Yuri
Lucia
Lois Lane uscì dal
suo appartamento, dando una veloce occhiata al costoso orologio che portava al
polso. Erano le 7 del mattino e la giornata sarebbe stata lunga e faticosa si
disse. Il taxi chiamato l’aspettava davanti al grattacielo dove viveva e lei si
diresse verso di esso senza ricambiare il cortese saluto dell’uscire, un ultra
cinquantenne veterano del Vietnam che, assicuratosi non fosse più a portata
d’orecchio, l’apostrofò con l’usuale “stronza” con cui ogni mattina omaggiava la
giornalista ed i suoi modi arroganti e freddi.
Prima di riuscire
ad afferrare la portiera fu agguantata da mani forti che la strinsero con
forza. Tentò di reagire, mettere in pratica quanto conosceva sull’autodifesa ma
quello era troppo rapido ed avvezzo a quel tipo di situazioni per farsi
sorprendere. Venne quasi trascinata di peso verso un furgone e costretta a
salire. Il portiere non ebbe il tempo di reagire. I tre rapitori, volto coperto
dal passamontagna, erano stati rapidi e non avevano avuto esitazioni. Il
complice alla guida del furgone li portò velocemente via di lì, imboccando dopo
un paio di chilometri, la rampa di un park sharing dove cambiarono velocemente
veicolo.
Lois venne legata
con un laccio di plastica, la bocca tappata dal nastro adesivo, bendata e messa
di peso nel portabagagli di una potniac. L’auto ad un certo punto cominciò a
sobbalzare, segno che aveva abbandonato la strada principale in favore di
qualche via secondaria che vessava in non certo buone condizioni. Faceva caldo
lì dentro e lei cominciò a sudare parecchio. La camicia le si appiccicò
addosso, una sensazione fastidiosa, e la giacca pareva volerla soffocare. Si
sarebbe spogliata volentieri di tutto in quel momento ma non poteva.
La vettura accelerò
improvvisamente, iniziando un veloce slalom, in mezzo ad altre auto si disse
Lois, giudicando dai rumori che sentì. Specchietti che si urtavano, fiancate
che strisciavano l’una contro l’altra. Ci furono anche dei colpi di pistola e
l’inconfondibile rumore delle sirene della polizia. Lois imprecò quando sbatté
la testa contro il portellone sopra di lei. Del sangue cominciò a colarle dal
taglio procuratole dall’impatto e dovette chiudere gli occhi per evitare che le
finisse li sopra.
Si sentiva lo
stomaco in subbuglio e ringraziò di essere a digiuno altrimenti, ne era certa,
avrebbe avuto dei seri problemi, tanto più che la bocca era chiusa dal nastro
adesivo.
Le gomme
stridettero più di una volta e le parve anche di sentire delle grida.
La corsa dell’auto
fu arrestata all’improvviso. Avvenne tutto in pochi istanti. Ci furono altri
colpi da arma da fuoco ma stavolta molti più di prima. Urla, imprecazioni e
bestemmie e poi udì il portello contro cui aveva sbattuto poco prima mentre
veniva divelto.
“Tutto bene?”
“Si”, rispose lei
tremante dopo che le venne tolto il nastro che le impediva di parlare.
Fissò l’uomo che
stava lì, sole alle sue spalle, in piedi davanti a lei.
Fisicamente aveva
l’aria di qualcuno che tenesse al proprio fisico, forse un atleta, un nuotatore
magari, spalle e torace ampi. Il volto aveva dei lineamenti regolari e ben
proporzionati, una mascella volitiva, capelli neri come l’inchiostro e mossi,
occhi dal taglio sensuale e di un colore inquietante. L’azzurro di quegli occhi
non l’aveva mai visto da nessuna parte.
Non riuscì a non
deglutire per l’emozione, rimproverandosi subito per la mancanza di
autocontrollo.
“La polizia sarà
qui tra poco. I rapitori sono fuori gioco, non preoccuparti”, le liberò con
facilità i polsi dal laccio e lei subito li massaggio. Erano arrossati e
indolenziti.
“Aspetta”, lo invitò lei con il tono di voce
leggermente disperato,” mi hai
salvato la vita per quanto ne posso sapere. Ti prego, voglio parlarti. Voglio
parlare con te.”
“Non cerco interviste”,
annunciò subito lui. Di certo sapeva chi lei fosse. Lois Lane era un volto
troppo noto.
“Non voglio fartene”, tentò subito di rassicurarlo lei,” ma è la seconda volta che mi salvi
questa. Ti prego.”
Lui era vestito in
quel suo attillato costume, simile ad una muta da sub, con le maniche tagliate,
le mani guantate.
“Va bene …”, aveva
esitato ma alla fine, capitolando, le aveva dato l’occasione che lei cercava.
“So che non ti
piace parlare molto con i poliziotti. Vai pure. Vieni a casa mia, stasera. Ti
aspetterò tutta la notte. Scegli pure tu l’ora.”
