YURI LUCIA

 

 

 

YURI LUCIA

 

Presenta:

 

 

 

 

 

WONDER WOMAN

 

 

 

YEAR ONE…

I, AMAZON

 

A Warning

 

I

 “Le sue ricerche sono davvero interessanti,” fece Steve Travor senza mai smettere di fissare Clark Kent, da poco ex giornalista del Daily Star.

“E mi sono costate parecchio, come lei ha avuto modo di verificare,” fece lui con una punta di amarezza nella voce.

Steve girò lo zucchero nel suo caffè ed in ingollò un po’ della sua bevanda, “non è da tutti avere il coraggio delle proprie idee fino al punto da giocarsi la carriera. Lei era un astro nascente del Daily Star, uno dei migliori quotidiani del Paese, uno di quelli storici. Taylor l’aveva presa sotto la sua ala protettrice e posso capire perché, spinse verso Clark la copia dello Star di due anni prima, questo è uno dei suoi pezzi migliori. Puro giornalismo investigativo alla vecchia maniera, senza fronzoli, senza compromessi, senza nascondere dietro vili trucchetti quello che lei pensa veramente e al tempo stesso senza giocare con l’intelligenza del lettore. Il caso sul traffico di prostitute dal Messico è stato difficile e sicuramente pericoloso ma lei non ha mollato. Lei è un ottimo giornalista e, cosa rara, sembra una persona integra.”

“Cerco solo di non vendermi per poco.”

“Fama e soldi le sembrano poco?”

“La mia anima non ha un prezzo così basso,” sorrise divertito lui.

“Ottimo punto, a Steve stava davvero simpatico quell’uomo, i suoi studi religiosi hanno avuto un qualche peso sulla sua formazione morale?”

“Hanno avuto un gran peso ma più di tutto lo ha avuto la mia famiglia.”

“Allevatori del Kansas, gente alla vecchia maniera.”

“Non proprio. I miei non sono esattamente la coppia di fattori che uno si immaginerebbe guardando vecchi film o leggendo libri sull’argomento. Però hanno dei loro valori e hanno cercato di trasmettermeli. Signor Trevor, cosa posso fare per lei? Mi ha detto di rappresentare un’agenzia governativa senza però specificare quale. Si rende conto che non è semplice accettarlo senza avere un minimo di credenziali.”

“Non posso fornirgliele, Signor Kent, perché la mia indagine è del tutto ufficiosa. Sono convinto, come lei, che l’Intergang rappresenti un pericolo maggiore di quanto non appaia e che sia stato assurdamente sottovalutato. Non abbiamo a che fare con semplici criminali ma con veri e propri terroristi. Io sono convinto che lei possieda più informazioni di quante non ne abbia divulgate e vorrei che le condividesse con me.”

“Mi chiede un salto di fede, Signor Trevor. Nel mio lavoro può essere pericoloso. Deve darmi qualcosa.”

“La Prigione di Calipatria, Los Angeles.”

“Che intende dire?” chiese Clark, il cui interesse era stato attratto da quell’affermazione.

“Io, se ne avessi la possibilità, svolgerei delle ricerche in merito. Alcuni ex detenuti facenti parte di un programma di recupero, sono scomparsi praticamente nel nulla. Parliamo di almeno quindici persone.”

“Perché dovrebbe interessarmi?”

“Credo sia pertinente alla sua indagine sull’Intergang.”

“In che modo?”

“Sappiamo entrambi che l’Intergang sta probabilmente preparando qualcosa. Lei ci deve essere arrivato come ci sono arrivato io. Il programma di reinserimento di ex-detenuti può essere un buon bacino di reclutamento, qualora stessero incrementando i propri ranghi e sappiamo che è così.”

Clark Kent sorrise soddisfatto, “l’imbeccata potrebbe essere buona. Cosa vuole esattamente da me?”

“Lei conosce la storia dei Cuchillos vero?”

Il giornalista assentì con grande serietà, “una lotta intestina ne ha notevolmente ridotto il potere e l’influenza.”

“Erano legati all’Intergang.”

“Erano il loro braccio armato nei sobborghi di Los Angeles ed ora stanno cercando un sostituto.”

“Cosa è successo la notte dello scontro? Quando i capi hanno deciso di massacrarsi a vicenda.”

Clark lo fissava imperscrutabile, “non ne sono certo. Qualcosa deve aver fatto scoppiare una miscela che ribolliva già da un bel po’.”

