Yuri
Lucia
“NON
M’IMPORTA UN CAZZO SE HO DATO FERIE E PERMESSI! SONO TUTTI REVOCATI! Voglio
sapere tutto, tutto è chiaro? Voglio sapere chi è, da dove viene, come riesce a
volare, se c’è no un trucco dietro ai suoi numeri e voglio sapere che roba è
quella specie di tuta che indossa! Perciò voglio che ogni reporter, ogni
fotografo, a contratto o freelance che sia, voglio che persino gli addetti alle
macchine si mettano a lavorare sul pezzo! Tutto passa in secondo piano. Chiaro?
L’intervista alla moglie del presidente. L’intervista al marito della sfidante
al posto di inquilino della Casa Bianca. L’intervista al terrorista pentito.
L’intervista a Lex Luthor
ed tutto il resto. Fin quando non avrò su questo tavolo un pezzo degno di
questo nome sull’uomo volante in blu non voglio niente altro. Usciremo con
un’edizione straordinaria questa sera. Chiaro? Il che significa che avete,” lanciò un’occhiata ad un inesistente
orologio al polso solo per digrignare i denti ricordando che era dall’orefice
per una riparazione,” che ore sono?!” Tuonò indispettito e quando ricevette
risposta,” bene, sono le 11, il che
significa che avete tutto il tempo del mondo prima delle 18, ovvero l’ora in
cui voglio andare in stampa con l’edizione straordinaria!”
Se
avessero annunciato che il Paese fosse stato invaso o che un ordigno nucleare
fosse detonato nella capitale, non ci sarebbe stato la stessa reazione che si
scatenò nell’angusto ufficio di Perry White, l’uomo che vantava di aver
intervistato quattro presidenti, di aver vinto quattro Pulitzer e di aver
vissuto con due missioni scientifiche per sei mesi al Polo Nord e per altri sei
a quello Sud.
Signor
White era il modo, rispettoso, con cui tutti gli si rivolgevano in sua
presenza.
Vecchio
stronzo era quello, meno rispettoso, con cui lo apostrofavano quando i suoi
dipendenti non erano a portato del suo orecchio.
“Perry,
questa è un’enorme stronzata”, era il pensiero collettivo che nessuno osava
esprimere, nessuno tranne l’unica persona nella stanza che aveva il coraggio di
chiamarlo per nome, omettendo il signore, la sua protegé,
Lois Lane, nota anche come ‘la iena’.
“Prego?”
Diversi presenti deglutirono. Conoscevano quell’espressione glaciale e quella
calma improvvisa che calava come la quiete prima della tempesta. Significavano
che Perry White era sul punto di esplodere e prendere a pugni qualcuno.
Dubitavano che le denunce ricevute in passato per quegli episodi di violenza lo
avrebbero scoraggiato dal prodursi in uno dei suoi leggendari numeri, anche se
l’oggetto della rabbia sarebbe stato la sua giornalista numero uno.
“Perry,
ripeto a tuo beneficio, è una stronzata colossale. Primo, sai bene qual è la
situazione finanziaria in cui versa il giornale, visto che ti è costata una
seconda gastrite ed un paio di ricoveri per tachicardia severa. Un’edizione
speciale costa, i tagli dell’attuale amministrazione ti hanno privato dei fondi
per la stampa con cui avresti potuto ammortare un eventuale, probabile flop
visto che in sette ore l’unica cosa che possiamo fare è scrivere un cumulo di
cazzate sull’uomo che vola.
Secondo,
non puoi pretendere di mollare tutto il resto per inseguire una notizia come
questa. Ci serve tempo per parlare con i testimoni che al momento sono
interrogati dalle forze dell’ordine e, detta tutta, devo presentarmi anch’io
perché ero presente. Il giornale uscirà domani, con tutte le notizie previste e
le interviste programmate. Non possiamo permetterci di fare la figura dei
buffoni con la moglie del Presidente, con il marito del probabile primo
Presidente donna della storia, con i nostri contatti che ci hanno garantito
un’intervista con un terrorista di cui teoricamente nemmeno dovremmo conoscere
l’esistenza e tanto meno con uno degli uomini più ricchi ed influenti
d’America. Uomo che, tra le altre cose, è uno dei tuoi creditori ed è famoso
per essere un divoratore di aziende.”
Perry
si alzò dalla sedia, mani sulla scrivania, la cravatta mal annodata che pendeva
dando la grottesca impressione che al collo avesse un cappio, gli occhi ridotti
a due fessure ed il sigaro che, in una manciata di istanti, si era praticamente
consumato.
“CAZZO!
Quando hai ragione hai ragione, Lois!”
Ci
furono una serie di mormori stupiti. Quasi tutti avrebbero puntato sulla morte
di Lois Lane, talento del giornalismo investigativo ed invece lei era ancora
lì, con il suo sorriso soddisfatto e strafottente, l’aria di chi è sicura di
cavarsela in ogni momento.
“Perry,
vuoi il tuo pezzo e l’avrai. Però faremo le cose nel modo giusto. Io ero lì,
sono una testimone oculare e possono scrivere l’articolo che vuoi. Di Lex Luthor però se ne dovrà
occupare qualcun altro. Tra l’interrogatorio alla polizia ed il lavoro che mi
aspetta, avrò pochissimo tempo. Avrò modo, in centrale, di estorcere qualcosa,
con il mio irresistibile charme, a qualche altro testimone e ai poliziotti.