L’uomo volante
assentì, anche se poco convinto e spiccato un gran balzo, sparì rapido verso il
cielo.
Lei era rimasta
senza fiato.
Era un gioco molto
pericoloso il suo ma faceva parte della sua professione.
Voleva l’intervista
e l’avrebbe avuta ma doveva procedere per gradi. Che lui fosse poco propenso a
parlare con la stampa poteva capirlo. Doveva avvicinarlo poco alla volta e
fargli abbassare le difese.
YURI
LUCIA
Presenta
:
SUPERMAN
YEAR ONE
THE CHILD OF TOMORROW
N 4
… New
Day Pt I.
I Daily
Star, sede centrale, Los Angeles – Un anno prima degli eventi narrati.
“Toglitelo dalla
testa!”, ringhiò furibondo George
Taylor,” le tue aspirazioni da
fottuto suicida tienile per te e fuori dall’orario di lavoro!”, fu la severa
ammonizione dell’apparentemente inossidabile Editor del Daily Star, giornale
che ormai risentiva sempre più della concorrenza degli altri media e, in
particolare, di Internet.
“Perché?! Arrivati
a questo punto è da folli Sig. Taylor…”, tentò di perorare con vigore la
propria causa Clark Kent, giornalista investigativo solo per essere subito
interrotto dal suo ostinato capo.
“Come te lo devo
spiegare ? Quale parte di lascia perdere
questa storia non hai capito? Abbiamo già avuto dei problemi con le
autorità della California e l’FBI perché gli abbiamo nascosto informazioni
preziose sull’Intergang, il che significa che non possiamo più aspettarci il
loro appoggio. Ora siamo stati presi di mira dai tuoi amici”, gli puntò un dito
contro.
“Non sappiamo se
siano o meno stati loro. Potrebbe essere il gesto di un mitomane”, lo disse ma senza la necessaria convinzione.
“I gesti,” corresse stizzito l’altro,” ed evita di chiamarmi Signor Taylor
quando siamo in privato, te l’ho già detto.”
George si rese quasi subito conto di quanto suonasse ridicola la parola privato
in quelle circostanze. Ormai tutti al giornale avevano sentito la sua sfuriata.” Due pacchi bomba in un mese e quasi Bob, il
ragazzo della posta, ci rimetteva la mano ed un occhio. Dobbiamo ringraziare
Dio o chi per lui che le cose non si siano messe davvero male. Alla porta della
casa di mia figlia hanno incollato tre proiettili. Uno per lei, uno per il suo
compagno ed uno per mio nipote. Adesso hai capito?”
“Se è così, George,
è il momento in cui non dobbiamo mollare. Siamo sulla strada giusta e credo che
tutto questo provi che hanno degli uomini infiltrati nelle forze dell’ordine.”
George lo guardò
sorpreso, “davvero? Davvero mi dici questo?! Secondo te avevo bisogno di
arrivare fino a questo punto per sapere che l’Intergang ha sul suo libro paga
più di un appartenente alle autorità?! E cosa vorresti fare? Andiamo a
denunciare la cosa a chi? Al sindaco della stramaledetta città? Al Governatore?
Al Direttore dell’FBI o al Presidente in persona?”
Clark si sentiva
frustrato e sapeva che George aveva ragione. Lo aveva esposto, aveva esposto
tutto il giornale per via della sua indagine e questo non l’aveva previsto.
“George, ascoltami,
una volta mi hai detto una cosa: quando comincia a piovere merda quello è il
segnale che sei vicino alla meta; ora mi rendo conto che le cose sono andate
troppo oltre ma se l’Intergang ha cercato di intimorirci così è perché siamo
vicini a prenderli.”
“Clark, ti ho anche
insegnato che ci sono dei momenti in cui bisogna sapersi ritirare e che tutte
le stronzate sul giornalismo e la missione sacra di riportare la verità non
sono che cazzate buone per le stramaledette lezioni al college, scuse per
giustificare il nostro vouyerismo e il fatto che il nostro stipendio lo
ricaviamo dalle tragedie altrui, dai pruriti più bassi dell’uomo medio, dal
distruggere le vite e la reputazione di persone che tutto sommato nemmeno lo
meriterebbero. Tu sei un fottuto crociato Clark, l’ho capito dal primo giorno
che ti ho incontrato. Mi piaci perché almeno sei convinto di quello che fai.
Sai quante persone oneste ho incontrato nella mia vita? Non lo so nemmeno io
esattamente quante ma presumo assai poche. Tu sei una di queste. Però non posso
più permettermi di seguirti nella tua santa impresa. All’inizio mi avevi
convinto, con il tuo entusiasmo, il tuo talento, la tua abnegazione, la tua integrità.