“Però quella sera non c’erano solo i Cuchilos nel loro covo, vero?”

“So a cosa si riferisce. Pequeńo, uno dei luogotenenti della gang, parlò di uno sconosciuto, un uomo che stando alle sue deposizioni, era a prova di proiettile. Non le interesserà davvero questa storia?”

“Diciamo che sono curioso.”

“Lei crede che io possa esserle di una qualche utilità? Perché?”

“Anche l’uomo-antiproiettile sembra interessato all’Intergang.”

“Se mai un simile individuo sia mai esistito,” puntualizzò con tono divertito Clark.

“Se mai fosse esistito, concesse Steve, però gradirei comunque avere altre informazioni in merito. Sono certo che durante le sue investigazioni debba essersi imbattuto in qualcosa.”

“Meno di quanto lei creda. Parliamo di voci, storie da bar, resoconti assai poco attendibili di senza tetto, delinquenti di quart’ordine, tossico dipendenti. Posso dirle come la penso?”

“Sono qui per questo,” invitò Steve Trevor.

“Un fondo di verità c’è. Credo che qualcuno, nel corso degli anni, abbia condotto un’indagine parallela alla mia, servendosi spesso di quanto ho scoperto. Non voglio passare per paranoico ma credo abbiano violato il mio portatile e il mio cellulare più di una volta.”

“Chi lo avrebbe fatto?”

“Per quanto ne so anche i suoi datori di lavoro, se davvero lei appartiene ad una qualche agenzia governativa. Sono però portato a credere ad un’organizzazione rivale che stia cercando di scoprire quanto più possibile sull’Intergang per poi poterli colpire meglio.”

“E l’uomo anti-proiettile?”

“Magari è un killer al soldo di questa organizzazione o una voce messa in giro per creare il panico tra le bande subalterne all’Intergang.”

“Forse.”

“Forse,” concordò Clark Kent.

“Sarebbe comunque pronto a condividere con me le sue informazioni in cambio del favore che le ho fatto e, ovviamente, di qualche altra interessante informazione?”

Il giornalista assentì compiaciuto, certo che Steve Trevor gli stesse ancora nascondendo molto e che probabilmente non aveva creduto alla sua teoria sull’uomo anti-proiettile ma il suo aiuto poteva fargli davvero comodo nella lotta all’Intergang dichiarata anni addietro.

 

II

 

Alexander “LexLuthor era uno degli uomini più influenti del Paese. Il suo supporto era stato deciso per la rielezione del Presidente attualmente in carica e dunque per Steve Trevor era facile capire che con lui non poteva giocare o tanto meno nascondergli troppo le sue reali intenzioni.

Era stato uno dei più giovani imprenditori di successo degli ultimi anni e le Lex Corp avevano messo le mani su diversi contratti in esclusiva con il Governo, tra cui quello più importante la realizzazione e la messa in orbita dei Pinkerton, i satelliti di sorveglianza di nuova generazione che avrebbero reso gli USA nuovamente un paese sicuro, o almeno era quello che sosteneva il CEO della Lex Corp.

L’uomo lo aveva ricevuto con modi informali nella sua villa a Malibu, facendolo accomodare e servendogli personalmente da bere. Era un padrone di casa dai modi impeccabili e piacevoli, possedeva un indubbio carisma personale pensò Steve, deciso però a non farsi sedurre troppo da quello che comunque sapeva essere un individuo potenzialmente pericoloso.

“Lei sa che la Weller ha un filo diretto con me, vero?” Steve assentì a quell’affermazione, senza preoccuparsi di nascondere ciò che sapeva.

“Ufficialmente il personale non dovrebbe esserne a conoscenza, spiegò Steve Trevor, analista al servizio dell’Intelligence americana,in pratica però lo sanno tutti. È normale del resto, visto il ruolo del Direttore Weller e il suo ruolo, Mr. Luthor, come fornitore dei Pinkerton.”

“La prego, fece lui, mi chiami Lex e diamoci pure del tu. Immagino che sia quello che gli italiani chiamerebbero segreto di Pulcinella, se capisce l’espressione. Sai perché ho chiesto quest’incontro?”

“Perché la Weller ha chiesto un accesso prioritario e riservato per la mia persona ai dati dei Pinkerton.”