Però dobbiamo muoverci con cautela. Non possiamo rischiare che questa storia si
riveli essere un fiasco come l’Operazione Batman.”
“Stavolta
ci sono dei testimoni!” Obbiettò Perry a cui quella storia bruciava ancora e
molto più del suo reflusso.
“Stavolta
ci sono dei testimoni e delle riprese video ma se è per questo dal Sud-America
arrivano ogni giorno filmati di oggetti volanti non identificati su Buenos
Aires, su Rio e su un’altra dozzina di città. Questo non significa che la gente
le prenda sul serio. Le testimonianze devono essere controllare, comparate,
valiate dagli inquirenti così come i filmati devono essere analizzati dagli
esperti che dovranno escludere trattarsi di contraffazioni ma originali in cui
non compare un pupazzo vestito con una tuta blu ma un uomo che vola.”
“Allora
manterremo una posizione neutrale. Non crediamo all’uomo volante ma nemmeno
neghiamo la sua esistenza. Una nostra giornalista …”
“La
giornalista …” sottolineò l’articolo con veemenza ed un pizzico di arroganza.
“La
nostra migliore giornalista,”
concesse lui senza curarsi dell’ego degli altri presenti,” era lì e mette a disposizione dei lettori la sua esperienza, con
lo stile obbiettivo e conciso che la fa amare dal pubblico, e cercherà di
chiarire cosa sia accaduto e cosa abbia visto.”
“Ora
parliamo la stessa lingua”, fece
sorridente lei.
Fuori
dall’ufficio di Perry White, che era diventato come il bunker di Churchill
tanto era il via vai e la concitazione che lo pervadevano, Lois Lane si
concesse un momento di relax prima di andare in centrale. Percorse l’ampio
corridoio che fiancheggiava la redazione del giornale e salì le scale al suo
termine, accedendo così alla terrazza del grattacielo da dove minacciavano,
ormai un giorno si e l’altro quasi, di essere sfrattati in massa. S’accese una
sigaretta e tirò una profonda boccata buttando fuori il fumo che tentò
inutilmente di inanellare.
“Non ho ancora imparato come si fa, dopo
tutti questi anni”, si schernì mentalmente.
“Bel
lavoro con il capo”.
La
voce del giovane Jimmy Olsen la richiamò dai suoi
pensieri. Lo squadrò con una rapida occhiata e decise di essere gentile con il
ragazzo. Gli offrì da fumare ma lui rifiutò cortesemente.
“Non
mi dirai che stai cercando di smettere?” Chiese lei un po’ incredula e un po’
divertita.
“Le
attuali politiche contro il fumo sono piuttosto virulente e chi vuole
costruirsi un’immagine solida e credibile per il grande pubblico deve venir a
patto con esse”, sorrise lui.
“Credi
davvero che arriverai mai al grande pubblico?”
“Perché
no? Sono un bel tipo, so parlare e le mie foto non sono niente male.”
“Modesto”,
lo sfotté lei.
“Realista.” Corresse lui.” Comunque sei stata eccezionale la sotto. Hai ammansito il leone
con classe, senza fargli pesare il fatto che gli hai praticamente dato del
cretino davanti a tutti.”
“Il
leone? Tu non sei uno di quelli che lo chiama il vecchio stronzo?”
“Scherzi?!
Sono io che ho coniato quel nomignolo, insieme ad almeno venti altri
decisamente più infamanti.”
“Non
dovresti dirmi queste cose.”
“O
gli farai la spia?” Jimmy pareva divertito.
“Sono
pur sempre la sua pupilla.”
“Lo
eri e lui era un grande, anzi, grandissimo giornalista ma, purtroppo per lui, è
anche un grandissimo coglione o quanto meno incapace di gestire da Direttore un
giornale come questo, giornale che sta praticamente affondando da anni. Prima
però, leccando il culo a destra e manca, riusciva tra raccolte di fondi e fondi
pubblici a tenersi a galla e nascondere la situazione. Ora siamo arrivati alla
fine, specie dopo quella cantonata mostruosa di Batman. A proposito, sei stata
crudele nell’infierire prima. Crudele ma hai colto nel segno. Gli azionisti
stanno abbandonando la nave, come i proverbiali topi perché hanno capito come
stanno le cose. La storia dell’uomo volante potrebbe essere l’ultima
possibilità che questo giornale possa sopravvivere al suo Direttore, a
condizione che lui non rovini tutto.”
“Ed
il tuo discorso dove vorrebbe andare a parare?” Sorrise sorniona e per nulla
incantata dalla sviolinata.
“Tu
devi dedicarti all’uomo volante. Tu e solo tu. Sai perché?”
“Perché
sono la migliore. Vedi? Il tuo discorso è talmente melenso e pieno di luoghi
comuni che riesco ad anticipare quello che dirai. Vuoi l’intervista a Lex.”
Il
sorriso che si allargò sul volto di Jimmy era quello di un giovane barracuda.
“Sono
un fotografo.”