Però ora in gioco c’è troppo ed io non voglio rischiare in alcun modo la
sicurezza della mia famiglia, dei miei dipendenti e, sarò codardo, nemmeno la
mia. Soprattutto non quando si tratta di una battaglia senza alleati o
garanzie.
Mi dispiace, da questo
momento considera la questione intergang chiusa, almeno per quanto riguarda
questo giornale. Non pubblicherò più nessun articolo su di loro. Volevano
impaurirmi? Ci sono riusciti. Mi auguro solo che tu riacquisti la ragione quel
tanto che basta per farti intimorire e lasciar stare tutta la stramaledetta
storia.”
Clark fissò George
Taylor. Provava amarezza, delusione, persino dolore ma non astio. Non poteva
odiarlo dopo che gli aveva dato una possibilità, dopo che per tutto quel tempo
lo aveva aiutato, dopo che aveva rischiato così tanto.
“Non tutti siamo a prova di proiettile come
te”, gli risuonarono alla mente le parole di Loris.
“D’accordo, George.
Domani troverai le mie dimissioni sulla tua scrivania”, non lo stava
minacciando o tanto meno voleva che pensasse lo stesse facendo.
“Non è necessario,
Clark. Non dobbiamo arrivare a questo”, tentò di dissuaderlo il direttore dello
Star.
“No, invece è
necessario. In primis perché non lascerò andare questa storia, non ora che sono
ad un passo dal concluderla e poi perché non credo che ormai mi lascerebbero in
pace. Sanno che ho raccolto molto materiale su di loro, conosco persino nomi e
volti di alcuni loro uomini. Se rimango qui, continueranno a bersagliarti. Le
nostre strade si dividono George.”
Gli porse la mano che l’altro strinse con calore e commozione,” grazie per l’opportunità che mi hai
dato quattro anni fa. Ero un reporter alle prime armi. Nessuno mi avrebbe fatto
lavorare nel suo giornale, tanto meno un giornale prestigioso come questo.
Stammi bene George.”
Clark Kent lasciò
così gli uffici del Daily Star, sotto gli sguardi increduli dei suoi colleghi.
Nessuno credeva che quell’uomo dall’aspetto tanto mite e, persino,
insignificante fosse capace di tanta perseveranza e coraggio.
“Hai le palle, maledetto
figlio di puttana”, si lasciò scappare Taylor mentre lo vedeva entrare in
ascensore.
Clark sorrise
tristemente.
L’uomo con cui
Clark stava parlando era un fantasma. Se si escludeva il fatto che respirava,
camminava e mangiava come ogni altro essere vivente. Nessun numero di
previdenza sociale, nessuna patente, esclusa quella finta che utilizzava per
guidare, nessuna proprietà immobiliare intestata, nessun conto corrente noto,
nessuna cartella medica, nessun certificato di nascita, niente di niente.
Eppure era lì, davanti a lui e ingollò un po’ di caffè storcendo la bocca e
commentando con un “sembra acqua sporca”.
Clark l’aveva
studiato a lungo. Sulla cinquantina, taglio di capelli anonimo, capi d’abbigliamento
anonimi, nessun lineamento particolare, un volto anonimo. Se qualcuno gli
avesse dette che era una spia non gli avrebbe mai creduto perché lo stereotipo
che aveva nella mente era l’esatto opposto e, al loro primo incontro, glielo
aveva detto sentendosi rispondere “ è una tendenza che viene incoraggiata,
ovviamente non in modo diretto ma lasciando trapelare informazioni volutamente
esagerate. I libri, i fumetti, le serie tv ed i film presentano la figura di
uomini super addestrati, sempre pronti all’azione, belli ed affascinanti.
Ovviamente esistono anche quel tipo di figure nella professione anche se
difficilmente posseggono contemporaneamente tutte le caratteristiche elencate.
L’agente segreto operativo però è uno che non si nota. È l’uomo, o la donna,
che potrebbe essere il tuo vicino di casa, il collega di lavoro, l’affidabile
consulente finanziario che gestisce i tuoi risparmi, un simpatico agente
immobiliare con un po’ troppa parlantina, il tuo medico di famiglia e via
discorrendo. I bellocci li si usa per operazioni particolari ma sono quelli che
vivono nascosti tra la folla quelli più pericolosi. Hanno occhi ed orecchie
sempre in allerta, catturano qualsiasi notizia, vengono assunti nei posti
giusti dove possono origliare, spiare e poi riferire. Se andassi in giro in
smoking con una sofistica parlantina inglese ed il fascino dell’attore credi
avrei potuto fare tutto quello che ho fatto? Avrei fatto del cinema, ecco ma
non l’agente segreto”, questo gli aveva detto sorridendo quella volta, “il tuo
capo ti ha detto di no, vero?”, gli disse invece in quel momento.
“Come avevi detto
tu”, ammise Clark piuttosto frustrato.