“Un agente del tuo livello, senza offesa, non dovrebbe possedere una simile autorizzazione, a meno che sotto non ci sia qualcosa di grosso. La Weller è una persona molto riservata ma ovviamente non ha potuto non accennarmi a qualcosa. Non sono un semplice fornitore, ho anche fortissimi appoggi politici e per quanto il Presidente adesso non goda di molta popolarità, è ancora a capo di questo Paese ed io sono ancora uno dei suoi migliori amici, oltre che uno dei suoi più generosi sostenitori.  Amanda Weller è anche una persona solitamente molto scettica e se l’hai convinta a seguire questa storia dei meta-umani deve aver quanto meno offerto delle argomentazioni valide.”

Trevor era stato preso in contropiede. Non si aspettava che Luthor affrontasse subito quel discorso ed in modo tanto diretto o tanto meno che avesse capito che la cosa era partita da lui e non dal Direttore Weller, “ho motivo di reputare che dietro i presunti meta-umani si nasconda qualcosa, non so dirle se una minaccia o meno, però ho investigato e raccolto informazioni, informazioni che ho presentato al Direttore Weller,” spiegò lui deciso a proseguire sulla linea del non nascondere la verità, almeno temporaneamente.

“Informazioni che hai acquisito sbirciando di nascosto nel data-base Pinkerton, strizzò l’occhio con fare complice, cosa che lasciò ancor più sorpreso Steve, e lasciamelo dire, sei stato davvero molto abile e prudente nel rovistare tra informazioni secretate ma quando gestisci un servizio del genere, ti aspetti sempre che qualcuno possa tentare di guardare la dove non dovrebbe, a prescindere dalle intenzioni, e assumi i migliori per assicurarti di sapere per tempo quando questo avviene. Nel momento in cui ho ricevuto il primo rapporto sul suo accesso sono rimasto colpito dai dati che aveva acquisito e ho dato esplicite disposizioni di non segnalare la cosa ai suoi capi. Volevo vedere dove sarebbe arrivato ma la Weller, che non è stupida, se ne è accorta da sé. Conoscendola, se tu non avessi avuto in mano qualcosa d’interessante, ti avrebbe dato in pasto ai leoni per questo. Steve, noi due abbiamo un comune interesse perché anche io condivido i tuoi pensieri. I meta-umani esistono o quanto meno dietro di essi c’è una verità, una verità che al momento ci sfugge nella sua interezza ma che non possiamo e non dobbiamo permettere di ignorare.”

Steve Trevor non avrebbe mai immaginato né che Luthor sapesse della sua intrusione non autorizzata nel database Pinkerton, cosa che la Weller sospettava ma di cui non era certa e su cui non aveva voluto indagare, né tanto meno che Luthor svolgesse attività di sorveglianza su quei dati. Era convinto che le Lex Corp fornissero solo i server e gli hard-drive ma che i responsabili della sicurezza informatica fossero appartenenti al Governo e all’Intelligence. Lex Luthor era più potente e pericoloso di quanto non avesse creduto.

“Signor Luthor, Lex, doveva stare al suo gioco, dargli del tu, accettare la condiscendenza con cui lo trattava lasciandogli condurre quell’incontro per vedere dove voleva andare veramente a parare, posso chiederti una cosa? Se dici così può esserci una sola ragione. Anche tu hai svolto delle indagini per conto tuo e devi aver scoperto qualcosa.”

Lex sorrise compiaciuto e sinceramente ammirato, comincio a capire perché l’inflessibile Amanda Weller non ti abbia sbattuto in qualche carcere per spie. Sei un uomo intelligente e capace. Si, ho fatto delle indagini. Se sono arrivato fin qui non è certo stato ignorando informazioni importanti, a prescindere da quanto improbabile potessero sembrare. Se è vero solo la metà di cosa sospetto, dobbiamo giocare d’anticipo mio caro.”

“E come vorrebbe condurre la partita?”

“Per prima cosa dobbiamo raccogliere più informazioni. Quel Cavaliere Oscuro che agisce a New York, l’Uomo d’Acciaio che ha affrontato la gang dei Cuchilos, la Dama in Bianco che sventa rapine, dobbiamo sapere di più su ognuno di loro.”

“La Dama in Bianco?”, chiese Steve sorpreso.

“Un terzo giocatore in questa partita di cui so ancUn terzo giocatore in questa partita di cui so ancora poco. Agisce con molta cautela, sincerandosi che i dispositivi di sorveglianza delle banche dove interviene siano spenti. Non lascia prigionieri, come si suole dire, però alcuni testimoni ci sono. Guardie, un paio di impiegati, troppo spaventati e confusi per rendere testimonianze precise, tenendo anche conto che lei si agisce rapidamente, con decisione, almeno stando a quanto dicono. Le faccio una proposta: collaboriamo; scambiamo attivamente informazioni, idee, discutiamo di strategie e consultiamoci prima di agire.”