“Ma
con ambizioni giornalistiche. Senti, la tua lingua tra le chiappe non mi
diverte per nulla anzi, mi sta irritando però ho letto qualcosa che hai scritto
in passato e sei innegabilmente bravo. Parlerò io con Perry, perciò vedi di non
sputtanarti l’occasione che ti do.”
“Assolutamente”, scattò sull’attenti imitando un
saluto militare ed aggiunse,” ti devo
un favore.”
“Tutti
qui me ne devono uno.”
Lo
guardò allontanarsi. Gli era simpatico. Sfrontato, arrivista al punto giusto e
con la giusta dose di talento a controbilanciare il suo ego.
Non
avrebbe mai avuto l’interista a Lex Luthor. Se all’uomo più potente in città si fosse
presentato un novellino sarebbero girati gli attributi, si disse. Con una sua telefonata,
spiegando la situazione, avrebbe accettato di parlare con un’altra grande firma
del giornale ma con Jimmy Olsen, mai.
Avrebbe
parlato con Perry ma non era il nome di Jimmy che avrebbe fatto. Al ragazzo
avrebbe rifilato una balla e avrebbe scaricato la colpa sul Direttore.
“Non
ha voluto sentire ragioni”, mormorò quasi esercitandosi a dire l’ennesima bugia
della sua vita. Sghignazzò divertita.
Guardò
il cellulare e vide un’altra chiamata persa di Lex.
“Non
conviene farlo arrabbiare, devo decidermi a richiamarlo”.
Era
sola, completamente sola.
Le
gambe cedettero e si dovette reggere con forza alla ringhiera.
Lois
Lane aveva intervistato guerriglieri marcoisti,
narcotrafficanti, ex mafiosi ed ex spie russe.
Lois
Lane, la iena, non aveva paura di niente e nessuno ma quella mattina il mondo
in cui credeva e da cui gli piaceva prendere tutto quello che voleva era
finito.
Non
poteva credere che la sotto tutti stessero correndo come formiche impazzite per
cercare di vendere una storia. Erano tutti ciechi? Si chiese.
Un
uomo che volava. Un uomo che non cadeva sotto i colpi dei proiettili. Un uomo
che sollevava un elicottero impedendone la caduta.
Come
si poteva mettere per iscritto la fine di ogni certezza?
Come
si poteva raccontare l’impossibile?
S’accese
un’altra sigaretta, dopo essersi sistemata alla meno peggio con la schiena
contro il freddo ferro battuto mentre il vento, lì, in cima al Daily Planet l’avvolgeva come un gelido manto.
YURI LUCIA
Presenta :
SUPERMAN
YEAR ONE
THE CHILD OF TOMORROW
N 1
From tomorrow ….
I
KANSAS -30 ANNI PRIMA DEGLI EVENTI NARRATI
Martha
Clark guardò torva Jonathan Kent che, fingendosi intento alla guida, la
ignorava sperando di evitarne la rabbia, ormai trattenuta a stento.
“Piante
esotiche ?!
Questo hai detto a tuo padre? Quanto credi che ci metterà a capire di
cosa si tratta? È amico dello sheriffo e, tenendo
conto della sua morale di ferro, ci farà finire al fresco tutte e due!”
Pronunciò quelle parole con esasperato timore.
“Martha,
stiamo parlando di mio padre,” tentò
di calmarla Jonhantan,” un uomo che, per quanto lo ammetto, è un po’ bigotto, non farebbe
mai del male ai suoi famigliari.”
“Tua
madre però non la pensava così!” Insistette lei.
“Quella
è un’altra faccenda. Papà aveva un problema e tu lo sai. È stato un alcolista
per alcuni anni ed è capito che perdesse il controllo.”
“Picchiava
tua madre di santa ragione, Jon! Cristo, è un
miracolo che sia sopravvissuta! Da quello che racconta lei, tuo padre era una
furia!”
“Poi
però è divenuto un uomo di fede.”
“Appunto.
Come tutti quelli che hanno una dipendenza, ha sostituito la sua con un’altra!
Ci denuncerà. Ci darà in pasto agli sbirri! Gesù, mio padre non me lo perdonerà
mai!”
“Intendi
che la prenderà peggio del nostro matrimonio a Las Vegas?” Jonhatan
tentò di rabbonirla con uno dei suoi sorrisi ma stavolta lei sembrava
insensibile al suo fascino.
“Jon, ti prego. Se mio padre scopre che siamo trafficanti di
droga …”
“Non
esagerare, Martha! Si tratta solo di qualche piantina …”
“Jon hai allestito una serra piena di maledetta marjuana!”
“All’inizio
eri favorevole anche tu!” Protestò piccato. Evitò per un soffio un porcospino
che aveva deciso di attraversare la strada proprio mentre stavano
sopraggiungendo loro. Aveva buoni riflessi Jon Kent e
questo fece la salvezza della bestiola. La strada, da poco riasfaltata,
tagliava in due una grande distesa adibita alla coltivazione del granturco e
del mais.
Le
piante non erano spuntate, visto che non era la loro stagione e quell’assenza
conferiva al panorama un aspetto desolato e vagamente sconfortante.
“Jon, avevo acconsentito perché pensavo avremmo avuto
qualche pianticella per fumare gratis e magari darne un po’ agli amici. Pensavo
volessi farci giusto qualche dollaro, quanto bastava per rientrare con le spese
di coltivazione!”