“George Taylor, mio
caro, è una vecchia volpe del giornalismo, uno venuto su alla vecchia maniera,
sa quando deve fermarsi e si è fermato. Ha fatto bene e tu lo sai”, bevve una
seconda sorsata di caffè inorridendo nuovamente per il gusto.
La tavola calda
dove si trovavano era vicino ad un imbocco per la statale ed era frequentata
soprattutto da camionisti che, chiassosi ed allegri, occupavano gran parte dei
tavoli scambiandosi barzellette e racconti di vita sulla strada.
“Non posso
biasimarlo, questo no ma per un attimo ho creduto di poter contare sul suo
aiuto.”
“Hai contato male.
Magari se la cosa avesse riguardato solo lui sarebbe stato un conto ma hanno
minacciato sua figlia e suo nipote.”
“L’Intergang vuole
che molli la presa perché mi sto avvicinando a qualcosa”, fece Clark Kent con
grande serietà.
“Tu però non vuoi mollare
ed il punto, caro Signor giornalista è che nemmeno sai a cosa ti stai
avvicinando”, lo sfotté senza però cattiveria alcuna.
“Sono l’unico
giornalista a cui interessi davvero questa storia”, pronunciò quelle parole con
frustrazione.
“Sei l’unico così
stupido che ha continuato ad interessarsene. Gli altri sono stati minacciati e
hanno desistito e rappresentavano comunque una minoranza della categoria
professionale. L’Intergang è un’organizzazione di cui non si sa quasi nulla e
quel poco che si sa è frutto di racconti riportati, voci di corridoio, ambigue
intercettazioni. È come con la Mafia in Italia. Fino a qualche decennio fa non
era nemmeno certo che esistesse veramente, almeno ufficialmente. Servì Buscetta
ed un maxiprocesso per provare che non era una leggenda metropolitana. Fino a
quel momento erano stati molto bravi perché sapevano che la miglior arma è
l’anonimato. Se non esisti, nessuno potrà combatterti veramente. Non senza fare
la figura dello scemo almeno. L’Intergang ha copiato il loro metodo. Tutti i
luogotenenti sono reclutati nei posti dove estendono i propri affari, hanno
contatti solo con un intermediario e non sanno nulla né dei vertici
dell’organizzazione, né dell’organizzazione stessa. Un ora fai parte dell’Intergang è tutto quello che gli viene fatto
sapere. Quello o poco altro. Sono sfuggenti quasi quanto quel Batman.”
“Ancora lui? Non
dirmi che ci credi veramente?”, stavolta fu Clark a prenderlo in giro, sebbene
con una punta di risentimento per come era stato canzonato poco prima.
“Certo. È bravo il
figlio di puttana, dannatamente bravo. Però sono bravo anch’io in queste cose e
mi accorgo della differenza tra un’ombra proiettata casualmente da un oggetto o
quella proiettata intenzionalmente da qualcuno”, replicò con sicurezza l’altro.
“Un giorno dovrai
dirmi qualcosa di più su questo tizio, se è vero che esiste. Da come ne parli
ho l’impressione che tu lo conosca.”
“Forse, “ ammise,” o forse no. Comunque siamo qui per parlare della mia proposta.”
“Sembra che io non
abbia molte possibilità di rifiutare. Sei l’unico che crede alla minaccia
rappresentata dall’Intergang. Tutti gli altri sembrano non volerla considerare
altro che l’ennesima organizzazione criminale.”
“Per te non lo è?”
“Stanno accumulando
un arsenale da far invidia ad un esercito. Dove finiscono tutte le armi che
hanno acquistato mediante le società di comodo che controllano? Inoltre in
quella sede che ho trovato due mesi fa, nei documenti che sono riuscito a
recuperare, c’erano dei pagamenti effettuati a società collegate ad ex agenti
segreti, killer professionisti e mercenari. Sei stato tu a darmi l’identità di
molte di quelle persone. Cosa ti fa pensare tutto questo?”
“Stanno armandosi,
stanno reclutando personale che potrebbe addestrare un eventuale esercito. Il
punto è capire dove lo addestreranno questo ipotetico esercito.”
“Appunto.
Un’organizzazione criminale non si muoverebbe mai così. Loro sono qualcosa di
più.”
“Per questo ti ho
contattato, ragazzo mio. Sono alla ricerca di risposte da qualche anno a questa
parte e quando ho scoperto che un ragazzotto del Kansas si era messo sulle
tracce dell’Intergang e tutte le informazioni che aveva raccolto in proposito,
ho deciso di proporti la nostra collaborazione.”
“Collaborazione che
alla fine ho accettato.”
“Non senza farmi
pensare un po’ prima. Ora però siamo arrivati quasi alla resa dei conti.
Qualsiasi cosa stiano preparando sarà qualcosa che non dimenticheremo tanto
facilmente.”
Clark Kent meditò
un po’ su quelle parole, “hai detto che potrebbe esserci un campo d’addestramento?
Dobbiamo capire dove si trovi. L’unico modo è arrivarci.”