“Lei mi chiede molto anche perché sa molto di qualcosa che dovrei fare mantenendo all’oscuro il mio diretto superiore.”

“Ovviamente. La Weller non autorizzerebbe mai un mio diretto coinvolgimento nelle indagini ma io voglio esserci. ora poco. Agisce con molta cautela, sincerandosi che i dispositivi di sorveglianza delle banche dove interviene siano spenti. Non lascia prigionieri, come si suole dire, però alcuni testimoni ci sono. Guardie, un paio di impiegati, troppo spaventati e confusi per rendere testimonianze precise, tenendo anche conto che lei si agisce rapidamente, con decisione, almeno stando a quanto dicono. Le faccio una proposta: collaboriamo; scambiamo attivamente informazioni, idee, discutiamo di strategie e consultiamoci prima di agire.”

“Lei mi chiede molto anche perché sa molto di qualcosa che dovrei fare mantenendo all’oscuro il mio diretto superiore.”

“Ovviamente. La Weller non autorizzerebbe mai un mio diretto coinvolgimento nelle indagini ma io voglio esserci. Devo esserci, capisci?”

“Credo di sì, Lex e penso che sia meglio così. Possiedi le risorse ed una mente brillante. Sono sicuro che lavorando insieme potremmo raggiungere i nostri obbiettivi con maggior facilità ma prima di stringere questo patto con te voglio la tua parola che sarai onesto con me, completamente, come io lo sarò con te ed inoltre devi assicurarmi che la Weller non lo scoprirà mai, altrimenti si prenderà le mie palle per appenderle al muro del suo ufficio.”

Lex sorrise soddisfatto per quella sua vittoria, Steve simulò altrettanto compiacimento, sicuro che il milionario capitano d’industria si sarebbe rivelato un problema. Al momento il meglio che poteva fare era tenerselo buono per poter accedere alle informazioni da lui detenute.

III

 

“Lobo?”, chiese il giovane uomo piuttosto stupito.

“Non ti piace?”, fece divertita la statuaria donna al cui cospetto si trovava. Lei vestiva abiti candidi, come la volta precedente, una tuta che sembrava essere stata cucita appositamente per lei. I suoi capelli erano corvini, corti, gli occhi di un azzurro che gelava il sangue, i suoi lineamenti avevano un che di selvaggio, impossibili da identificare come appartenenti ad una qualche nazionalità in particolare, un’aria vagamente orientale, simile a quella di certe popolazioni di pastori transumanti che vivevano tra gli sconfinati territori della Russia e della Cina. Il portamento era marziale, i modi inflessibili ma ogni tanto si concedeva uno di quei sorrisi che si sarebbero potuti definire di tenera accondiscendenza.

Lui mandò un paio di colpi di tosse, per schiarirsi la gola. Odiava ammetterlo con sé stesso ma lei lo impressionava davvero. E non solo. Solitamente con le donne i suoi modi erano molto più sprezzanti e sarcastici ma non con lei. Sia perché le sarebbe stato facile ucciderlo con un colpo solo, sia perché sentiva di esserne attratto. Non nel modo in cui si era solitamente attratti dal sesso opposto ma in maniera più profonda, coinvolgente, totale.

Nei sei mesi passati con lei aveva imparato molto, più di quanto non avesse fatto da quando aveva iniziato la sua movimentata carriera di mercenario e guardia del corpo.

Era un’insegnante esigente ma giusta, dura come la roccia ma al tempo stesso capace di tirare fuori il meglio dai propri allievi. La rispettava. Non erano molte le persone che rispettava ma di certo lei era una di quelle, “Lobo mi suona un po’ strano. Non che mi dispiaccia ma non credi sia un po’, come dire, ardito?”

“Tu non sei un tipo ardito? E poi non sei tu ad avermi detto che delle volte sei stato soprannominato così?”

“Non con il termine spagnolo.”

“Mi avevi chiesto un nome da battaglia ed io te l’ho dato. Sei soddisfatto?”

“Signorsì, signora!”