“Martha,
senti, Simon Marsh ai suoi tempi ha fatto fortuna con
questo tipo di affari. Aveva un’auto sportiva rossa fiammante, un bolide
europeo che faceva l’invidia di tutti e poté trasferirsi a vivere a New York,
come aveva sempre desiderato.”
“Salvo
poi morire ammazzato proprio per questioni di droga.”
“Vero
ma si trattava di coca, era entrato nel giro dei pesci grossi e l’hanno
mangiato ma non fu mai beccato per la storia della marjuana. Martha, so che sei
preoccupata ma cerca di capirmi. La fattoria sta andando a puttane. Le leggi
sull’allevamento e le tasse ci stanno ammazzando. Il grano che coltiviamo non è
sufficiente a pagarci tutte le spese e abbiamo bruciato quasi tutti i risparmi
per non farci portare via la casa dalla banca. Queste piantine, Martha, possono
darci una mano ad uscire da tutto questo. Voglio solo evitare di perdere tutto
quanto quello che abbiamo. Voglio solo tirare un po’ il fiato, tutto qui.”
“Tuo
padre le ha viste. Ha visto la serra. Anche ammettendo che non capisca di cosa
si tratti, potrebbe parlarne con i suoi amici e qualcun altro potrebbe capire.
Potrebbe parlare con tuo fratello Jerry e lo sai che Jerry capirebbe al volo.”
“Non
succederà. Jerry terrebbe la bocca chiusa.”
“Jerry
è un ex sbirro! Non terrà mai la bocca chiusa! Sarà lui stesso a portarti
dentro.”
“Sai
che faremo? Trasferirò la serra altrove e dirò al vecchio che l’ho
smantellata.”
“Sei
incorreggibile.”
I
due rimasero in silenzio per un po’, lasciando che le note di Sweet Home Alabama riempissero l’abitacolo.
Scoppiarono
a ridere quasi all’unisono. Una risata fragorosa, spensierata, un po’
incosciente forse.
“Allora
per te va bene?” Chiese Jonathan.
“Per
me va bene ma bada bene a non farci carcerare. Sai, non possiamo proprio
permetterci di finire al fresco ora,” sorrise divertita nel pronunciare quelle
parole.
“E
perché mai?” Chiese Jon.
Fu
allora che si scatenò l’inferno.
II
KANSAS – 48 ore dopo
“Devi
rimanere a letto, Jon.” A pronunciare quelle parole
con preoccupata premura era stata Sarah Kent, madre di Jonathan.
Il
figlio pareva intenzionato ad ignorare le richieste dell’angustiata genitrice e
tentò, ancora una volta, di rimettersi in piedi ma, poggiati che furono i piedi
sul freddo pavimento, scivolò malamente in terra.
“Infermieri!”
Chiamò allarmata Sarah.
Giunsero
un paio di ragazzi, entrambi volti noti alla donna. Uno era un cugino di
secondo o terzo grado di una sua cara amica, l’altro invece era stato compagno
di giochi proprio di Jon.
“Joseph?” Chiese incerta Martha.” Joseph Ross?”
“Proprio
io, signora. È un piacere rivederla, anche se non credevo sarebbe successo in
circostanze tanto disgraziate. Dammi una mano, Sully.
Tiriamo su questo mio vecchio amico.”
Jon
farfugliò qualcosa. L’aspetto che aveva non piacque molto a Joseph Ross ma questi preferì non pronunciarsi davanti alla
signora Kent. Voleva evitare di farla agitare più di quanto già non fosse.
Jonathan
Kent fece appello a tutte le sue forze e, riconosciuto il vecchio amico: “Jo’? Jo’ sei tu?”
“Certo.
Chi vorresti che fossi?” Scherzò lui per tentare di distrarlo. Aiutato dal
collega lo rimise sulla barella. I letti del piccolo ospedale della contea
erano tutti occupati ed i feriti meno gravi erano stati messi in barella o,
addirittura, in tende allestite dall’esercito e dalla Guardia Nazionale.
“Erano
grandi come palle da baseball…” cercò di spiegare Jonathan, come rispondendo
alla domanda di un invisibile interlocutore.
“Lo
so, lo hanno visto tutti.” Fece
comprensivo Ross. Vide subito che il braccio era
sporco di sangue che, a gocce, colava sulle lenzuola, macchiandole.” L’ago è fuori vena. Ormai è andata,” rivolgendosi al suo collega che
assentì,” prendine un altro, dobbiamo
riattaccarlo alla flebo.”
“Ti
prego,” stavolta Jon
si stava rivolgendo nuovamente a Joseph,”
lasciami vedere Martha.”
“Jon, ascoltami, tua moglie è ancora in sala operatoria. Non
puoi farci nulla. Devi aver fiducia e attendere pazientemente.”
Jonathan
Kent, per un istante, assentì e poi scoppiò in lacrime.
“Dormirà?”
Chiese Sarah Kent senza nascondere il suo strazio.
