ti copri nemmeno il volto?” Ringhiò con disprezzo il Senatore.
Era
uscito fuori dall’auto, le cui ruote anti-scoppio avevano ceduto alla fine agli
ostacoli e ai chiodi sistemati sul percorso.
La
carrozzeria anti-proiettile aveva risentito del primo assalto, condotto con
un’arma automatica.
“Perché
dovrei?” replicò quieto l’altro.
“Però
ami le pitture di guerra,” osservò il senatore che avanzò senza timore.
“Complimenti!
Come hai capito che si trattava di questo? Mi aspettavo mi prendessi in giro o
qualcosa del genere.”
“Hai
steso la mia guardia e messo in pericolo il mio staff. Non ho certo voglia di
scherzare, ora come ora.
Lasciali
in pace e ti seguirò, senza fare troppe storie.”
“Cazzo!” Esclamò sinceramente ammirato,” Allora tutte quelle storie sull’eroe
americano erano vere! Non si tratta di una montatura pubblicitaria.
Lei
le palle ce le ha per davvero!”
A
dispetto del linguaggio e della situazione, c’era un genuino rispetto nelle
parole pronunciate.
“Ora
che lo ha appurato, faccia quello che deve e andiamocene da qui.
Anche
se ha bloccato temporaneamente l’accesso al traffico, sappiamo entrambi che
presto la polizia sarà qui.
Auto,
elicotteri e tutto il resto.
Sarà
solo questione di poco tempo prima che arrivino anche i federali e che il circo
mediatico si scateni.
Mi
porti via ora, così eviteremo problemi.”
“Caro
Senatore, mi dispiace. Lo dico sul serio.
Lei
mi ha frainteso.
Io
non sono qui per rapirla.
Lei
è un simbolo, Senatore e c’è qualcuno che non gradisce il significato di quel
simbolo.
C’è
qualcuno che vuole mandare un messaggio e assicurarsi che venga ricevuto da chi
di dovere forte e chiaro.”
Punto
la pistola contro l’uomo che non si scompose.
“Allora
prema quel grilletto e consegni il suo messaggio,” fu il secco commento.
L’altro
era ancora di più ammirato.
Era
molte cose. Un ladro, un assassino, un mercenario ma al coraggio e all’onore
sapeva ancora dare un valore.
Lei
comparve all’improvviso, proprio quando fece fuoco.
Il
proiettile destinato alla testa di Moulton venne
deviato con un unico, fluido gesto.
Una
rapidità di riflessi disumana, un’eleganza quasi ultraterrena.
“Deponi
l’arma ed arrenditi,” gli intimò con tono perentorio e distaccato al medesimo
tempo.
“Non
ci penso nemmeno,” fece lui.
“Non
puoi competere con me.”
Lui
digrignò i denti in segno di sfida, “Evidentemente non mi conosci.”
“Nemmeno
mi interessa farlo.”
“Male
piccola, mooooolto male! NESSUNO PRENDE PER IL CULO
LOBO! NESSUNO!”
Aprì
nuovamente il fuoco, svuotando il caricatore e lanciando una granata subito
dopo.
Lei
deviò tutti i proiettili e veloce si voltò, gettandosi a terra insieme al
Senatore, proteggendolo con il suo corpo.
L’esplosione
fu forte e aprì un discreto cratere nel cemento.
Quando
il fumo si diradò, lui era scomparso.
“Maledizione,”
mormorò lei con frustrazione.
“Chi
sei?”, chiese il Senatore che accettò l’aiuto della statuaria donna per
rimettersi in piedi.
“Un’amica.”
“Non
sei la prima ad affermarlo. Ultimamente sembra essere la nuova moda.
A
giudicare da quello che ti ho visto fare, devi essere un’amica di quel
Superman.”
“Si
sbaglia.
Ha
visto giusto, si, possiedo delle capacità fuori dall’ordinario ma non ho avuto
la fortuna di conoscere Superman.
Quello
che faccio però, è perché sono stata ispirata da lui.”
“Posso
chiamarti con un nome?”
“Scelga
lei,” salutò marzialmente e prima che le forze dell’ordine si avvicinassero
troppo, saltò oltre il parapetto, scomparendo alla vista.
“Tutto
bene Senatore?!”, il vecchio soldato assentì e ringraziò per l’interessamento,
gli occhi fissi lì, dove lei aveva saltato, gettandosi da quel ponte.