Lei fece per colpirlo e lui reagì rapidamente, tentando di bloccarle il braccio. Era stato molto veloce, l’esecuzione fluida e precisa, se fosse stata un’altra quella presa sarebbe stata dolorosa e lei non avrebbe potuto liberarsene rapidamente, “Le tue abilità sono notevolmente accresciute, Lobo. Hai un talento naturale, non mi ero ingannata quel giorno. Avevi bisogno di sgrezzarlo e disciplinarlo, per poterlo rendere più efficace. Sono davvero soddisfatta di te, bravo,” gli disse dandogli una leggera ed amichevole pacca sulla spalla.

Lobo si sorprese nel rendersi conto che le stava sorridendo, “Grazie Maestra,” disse ancora più sorpreso.

“Lobo, è tempo che io ti testi sul campo. Sei pronto?”

“Stavo aspettando con impazienza questo giorno! Quale sarà la mia missione?”

“Si tratta di qualcosa di estremo, di particolare. Si tratta di qualcosa che andrà pianificato fin nell’ultimo dettaglio altrimenti potrebbe costarti la vita.”

Lobo sorrise divertito, “Quando mai non è stato così nella mia vita?”

“Stavolta sarà diverso. Sto rischiando grosso nello scommettere su di te ma sento che non mi deluderai.”

“Non lo farei mai.”

“Allora lascia che ti illustri bene quello che ti attenderà.”

Lei parlò mentre Lobo ascoltava in silenzio, con grande serietà ed attenzione, ogni singola parola, soppesando bene il senso di quanto gli veniva detto. Gli vennero mostrate mappe, foto, alcuni filmati su di un portatile e quando lei finì chiedendogli se fosse tutto chiaro lui, senza esitazione alcuna, rispose, “Si.”

“Molto bene.”

“Avevi ragione, rischierò molto.”

“Vuoi tirartene indietro? Non te ne farei una colpa.”

“Ho un debito d’onore con te e sono tipo da onorare sempre i miei debiti. Non ho intenzione di iniziare a fare diversamente proprio ora, specialmente con te.”

“Vai a riposarti. Abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere insieme prima che tu debba cimentarti nel compito che ti ho affidato.”

Lobo assentì con decisione, pronto a tutto pur di compiacerla.

 

 

IV

 

Matt tornò in città a notte inoltrata, quando parcheggiò l’auto si sentiva stanco, a pezzi. Erano state giornate estremamente impegnative e se avesse potuto avrebbe passato almeno una settimana buona rintanato nel suo appartamento, affondato tra coperte e cucini, senza vedere o tanto meno sentire nessuno. Weller e Luthor erano il tipo di persone che aveva sempre disprezzato. Sebbene possedessero un’indubbia intelligenza, caratteristica che invece ammirava, non conoscevano il significato delle parole etica, morale o tanto meno giustizia. La Weller era una scaltra arrampicatrice che puntava ai vertici dei Servizi Segreti. Luthor era un astuto imprenditore affamato di potere. “Sono preso tra l’incudine ed il martello,” disse mestamente mentre inseriva l’allarme dell’auto e lentamente si dirigeva verso l’ingresso.

“Signor Travor,” quel richiamo bloccò il suo cammino e si voltò incrociando il volto di un uomo di mezza età, capelli bianchi, l’aspetto piuttosto anonimo e l’aria un po’ stropicciata.

Un operativo,” pensò subito. “In persona. Lei invece sarebbe?”, aveva con sé la sua Glock, una precauzione incoraggiata dalle politiche dell’agenzia anche se non era un agente sul campo. Non tentò nemmeno di sfiorarla, perché sapeva che nonostante l’aspetto genericamente poco preoccupante degli agenti, quelli sapevano essere estremamente pericolosi e rapidi al momento opportuno. Erano selezionati ed addestrati per esserlo.

“Lei non mi conosce, Signor Trevor. Mi chiamo Faraday. King Faraday.”

Matt corrugò il sopracciglio destro, “Mi scusi, ma è davvero il suo nome?”, la domanda era di per sé sciocca ma l’idea che un agente scegliesse un nome fittizio del genere con cui presentarsi gli sembrava assurda.

“I miei genitori volevano mettermi un nome che rimanesse in testa alle persone che avrei incontrato durante la mia vita. Non si rendevano pienamente conto che avrebbe potuto suonare un po’ ridicolo.”

“Appena un po’,” fece Matt decidendo di essere sincero su quel punto.

“Io conosco lei invece, e conosco molti dettagli sul suo lavoro.”

“Immagino.”