“Gli
abbiamo dato un leggero sedativo. Purtroppo non possiamo fare molto per i
dolori. Gran parte delle nostre scorte di antidolorifici si sono esaurite per
aiutare i pazienti più gravi. Jonathan è forte, una roccia e non è in
condizioni critiche. Ha un paio di costole rotte e una spalla fratturata. A
parte qualche taglio e livido sta bene,” tentò di rassicurarla Joseph.
“Jo’, ti conosco da quando eri un ragazzino. Tu e Jon siete cresciuti praticamente insieme. Siete come due
fratelli. Dimmi la verità. Martha? Martha se la caverà?”
Joseph
Ross si era aspettato quella domanda e, teoricamente,
non avrebbe potuto rispondere perché quel compito non spettava a lui.
“Hanno
dovuto rimuovere un versamento di sangue in zona cranica. Le è stata asportata
la milza per sicurezza e hanno dovuto chiuderle un paio di vasi. Probabilmente
avrà dei problemi a chiudere le dita della mano sinistra e potrebbe aver subito
un abbassamento dell’udito dalla stessa parte. Forse le servirà anche un
bastone per camminare i primi tempi ma sopravvivrà.”
Martha
si sentì sollevata.
“Signora
Kent, il Signor Kent è qui?”
“Eben sta pregando. Si è inginocchiato di fuori la cappella
dell’ospedale. Dentro non c’era posto visto che ci hanno messo un paio di
disgraziati rimasti feriti.”
“Capisco,” fece lui a disagio,” però c’è una cosa di cui avrei voluto
parlare a tutti e due. Lei è qui, ora e forse e meglio che intanto inizi con
lei. Deve promettermi però che non si lascerà scappare con i medici che l’ho
messa al corrente di questa notizia. Avrebbero dovuto già venire da voi ad
informarvi ma sono oberati di lavoro. Signora Kent, Martha era incinta.”
Per
diversi istanti la minuta Sarah Kent rimase in silenzio.
“Di
quanto?”
“Un
paio di mesi. Ha perso il piccolo.”
“Jon è meglio che non lo sappia, almeno fin quando non sarà
in condizioni di sopportare questa notizia.”
“La
penso anch’io così.”
Joseph
Ross prese congedo da quella piccola donna che però
aveva dimostrato di possedere un carattere d’acciaio.
Del
resto era da lei che Jonathan aveva ereditato la sua tempra e quel nomignolo
con cui lo chiamavano tutti alle superiori: l’uomo d’acciaio.
“Due
mesi?” Eben si segnò velocemente.
“Jonathan
ancora non sa niente. Sono convinta che per il momento sia meglio così.”
“Sicura
che non sapesse che la moglie fosse incinta?”
“Non
ha fatto domande sul piccolo. Solo su Martha. Credo non lo sapesse. I Clark
hanno chiamato più volte, me l’ha detto Patricia Sullivan.”
“Patricia
Sullivan?”
“Le
ho chiesto di dare un’occhiata alla nostra casa, per via degli sciacalli.”
“Quali
sciacalli?”
Eben
aveva l’aria stralunata. Sarah ricordava bene, invece, quando quell’uomo
dall’apparenza mite e un po’ ingenua, era preda della febbre del bere.
Ricordava bene i suoi insulti, gli improperi, le bestemmie e più di tutto i
ceffoni, i pugni sulle reni, le mani alla gola.
Avrebbe
voluto prendergli la testa e sbattergliela più e più volte contro il muro, fino
a ridurla una poltiglia. Era rimasta con lui per amor della famiglia, non certo
suo ed ora doveva ancora una volta ingollare l’odio ed il risentimento.
“La
città brulica di disgraziati e delinquenti accorsi dalle contee vicine per
arraffare tutto quello che possono. Il caos, i negozi e gli appartamenti
abbandonati sono una vera manna per queste persone. Ho chiesto a Patricia e a
suo marito di dare un’occhiata a casa nostra, nel caso qualcuno pensasse di
farcisi un giretto. Ora il vero problema è Martha. Jon
è fuori pericolo, me l’ha detto Joseph Ross.”
“Joseph
è qui?”
“Ha
trovato un lavoro come infermieri qui ed è tornato a casa sua.”
Eben
si fece meditabondo. “Forse è un segno di
Dio. Forse non è accaduto tutto per caso. Il bambino che ha perso Martha, questo
flagello abbattutosi sulle nostre teste. Forse fa parte del piano
dell’Onnipotente,” non esternò nessuno di quei pensieri. Sarah non avrebbe
capito. Non lo faceva mai. Lo odiava e lo sapeva. Lei pensava fosse stupido ma
non lo era. Lo odiava per il peccato in cui era vissuto in passato. Lo odiava
perché il bicchiere era stato il suo miglior amico, perché l’aveva tradita con
donne di malaffare e perché, alcune volte, l’aveva percossa.
Sarah
non conosceva il perdono e lui provava pietà per lei, per il peccato dell’ira,
di cui si macchiava quotidianamente. Pregò silenziosamente per lei e poi, in
pochi istanti, prese una decisione.
III
Kansas – 42 giorni dopo
Il
lago Perry pareva avvampare sotto le luci del sole che, alto e fiero, brillava
con vigore quel giorno. Da dove si trovavano, sia Jon
che Martha potevano ammirare le boscose rive che facevano part del parco
Longview, un magnifico spettacolo di verde che si stagliava sopra acque
cristalline.