“Come?”
“Quegli specialisti
devono addestrare dei soldati giusto? Quindi devono reclutare anche delle
persone. Se scopriamo come, potrei cercare di infiltrarmi.”
“Gioco pericoloso”,
lo ammonì.
“L’unico che posso
fare”, insistette Clark.
King Faraday
sorrise. Capiva perché a George Taylor quel ragazzo piaceva. Era un tipo
coraggioso e, forse, anche un po’ pazzo.
II Clovis,
California nei pressi della California 168 – Sei mesi prima dopo
Il giovane Elias
“Bibbo” Clarence era un solido ragazzo di campagna, alto 1.90, fisico possente,
un vistoso tatuaggio sul braccio destro raffigurante le porte dell’inferno,
tatuaggio che stonava con la sua aria provinciale ed un po’ ingenua.
Clark sedeva al
sedile del guidatore, Bibbo gli ero di fianco.
“Quindi,” chiese il giornalista,” non hai nessuna idea di dove sia
questo campo d’addestramento?”
“Credi che siano
tanto stupidi da lasciarselo scappare con qualcuno sulla cui lealtà non sono
ancora così sicuri?” Bibbo lanciò una
nervosa occhiata allo specchietto retrovisore ma lì, in quell’area poco al di
fuori della cittadina, non c’era nessuno. Lo spiazzale per la sosta era
deserto.” Amico, lascia che te lo
dica, quelli sono completamente pazzi. Ti chiedono di sostenere delle prove
d’iniziazione perché vogliono capire fino a che punto sei pronto ad arrivare.
Scelgono i soggetti peggiori, quelli che non hanno niente da perdere, disperati
che si bevono tutte le frescacce che sparano e che sono ben contenti di farsi
fare il lavaggio del cervello.”
“Avevano scelto
anche te”, osservò Clark.
“Certo. Non nego di
aver fatto una bella sequela di cazzate nella mia vita ma credo che le storie
su di me fossero esagerate. Ok, lo ammetto, sono io che me la sono cercata.
Quando ero nell’ambiente pensavo che avere una pessima fama mi sarebbe valso il
rispetto degli altri e così non avrei dovuto preoccuparmi che qualcuno cercasse
di fregarmi. Mi sono preso la colpa di un omicidio, un regolamento di conti.
Non ho detto di essere stato io ma qualcuno se ne uscì con questa storia ed io
non ho smentito. Pensavano fossi un tipo con il pelo sullo stomaco ma non ho
mai fatto fuori nessuno. Ho fatto saltare qualche dente, si questo si ma ucciso
mai.”
“Come ti hanno
avvicinato?”
“Te l’ho detto.
Lavoravo in questa vecchia bettola come lavapiatti. Faceva parte del programma
di reinserimento nella società che stavo frequentando. Lavoro duro per la paga
minima ma l’occasione di riabilitarsi agli occhi della legge. Amico, tutto
quello che volevo era farli brillare quei maledetti piatti e me ne stavo con il
capo chino a fare il mio dovere, senza lamentarmi mai. Non un fottuto fiato. Mi
avvicinò un tipo, ben vestito, sui quaranta, la parlantina di chi è stato al
college. Mi ha offerto una sigaretta ed io ho accettato. Eravamo sul retro del
locale, io stavo mangiando un panino approfittando di una breve pausa pranzo.
Il tipo ha cominciato a parlarmi di una seria opportunità per migliorare le mie
prospettive, per utilizzare al meglio la mia vita e via dicendo. Pensavo che
stesse per chiedermi se conoscevo Gesù o se volessi fare roba con lui. Invece
mi chiese se volevo andare ad una riunione che si teneva in un pub non troppo
distante. Non avevo niente da fare e così ci sono andato. Sembrava di essere ad
una riunione di un qualche gruppo paramilitare di quelli che ci sono in
Nebraska. Gente in mimetica, altri con completi eleganti come quelli del tipo
che mi avevo avvicinato. Eravamo una decina di persone ad assistere. Loro erano
in sei. Parlavano e dicevano tutte cose che potevano persino sembrare sensate
fino ad un certo punto. Inoltre conoscevamo le nostre storie, ne sono certo,
perché facevano allusioni ad ognuno di noi ed ognuno di noi reagiva allo stesso
modo. Li guardava chiedendosi se stessero parlando proprio di lui e come
facessero a sapere tutte quelle cose.”
“Per questo pensi
che conoscessero il tuo fascicolo?”
“Sono grande e
grosso ma non stupido, non fino a questo punto. Conoscevo quasi tutti gli
invitati. Erano stati al mio stesso istituto penale. Con un paio di loro era
stato nel stesso laboratorio. Sapevano ogni cosa di noi, te lo dico io.”
“Però tu ad un certo
punto ti sei tirato indietro.”