“Non mi sembra sconvolto.”

“Sono un analista, so riconoscere le cose partendo da poche informazioni e so già che lei è un agente. Il punto è che non so per quale agenzia lavori o, tanto meno, se sia americano.”

“Sono americano ma al momento, diciamo, sono una specie di free-lance.”

“I tagli hanno colpito anche da lei eh? Mi faccia indovinare, NSA? CIA?”

L’uomo sorrise divertito, “Ho lavorato diversi anni per tutte e due le agenzie, ultimamente ero finito per un gruppo che lavorava alle dirette dipendenze del Dipartimento di Stato fin quando il Segretario non ha deciso che i nostri fondi sarebbero stati destinati meglio alla Homeland Security e alla National Clandestine Service. La vita è così, che ci vuol fare.”

“Pensionato?”

“Diciamo che mi hanno costretto al pensionamento visto che ho espresso più volte la mia contrarietà alla politica dell’attuale establishment. I signori non gradiscono le critiche.”

“Decisamente no. Cosa posso fare per lei?”

“Clark Kent.”

“Se è interessato al Signor Kent dovrebbe parlare con lui direttamente. È un uomo piuttosto impegnato ma troverà sicuramente uno spazio per lei nella sua agenda.”

“Volevo un suo parere.”

“Come mai?”

“Per via del suo ruolo d’analista presso una delle principale agenzie governative e per il fatto che lo ha incontrato di persona.”

“Difficilmente ho incontrato persone con una morale così spiccata ed integra come quella del Signor Kent. È una sorta di anacronismo vivente, sembra saltato fuori da un film anni’40, tutto d’un pezzo, però con le sue zone d’ombra. Credo che il Signor Kent abbia dei segreti ma tutto sommato chi non ne ha.”

“Lei collaborerebbe con lui?”

“Ho proposto al Signor Kent proprio questo.”

“E gli ha dato delle informazioni classificate.”

“Non sono autorizzato a parlarne.”

“Forse non era nemmeno autorizzato a condividerle con lui.”

“Se fosse come dice lei ma del resto, non ho in nessun modo confermato questa sua ipotesi.”

L’uomo gli si fece d’appresso e gli allungò un folder in cui erano racchiusi dei fogli, “Lo consideri un segno di buona volontà.”

“Per cosa?”

“Una collaborazione,” sorrise King Faraday.

Dopo un attimo di esitazione Matt prese i documenti e li sistemò sul sedile di fianco, “Non significa che collaborerò con lei o che tanto meno condividerò con lei alcun tipo di informazione. Soprattutto visto che non so nulla di lei, a parte un nome che per quanto ne so potrebbe essere fittizio.”

“King Faraday, 505 Sierra, Papa, Bravo. Fascicoli dal 15 al 22, archivio 104. Controlli pure.”

“Lo farò. Immaginò che sarà lei a mettersi in contatto con me.”

“A tempo debito. Le auguro una buona serata.”, senza aggiungere altro si voltò e si allontanò dalla vettura, lasciando Matt a riflettere su quello strano incontro.

 

V

 

Lex Luthor versò dell’altro liquore nel bicchiere di Amanda Weller che lo sorseggiò con un sorriso felino stampato sul volto, “La Signorina Lane sarà contrariata per aver annullato il tuo appuntamento di stasera.”

Lex, pragmatico come sempre, “Avrà trovato modo di consolarsi nel letto di qualcun altro. Forse il suo editor.”

“La fai spiare?”, chiese lei tra l’incredulo ed il divertito.

“Io?, con aria finto innocente, Sia mai! Lo sanno tutti che Perry White la fotte sin dal primo giorno in cui ha cominciato a lavorare per il Daily Planet. L’etica professionale di Lois Lane è alquanto discutibile, non è un mistero. Non servono spie con lei, è uno scandaloso libro aperto.”

“Eppure le hai accordato un certo grado di fiducia, visto che le permetti di entrare in casa tua.”

“Meno di quel che tu creda, mia cara. Quando qualcuno è pericoloso è bene tenerselo vicino. La Lane aveva iniziato ad investigare un po’ troppo da vicino su certe mie attività.”

“Attività connesse a qualcosa di illecito suppongo,” lo punzecchiò lei.