Per
un po’ non dissero niente.
“Tuo
padre insiste perché lo facciamo.”
“Tu?
Lo vuoi?”
“Siamo
sopravvissuti all’apocalisse.”
Jonathan
meditò su quelle parole. “ Già, sembrava davvero che il mondo stesse per
finire.”
“Chicchi
di grandine come non se ne erano mai visti. Venti che soffiavano così forte da
scoperchiare i tetti delle fattorie, quasi si fosse levato un uragano senza
preavviso. Fulmini che si abbattevano tre, quattro volte nello stesso punto.
Eppure siamo entrambi vivi,” e nel dirlo Martha continuava a fissare gli alberi
in lontananza.
“Forse
ha ragione mio padre. Forse i miracoli esistono.”
“Dovrei
essere morta. È come se lo fossi, per certi versi. Mi sento incompleta, Jon. Mi sento defraudata di qualcosa.”
“Allora
vuoi farlo?”
“Se
non sono sopravvissuta per questo, per cosa sarei sopravvissuta? Il destino
gioca strani tiri, non credi? Io ho perso …”
esitò diverse volte e alla fine rinunciò a pronunciare quelle parole,
limitandosi a portare entrambe le mani al grembo,” e lui invece ha perso i suoi genitori.”
“Da
quello che ci hanno detto è meglio così.”
“Non
dirlo Jon. Non dirlo mai. Erano la sua famiglia, la
famiglia con cui avrebbe avuto tutto il diritto di crescere, buona o meno che
fosse. Loro avevano diritto ad avere una possibilità con lui ed invece hanno
avuto solo morte. Possiamo essere noi quella famiglia per lui. Possiamo essere
i suoi genitori.”
Jon
non sapeva se dire o no quello che covava dentro da quando gli era stata
prospettata quella possibilità. Decise di tacere. Si dette del codardo ma non
riuscì a farlo, non voleva arrecare dolore a Martha alimentando dei dubbi. In
fondo, si diceva, avevano ragione suo padre e sua moglie: loro potevano essere
felici tutti e tre insieme.
Henry
Clark e sua moglie Willa erano visibilmente a disagio lì, nella fattoria dei
Kent.
L’anomala
tempesta che aveva investito quella regione del Kansas l’aveva risparmiata.
Altre fattorie si trovavano in stato disastroso o completamente rase al suolo,
anche se l’aspetto della vecchia fattoria, ormai malandata e piegata dal tempo,
non era certo dei migliori. L’ambiente era rustico e spoglio e rifletteva le
condizioni economiche della famiglia Kent.
La conta dei morti, a più di un mese di
distanza, non si era interrotta perché rimanevano ancora diversi ‘dispersi’.
I
militari setacciavano la zona, insieme agli uomini della Guardia Nazionale e ai
pompieri delle varie contee. Il lago Perry era una riserva idrica delle Forze
Armate ed essendovi nei dintorni diverse basi, l’esercito era potuto
intervenire prontamente anche se questo non aveva cambiato di molto la
situazione, vista la subitaneità con cui la sciagura s’era abbattuta in
quell’angolo di Kansas. Le contee di Jefferson, Jackson e Osage erano state
pesantemente martoriate da quella che era stata definita un’improvvisa
apocalisse climatica.
“Mi sembra una pazzia”, disse infine Henry,
incapace di tenersi per sé quel pensiero solo un minuto di più. Il suo sguardo
incontrò quello ostinato e fanatico di Eben Kent, un
uomo che non gli era mai piaciuto.
“Perché
mai? Perché i nostri figli hanno l’occasione di essere felici dopo il lutto che
hanno vissuto?” fu la vibrante e risentita risposta del fattore.
“Vi
prego, non ricominciamo da capo”, a intervenire nel tentativo di stemperare
quell’ostilità era stato Jerry Kent, il figlio minore di Eben.
Henry
fece una smorfia di insofferenza ma accettò suo malgrado quella tregua imposta.
Jerry
aveva un certo ascendente su di lui. L’unico membro di casa Kent, a parte
Sarah, ad essergli mai piaciuto.
“Come
contate di sistemare tutte le pratiche legali? Sapete che le adozioni non sono
semplici. C’è tanta di quella burocrazia da aver scoraggiato più di una
coppia,” Willa Clark aveva soppesato bene le parole e soprattutto il tono con
cui erano state pronunciate. Non voleva litigare con i Kent ma aveva più di un dubbio
che le rodeva dentro.
“Lo
sceriffo Parker è un mio buon amico,”
sostenne con forza Eben,” siamo stati compagni d’armi. È un uomo retto, d’onore ed un buon
cristiano. Si è proposto di darmi una mano. Il Sindaco Potter è maritato alla
sorellastra di mio padre. In questo posto i legami famigliari contano ancora,” affermò soddisfatto,” ed anche il Dottor Whitney
è dalla nostra parte.”
Henry
corrucciò un sopracciglio e subito Jerry si affrettò a sussurrargli, “ è un
membro della chiesa di mio padre”.
“L’ultima
parola spetta ai ragazzi”, era stata Sarah Kent a pronunciare quelle parole.
La
donna fissò a lungo il marito, mettendolo a disagio. Su quel punto era stata
perentoria. Una volta che Martha avesse deciso, Eben
avrebbe dovuto astenersi dal parlare nuovamente di quella vicenda.