“All’inizio mi
avevano offerto dei soldi, un regalo dicevano loro. Avrei dovuto rifiutare ed
invece come uno scemo li presi. Erano cinquanta bigliettoni e facevano comodo.
Inoltre in quel momento ero curioso. Volevo sapere dove sarebbero andati a
parare durante la seconda riunione. Non dico che pensavo di accettare ma ero
curioso. Poi il mio pessimo presentimento si è rivelato essere vero ed hanno
chiesto ad ognuno di noi di provare la sua determinazione a cambiare vita, a
perseguire un fine più elevato.”
“Cosa vi hanno
chiesto?”
“Di commettere un
crimine. Sissignore, hai sentito bene. Ognuno di noi doveva commettere un
crimine. Non importava cosa. Se avessimo ottenuto un profitto da questo crimine
avremmo potuto tenerlo tutto per noi. A loro non interessava. A quel punto me
ne sono tirato fuori mentre gli altri hanno accettato. Non potevo crederci.
Erano nel programma di reinserimento, stavano ripulendo la propria vita, forse
avevano la possibilità di ricominciare da capo ed invece si erano fatti
plagiare da quegli stronzi. Erano sicuramente bravi. Usavano tecniche di
persuasione di quelle che usano i predicatori in tv. Il loro capo, un tipo sui
cinquanta, capelli grigio ferro, voce calma e gentile, lo sguardo da squalo, parlava
e tu pendevi dalle sue labbra. Però sono riuscito a non farmi fregare ed ho
ascoltato bene anche i contenuti. Per questo già dal primo incontro ero in
allarme.”
“Così te ne sei
chiamato fuori.”
“Loro non hanno
gradito perché avevano dato la possibilità di farlo al primo incontro e a metà
di quello del giorno dopo. Ormai avevo sentito cosa avevano proposto di fare.
Sapevano che arrivati a quel punto non avrebbero rifiutato ma non si
aspettavano me. All’inizio hanno mantenuto il tono gentile, parlando di etica,
di riservatezza e altre cazzate del genere. Voglio dire, stavano proponendo
alla gente di infrangere nuovamente la legge e loro mi parlavano di etica! Io
gli ho detto che non mi interessava, che mi sarei fatto i fatti miei.”
“Non è andata così
però.”
“Amico, per quanto
ne so quelli avrebbero potuto rapinare, scippare, commettere uno stupro o
uccidere qualcuno solo per dimostrare che erano pronti a tutto. Come avrei
potuto continuare a campare con una cosa del genere sulla coscienza? Andai
dallo sceriffo ma quando arrivammo al pub, scoprimmo che era chiuso. Chiuso da
quasi un anno. Passai per ubriacone e mezzo pazzo. Da quella sera iniziarono le
telefonate intimidatorie. Le ricevevo sempre allo stesso orario. Sono andati
avanti per due settimane. Poi mi hanno distrutto l’auto. L’ho trovata
letteralmente fatta a pezzi. Il resto lo sai. Se non fosse stato per te, quello
mi avrebbe piantato un bel coltello nelle reni. Ormai per Bibbo qui si è fatta
una brutta aria. È ora di sloggiare anche se così facendo uscirò dal programma
reinserimento e dovrò cavarmela da solo.”
Clark rimase
colpito dalla sua espressione. Era addolorato, contrito, distrutto. Quell’uomo
aveva sbagliato ma stava veramente cercando di redimersi ma non era servito a
nulla, o almeno questo doveva essere quello che pensava.
Clark aveva trovato
il suo nome durante le sue ricerche. Due giorni prima era andato a cercarlo
presso l’ultimo indirizzo noto. Lo seguì per un po’ a distanza fin quando non
si accorse che qualcuno stava per ucciderlo.
King Faraday guarda
fuori dalla finestra nell’motel nei pressi di Fresno dove lui e Clark
pernottavano.
“Quello che mi ha
detto Bibbo,” fece Clark Kent
pensoso,” è la stessa storia che
raccontano i cadaveri rinvenuti a Frisco e Sacramento. Solo che lui me l’ha
potuto dire di bocca sua e non l’abbiamo dovuto dedurre. L’Intergang recluta
soldati tra uomini di età compresa tra i 20 ed i 40 anni, inseriti in programmi
di recupero per ex detenuti. Sono due programmi, uno che interessa la
California del nord ed uno la California del centro e del sud, e vi si accede
mediante richiesta, una valutazione psicologica apparentemente accurata, un
comportamento in carcere ineccepibile. Comunque è interessante che vi siano
ammessi persone sospettate di omicidio, che hanno compiuto rapine e posseggono
ad esempio, una certa famigliarità con le armi da fuoco.