“Attività connesse alla mia collaborazione con i Servizi Segreti, compreso il tuo. Se si sapesse che i satelliti Pinkerton in orbita sono più di quelli dichiarati, il Governo sarebbe nei guai. Specie se si scoprisse che gli extra hanno i loro indiscreti occhi puntati proprio qui, in casa nostra. Ho voluto tenerla sotto controllo e poi, lo ammetto, ho un debole per lei. Bella, spregiudicata, furba anche se meno di quel che crede, intelligente. Come non si può essere attratti da qualcuno così?”

“E di me? Non puoi innamorarti di me?”, chiese maliziosa allungato il piede verso di lui. Lex lo afferrò con delicatezza, iniziando un lento, sensuale massaggio.

“Innamorarsi di te sarebbe il più grande errore che un uomo potrebbe mai commettere. Tu sei furba esattamente tanto quanto credi di esserlo. Sei una regina della manipolazione, basta guardare in quale modo di sei fatta strada e come hai distrutto i tuoi nemici.”

“Sono solo voci di invidiosi,” protestò senza convinzione lei.

“Guarda caso il tuo diretto rivale al posto di direttore è scomparso senza lasciare traccia e due anni fa, il Capo della Commissione Interna è stato ritrovato morto, con una freccia conficcata nel collo. Lo sapevano tutti che era in procinto di incriminarti per le tue azioni che ha sempre definito poco professionali.”

“Tu credi che sarei qui se non provassi qualcosa per te?”, cinguettò lei scimmiottando lo stereotipo della ragazza ingenua.

“Tu sei qui perché sai che è il modo migliore per controllarmi.”

“Tu mi ferisci. Rischio molto, lo sai. Se i miei capi lo scoprissero…”

“I tuoi capi ne sono perfettamente a conoscenza. Non dubito che l’idea sia tua ma di certo loro hanno acconsentito. Amanda, tesoro, sono molte cose ma non ingenuo. Nessun rancore, ovviamente, Io avrei fatto lo stesso.”

“Se ne sei convinto perché mi hai lasciato avvicinare così?”

“Che scelta avrei avuto? Mi avrebbero messo comunque qualcuno alle costole, meglio tu che un altro. E poi sei terribilmente sexy,” aggiunse mordicchiandole il piede. Amanda ridacchiò, una risata spontanea, sincera.

“Ti ringrazio per avermi avvertito delle attività del Signor Trevor. Devo ammettere che ha avuto del fegato.”

“Ti piace e capisco perché. È perspicace, un buon osservatore, una mente investigativa. Sta mettendo velocemente insieme i pezzi.”

“Tu condividi la sua teoria?”

“Assolutamente.”

“Per questo mi hai chiesto di non punirlo e di dargli l’accesso ai tuoi satelliti.”

“Può scoprire molto più con la nostra collaborazione ed è quello che intendo fare.”

“Perché?”

“Perché quando questa faccenda esploderà, e lo farà, voglio avere il maggior numero di informazioni possibili. La conoscenza è potere Amanda e tu, meglio degli altri, dovresti saperlo.”

“Versamene ancora,” chiese protendendo verso di lui il bicchiere. Il suo ospite la accontentò subito.

“Ha contattato un giornalista, Clark Kent.”

“Lo conosco, rispose la Weller, è uno degli uomini di punta del Daily Star. Sta conducendo un’indagine sull’Intergang, indagine che gli sta procurando diversi problemi.”

“Dovreste indagare anche voi su di loro.”

“Su un gruppo di criminali organizzati? Le nostre priorità sono altre.”

“Non credo che siano solo dei delinquenti strutturati in una sorta di Mafia. Li state sottovalutando troppo.”

“In quale modo credi che l’Intergang centri con le indagini di Travor.”

“Non ne ho idea ma secondo lui un collegamento esiste. Tra l’altro sono certo che abbia offerto qualcosa al Signor Kent per incoraggiare una collaborazione.”

“Informazioni riservate?”

“Possibile.”

“Non me ne ha parlato.”

“Te ne sorprendi?”, i due risero insieme.

Lex Luthor le tolse il bicchiere e la spinse con gentilezza indietro. Amanda Weller si ritrovò tra i morbidi cuscini di quel grande divano circolare e provò un brivido lungo la schiena quando lui le baciò un capezzolo. Lex aveva ragione su tutto. Averlo avvicinato era parte della sua strategia per tenere sotto controllo un uomo potenzialmente pericoloso per il Governo e per avere un accesso privilegiato ai Pinkerton, o meglio, alle loro informazioni che lei riceveva integralmente, a differenza dei suoi capi che, a loro insaputa, potevano contare solo su di una versione maneggiata di essi. Però Lex sbagliava su di una cosa. Alla Weller lui piaceva davvero. Era un uomo affascinante, diabolicamente erotico, desiderabile. I due amanti si baciarono per un po’. “Mi farai uccidere dal tuo misterioso arciere quando ti sarai stufata di me?”, chiese lui con un sorriso sbarazzino.