Proprio
in quel momento la porta di aprì. Jonathan e Martha erano tornati dal lago
doveva erano andati per meditare sulla faccenda dell’adozione.
Martha
aveva gli occhi umidi e le tremavano le mani per l’emozione.
IV
Kansas – 12 giorni dopo
Jonathan
Kent stava cercando di rimettere in ordine la sua vecchia collezione di dischi.
“Creedence Clearwater Revival?” Chiese Henry Clark entrando
nella sua stanza.
“Non
sono di tuo gradimento?” Rispose ironico Jon, senza
voltarsi a guardarlo.
“Al
contrario, mi piacciono molto.”
“Non
l’avrei mai detto.”
“Ci
sono molte cose che non sai di me.”
Jonathan
sospirò, si voltò verso di lui con l’intenzione di affrontarlo e disse infine:
“So
per certo che non ti sono mai piaciuto.”
“Questo
è vero”, fu la placida ammissione di Henry, pronunciata con tale calma e
franchezza da provocare in Jon un moto di antipatia
nei suoi confronti.
“Non
cerchi nemmeno di nasconderlo”, fu quasi un risentito rimprovero nei confronti
del suocero.
“Stai
pensando di vendere i tuoi vinili?” L’improvviso cambio d’argomento spiazzò Jon che impiegò qualche istante a rispondere. “ Non ho
tutto lo spazio che vorrei ed è solo un peccato che stiano qui a prendere
polvere. Terrò solo i pezzi a cui sono più legato e venderò gli altri. Dovrei
ricavarci qualche dollaro.”
“Sarei
disposto a prendermi i Creedence, i The Band, i Grand Funk Railroad e gli Allman Brothers Band”, affermò serio dopo essersi fatto d’appresso
a Jon e aver dato un’occhiata ad alcuni pezzi.
“I
Creedence non sono in vendita e nemmeno gli Allman Bothers, per gli altri
parliamone.”
La
vecchia camera di Jon e Martha era piuttosto piccola,
disordinata, il vecchio e rovinato
mobilio ricoperto da polvere. Su uno scaffale costruito e montato alla meno
peggio stavano i libri di Martha.
Henry
provò una stretta al cuore nel vederli. I testi per la facoltà di legge che lui
le aveva comprato alcuni anni prima.
“Ti
sei mai chiesto perché non mi piaci?”
“Perché
sono un agricoltore, figlio di un povero agricoltore e non il grande avvocato
che speravi tua figlia sposasse un giorno”, fu la dura replica di Jon.
“Sei
un totale cretino”, fece Henry continuando ad osservare quei libri.
“Prego?”
Jon si sentì punto sul vivo e per più di qualche
secondo pensò di colpire l’altro in pieno volto con un pugno.
“Il
fatto che tu sia un contadino non è mai stato un problema. Nemmeno il fatto che
tu venga da una famiglia di contadini mi ha mai disturbato. Questa è una tua
convinzione.
Avrei
preferito che Martha sposasse Jerry, se proprio lo vuoi sapere.”
Quella
rivelazione lasciò Jon senza parole. “Che vuoi dire?”
trovò alla fine la forza di chiedere.
“Per
fortuna almeno mia figlia Naomi ha scelto bene sposando tuo fratello minore. Sai
qual è la differenza tra te e Jerry?”
“Jerry
è dei due quello con la testa sulle spalle. È sempre stato così.”
“Jerry
si assume le sue responsabilità, Jonathan. Ricordo la prima che, vinte le
paure, Martha ti portò in casa. Ricordo che decisi di darti una possibilità e
stetti ad ascoltarti tutto il tempo, con grande attenzione. Quello che mi stupì
di te non era tanto il fatto che avessi continuamente da lamentarti per
qualcosa ma che la colpa dei mali che dicevi ti affliggevano fosse sempre di
qualcun altro. Tuo padre, la tua famiglia, il Governo locale e quello Federale,
i complotti dei massoni-capitalisti, passando per una sfilza di nomi lunga da
qui alla capitale. Non ti ho mai, dico mai, sentito dire anche solo una volta
che tu stesso eri causa, almeno in parte, dei tuoi guai.”
Jon
sentì un misto di rabbia e vergogna agitarglisi dentro e tentò di difendersi: “
non ho mai voluto scaricare sugli altri le mie responsabilità! Non ho mai
chiesto niente a nessuno!
“E
no!” Scattò indignato Henry, con tale
foga da lasciare l’altro senza parole.”
Forse è vero che non hai mai chiesto nulla agli altri ma non hai neanche
chiesto che non facessero nulla! Martha mi chiese di finanziare quel tuo garage
ed io, per amor suo, acconsentii. Come andò a finire? Il garage chiuse dopo
nemmeno sei mesi perché non eri stato capace a gestire gli affari! Martha
lasciò il college per quella storia …”
la voce tremò, venata da risentimento e dolore, non riuscì a terminare la frase
perché ancora quel ricordo per lui era doloroso,” rinunciò a laurearsi in legge e dopo che le avevi rovinato la
vita, anziché lasciarla in pace, ti mettesti in testa di portarla a Las Vegas
per sposarla! Lo facesti contro il parere di tutti, persino dei tuoi genitori.