Sai una cosa? Io
credo che abbiano degli uomini all’interno dei programmi di recupero e non
solo, anche dentro le carceri. Passano i profili più interessanti all’Intergang
che li segue dalla scarcerazione al momento in cui iniziano a lavorare. Gli
propongono una nuova vita, uno scopo più elevato facendo leva sulle loro
debolezze e quelli che gli dicono di no con troppa veemenza, o che sospettano
potrebbero denunciare la cosa, vengono fatti sparire in modo discreto. Una
rissa, una rapina finita male. Scegli tu. Dal racconto di Bibbo, poi, penso che
abbiano anche agganci nelle autorità locali. Strano che sia andato dallo
sceriffo e poi abbiano trovato quel pub completamente vuoto.”
King Faraday prese
una sigaretta, la osservò per qualche istante rotolandosela tra le dita, quasi
a saggiarne la consistenza e poi decise che era arrivato il momento di fumarla.
La portò alla bocca e la accesa con un accendino placcato d’argento, l’aquila
simbolo degli USA incisa sopra e sotto il maestoso rapace una scritta in
latino. “Me l’hanno regalata quando terminai il mio servizio nella CIA,” lo mostrò a Clark non senza un certo
orgoglio misto a tristezza,” per ricompensarmi
dei miei servigi. Il giorno prima sei sulla cresta dell’onda e poi, siccome
qualcuno ha tagliato i fondi per permettere a qualcun altro di continuare a
fare la bella vita, ti rifilano un accendino, un bell’accendino, e tu non sei
più di nessuna utilità allo Zio Sam. Sai perché sto collaborando con te?”
Clark Kent cercò di
trovare una risposta soddisfacente ma doveva ammettere che quell’uomo per lui
rappresentava ancora un mistero. Si era interrogato più volte sulla reale
natura degli scopi di King Faraday, ex spia, sedicente patriota.
“Delle volte ho
paura di trovare la vera risposta”, ammise alla fine strappando all’altro una
risata di genuina allegria.
“Sei proprio un
bravo ragazzo di campagna, Kent. Si vede che sei cresciuto in una fattoria, alla
vecchia maniera, e che sei un uomo di chiesa. Gesù, chiunque ti avrebbe
sconsigliato dal darmi una risposta del genere ma tu me la dai ugualmente. Sei
una forza ragazzone. Sei anche sveglio e stai ricostruendo in modo credibile la
macchina da reclutamento dell’Intergang. Qui ci sono connivenze, corruzione,
minacce e, cosa forse ancora più preoccupante, fanatismo. Quegli uomini non
vogliono mercenari, vogliono fedeli, zelanti fedeli che combattano per la loro
causa. Qualunque essa sia, ovviamente. C’è un solo modo per provare la tua
ipotesi. Ho degli amici che mi devono dei favori, sai? Potrei procurarti una
falsa identità e una via per entrare nel programma di recupero per ex detenuti.
Però questo significa che ti dovrai fare qualche mese di carcere. Te la senti?”
“Si”, rispose senza
esitazioni Clark Kent.
“Bene,” fece compiaciuto Faraday,” ed ora un’altra notizia interessante.
Ti ricordi il controllo che mi hai chiesto di effettuare sui programmi di
recupero per gli ex detenuti? Indovina un po’ chi c’è tra i principali
finanziatori?”
“Chi?”
“La Luthor Corp.”,
sorrise divertito King Faraday.
III California State Prison, Lancaster, Los
Angeles County – Tre mesi dopo
“Reeves, davvero,
non ti capisco proprio sai?”, disse
Brandon Tomas, capo della fratellanza ariana,” perché non ti vuoi schierare con noi? Sei un tipo in gamba, sei
bianco e mi hai salvato la vita da quel pezzo di merda rasta che voleva
accopparmi, un mese fa”, teneva gli occhi incollati alla scacchiera e attese la
mossa del suo avversario.
L’uomo noto come
Nicholas Reeves si limitò ad un mezzo sorriso e mosse il suo cavallo, “ perché
non sono tipo da prendere le parti di nessuno. Non ho mai fatto parte di
movimenti di nessun genere e non voglio iniziare ora. Ti ho salvato perché
erano tre contro uno ed odio questo genere di prepotenze”, replicò lui.
“Sei davvero
strano, amico mio ma ti rispetto. Hai fegato. Mi dispiace di non poter contare
su uno come te nel mio gruppo ma non voglio insistere”, mangiò uno degli
alfieri di Nick.
“Ti ringrazio,
Brandon e poi voglio starmene buono. Spero di entrare nel programma per il
reinserimento nella società, magari è la volta buona che cambio vita. Ho già
scontato tre quarti della mia pena e ho la possibilità di uscire prima per via
della mia condotta modello.”
“Vuoi diventare un
bravo cittadino una volta uscito da qui?”, rispose alla mossa Nick che gli
aveva mangiato un pedone privandolo di uno dei cavalli.