“Solo se smetterai di soddisfarmi,” minacciò allegramente lei.

 

VI

 

Il Centro di Raccolta ed Elaborazione dati era un caos. I corridoi erano tutti un via vai di analisti ed operativi a rapporto, la rete era sovraccarica per via delle informazioni che si rincorrevano l’una con l’altra incontrollate, ogni schermo acceso e sintonizzato su uno dei principali notiziari del Paese.

“Merda!”, si lasciò scappare Etta.

“Mantini la calma,” la invitò Diana.

“E come faccio? Praticamente è successo sotto il nostro naso! Lo sai che salteranno delle teste per questo.”

“Non siamo l’unico centro per l’analisi delle informazioni e tra l’altro siamo deputati a raccogliere dati provenienti dall’estero e non dall’interno.”

“Ma se raccogliamo informazioni che riguardano possibili attacchi sul territorio dobbiamo subito passarle alle agenzie competenti e siamo autorizzati ad investigare di nostra iniziativa. Probabilmente i segni c’erano ma aveva ragione Matt. Siamo accecati dai regolamenti e dalla necessità di fare contenti i nostri superiori. Non ci siamo accorti di niente e sta accadendo qualcosa di grave almeno quanto l’11.”

“Le autorità competenti stanno reagendo prontamente.”

“Questo lo dici tu! Los Angeles è un buco nero da tre ore. Non abbiamo la benché minima idea di cosa stia succedendo lì. Le principali cariche dello Stato erano lì oggi!”

Matt Travor fece il suo ingresso nell’ufficio, con aria trafelata, un fascicolo in mano, l’aria di chi avrebbe volentieri mollato tutto per fuggirsene in un posto lontano. Invece non disse una parola, prese posto alla sua scrivania ed iniziò a vagliare le informazioni che arrivavano alla sua postazione.

“Secondo te sono i jiadhisti? L’Isis magari?”, chiese Diana al suo indirizzo.

“Nessuno dei due. Sono quelli dell’Intergang. Quel figlio di puttana di Kent aveva ragione.”

“Il giornalista che hai contattato settimane fa?”

“Proprio lui. L’Intergang non è un semplice gruppo criminale. Avremmo dovuto capirlo subito. Negli ultimi anni c’è stato un aumento della vendita di armi importate illegalmente in questo paese. Roba proveniente dai Balcani, dalla Romania, dalla Bulgaria, dall’Indocina. I destinatari erano piccole bande locali e pensavano tutti che le avrebbero usate nelle loro guerre per il controllo del territorio ma in realtà era l’Intergang che li usava per armarsi senza farsi notare. Hanno messo assieme un fottuto esercito proprio in casa nostra ed ora lo stanno usando.”

“Per fare cosa?” chiese Etta.

“Per affermare un principio. Possono colpire quando e come vogliono. Se non fosse stato per l’allarme dato da quell’ex operativo i danni sarebbero stati persino maggiori.”

“Come fai a dirlo? Non sappiamo cosa stia accadendo di preciso. Siamo praticamente ciechi!”, insistette Etta.

“Allora diciamo che lo sto sperando.”

Diana tenne gli occhi fissi sull’uomo, “Matt, credi che tutto questo centri con le tue teorie sugli avvistamenti degli ultimi anni?”

“Forse un collegamento c’è,” disse pensando all’episodio dei Cuchilos.

“E quale sarebbe?”

“Io non ne ho…”

“GESÙ!” l’esclamazione di uno dei capi settore fece voltare all’unisono quasi tutte le teste della sezione verso gli schermi.

Per diversi minuti tutti pensare di essere preda di una qualche sorta di allucinazione dovuta allo stress, un fenomeno simile all’isteria di massa ma non era così.

Tutti osservavano in silenzio, occhi sgranati, bocca aperta.

Solo uno tra di loro sorrideva, un senso di sollievo e trionfo a sostenerlo.

“Benvenuto…”, disse guardando l’immagine dell’uomo volante che, in diretta nazionale, aveva impedito ad un elicottero di precipitare a terra.

 

 

Continua.