“E chi lo sa? Per
tutta la vita ho vissuto al limite, ho cercato nemmeno io so cosa. Soldi, donne,
successo. Niente però sembrava appagarmi e ora, sinceramente, mi sento fuori
posto. A dirla tutta la tua proposta mi onora e sono stato tentato di
accettarla. Lo avrei fatto se non mi trovassi qui. Se mi affiliassi ai fratelli
ariani, direi addio alla mia possibilità di uscire prima del tempo e non ce la
faccio più a starmene chiuso qui. Devo ammettere che mi trovo meglio in questa
prigione che in quel merdoso carcere in Texas. Per fortuna mi hanno trasferito
o lì ci sarei impazzito.”
“Fortunato te, allora.
Senti, quando esci di qui potresti passare da un mio amico. Fai quattro
chiacchiere con lui e se sei ancora della stessa opinione, qui tra i fratelli
c’è sempre un posto per te. Scacco matto!”, Brandon sorrise soddisfatto. Nick
corrugò la fronte.
Da due settimane
Nicholas Reeves lavorava al Delight from
Morning ‘till Afternoon, un bar tavola calda sulle cui condizioni igienico-sanitarie avrebbe
avuto molto da ridire. Non era lì però per lamentarsi del locale ma per
lavorare, lavorare a capo chino, lavando piatti, pentole e posate
continuamente, così come continuo era il flusso dei clienti, viaggiatori,
camionisti, qualche abitante del posto.
Nick aveva atteso
paziente, attento a non dar troppa confidenza a nessuno, intenzionato a dare
l’impressione d’essere quello che diceva, un uomo tranquillo che voleva
reinserirsi nella società.
Fu come Bibbo gli
aveva descritto. Venne avvicinato da un uomo dalla parlantina forbita e
sciolta, dai modi affettati e l’aspetto rassicurante. Lo aveva adocchiato nel
locale e poi, come previsto, alla pausa quello lo aveva seguito, offrendogli
una sigaretta ed un po’ di chiacchiere amichevoli.
A Nicholas Reeves
ci era voluto un po’ per capire dove si trovava. Tutto il viaggio era stato
fatto sul retro di un furgone ben isolato acusticamente. Persino per il suo
udito era stato difficile captare tracce provenienti dall’esterno. Il campo addestramento pareva situato in una
landa dimenticata da Dio ma Nick era riuscito a cogliere abbastanza indizi per
capire che si trovava in Nebraska. La cosa lo fece sorridere. Un gruppo
paramilitare in quello Stato era un luogo comune quasi ridicolo. Tuttavia smise
presto di trovare la cosa divertente quando vide l’organizzazione che avevano
messo in piedi. Gli addestratori erano persone esperte, proprio come aveva
detto King Faraday. Ex militari, sicari professionisti. L’addestramento di
base, avevano annunciato, sarebbe durato due settimane al termine delle quali
sarebbero stati indirizzati ad un corso specifico. Fanti, tiratori e assassini.
Erano le tre categorie che stavano formando in quel momento. Nick fu scelto
come fante. Aveva il fisico giusto e una buona resistenza. Ovviamente non
sapevano che la resistenza di Nick era molto più che buona ma lui faceva di
tutto per tenere quel particolare segreto. Quando l’istruttore di lotta provò
dei colpi su di lui rimase sorpreso. L’uomo non si era risparmiato ma lui non
ne aveva ricevuto danno sebbene si potesse dire lo stesso dell’altro. Sulle
prime aveva temuto che si sarebbe rotto le ossa e allora spiegare l’accaduto
sarebbe stato difficile. Colpiva in zone specifiche, in modo rapido e deciso.
Era come se non sentisse dolore. Nick pensò che se fosse stato come tutti gli
altri si sarebbe piegato a terra. Cercò di fingere, arrancando e lasciandosi
scappare dei lamenti. Le proiezioni le subì veramente. Quello era stato veloce
e preciso, scaraventandolo da una parte all’altra del cerchio in cui stava
dando dimostrazione di alcune tecniche. Anche alcune leve le subì davvero e
quelle le trovò dolorose. Avrebbe potuto liberarsene ma se lo avesse fatto
allora si sarebbe tradito. Sopportò più che poté e, alla fine, la lezione
terminò.
“Complimenti Reeves,” gli fece l’istruttore dandogli una
pacca sulla spalla,” sei un
incassatore formidabile. Se seguirai con attenzione le mie lezioni, farò di te
una macchina di morte”.
Nick si ritrovò a
pensare che forse avrebbe dovuto prendere davvero delle lezioni di
combattimento. Non c’era nessuno forte come lui, o almeno così pensava e dunque
poteva vincere facilmente qualsiasi confronto anche contro avversari numerosi e
preparati. Ma se avesse incontrato un uomo dotato della sua stessa forza?
Faraday diceva che Batman esisteva veramente e Nick si chiese se anche lui
possedesse delle facoltà fuori dall’ordinario come lui. Del resto come si
sarebbero potute spiegare le sue imprese? A tempo debito, si disse, avrebbe
dovuto senza dubbio interessarsi a questo misterioso Batman. – Fine Pt I.