Non ti interessò il parere di nessuno, peggio ancora non ti interessò nemmeno
se stavi o no facendo la cosa migliore per la donna che amavi! Tornasti a
vivere qui, nel Kansas, portandoti dietro Martha che ti ha seguito solo per
amore, infilandola a vivere in una piccola contea dimenticata da Dio, dove per
lei non c’erano possibilità lavorative, per farne la tua moglie dei sogni! Solo
e nuovamente per lei vi ho aperto un negozio di ferramenta ma tu, ad un certo
punto, hai deciso che un lavoro del genere non faceva per te. Avevi i tuoi
sogni, eh? Così hai pensato di subentrare ai tuoi genitori al controllo della
fattoria. Vedi? A Jonathan Kent basta fare ciò che crede giusto. Il resto non
conta assolutamente. Gli altri, non contano. Nemmeno tua moglie. Ti sei
svegliato una mattina e hai deciso di aver riscoperto le tue origini contadine,
quando per anni non avevi fatto altro che disprezzarle e prenderne le distanze.
Le hai mai chiesto quali fossero i suoi sogni? Ti sei mai interessato di cosa
Martha volesse veramente?”
“Lei
mi disse che era d’accordo con me!” tentò di difendersi Jon.
“E
tu le hai creduto? Non hai mai pensato che potesse averlo detto solo per te?
Solo per non abbandonarti e lasciarti da solo?”
Jon
si sentiva stordito. Portò una mano alla fronte e con voce tremante: “Mi
dispiace, Henry. Non ho mai voluto far del male a tua figlia. La amo. La amo
davvero. Morirei per lei e se lei mi volesse abbandonare, se lei pensasse
davvero che per lei sono un peso o che le ho rovinato la vita, lo accetterei,
senza batter ciglio”;
“Sono
convinto che tua sia sincero,” ammise
Henry,” sono convinto che tu creda
davvero in tutto quello che hai detto è che l’amore che nutri per Martha sia
vero. Però non crogiolarti in esso, non essere sicuro che un domani mia figlia
non rimpianga qualcosa, qualcosa che ha sacrificato per te. L’hai portata qui, Jon. Ora sarete genitori. Non sono d’accordo con questa
faccenda. Mi sembra una follia campata in aria e, con tutto il rispetto, tuo
padre Eben non è la persona più razionale di questo
mondo. Probabilmente sono ammattito
anch’io perché se fossi ancora sano di mente dovrei denunciarvi tutti.
Invece non sto muovendo un dito mentre tuo padre va avanti in questa storia
pazzesca. Non dubito che stia pensando di agire per il bene ma tu e mia figlia
state decidendo spinti dal dolore che state vivendo. Lo capisco. Non credermi
disinteressato a quello che vi è capitato. So che anche tu stai soffrendo, Jon. Tuttavia continuo a credere che stiate facendo un
passo falso. Però quello che credo io non conta. Conta che ora, Jon, tu impari ad assumerti le tue responsabilità.
Sarai
un padre ed è questo che fanno i padri.”
Henry
fece qualcosa che Jonathan non si sarebbe mai atteso. Poggiò con delicatezza
una mano sulla sua spalla.
“Henry,
farò di tutto per essere un buon padre. Farò di tutto per essere un marito
migliore.”
Il
suocero non aggiunse altro, limitandosi ad assentire e poi imboccò l’uscita.
V
Kansas – 6 mesi dopo.
Il
piccolo Clark pianse e allora il cuginetto, Harry, gli porse il suo giocattolo.
Le lacrime di Clark si fermarono quasi immediatamente e, ridendo, preso il balocco
dalle mani dell’altro.
Martha
e Naomi sorrisero entrambe nel vedere i loro figli giocare insieme così bene.
“A
Clark fa bene ricevere le vostre visite e passare del tempo con Harry.”
“Dovreste
pensare seriamente a trasferirvi,” disse con franchezza Naomi.
“Vorrei
ma Jon non se la sente. Non vuole abbandonare la
fattoria della sua famiglia. Dice che è costata troppo sudore e lacrime ai
Kent. Da una parte lo capisco ma ormai questa contea è morta. Sono rimasti in
pochi dopo il disastro.”
“Il
Presidente aveva detto che sarebbero stati destinati diversi fondi per la
ricostruzione.”
A
quell’affermazione Martha sorrise amareggiata: “l’hanno detto per mesi e
l’hanno detto anche a noi ma al momento la Nazione è impegnata a sostenere
diverse piccole guerre e a fare i conti con altre calamità naturali che si sono
abbattute, anche se meno intense, sul Paese dopo quanto capitato a noi.”
“L’era
glaciale istantanea! Il disastro del Kansas!” Disse con triste enfasi Naomi.
“Non
posso ancora crederci. Sembra che tutto sia successo in brutto sogno”, Martha
sentì un tremore diffondersi lungo le braccia, sino alle mani.
“Tu
come stai?” Chiese Naomi preoccupata per la sorella.
“Ho
ancora gli incubi. Di tanto in tanto mi risveglio madida di sudore e Jon dice che nel sonno, delle volte, piango. Per fortuna
ora nelle nostre vite c’è Clark. Non so dove sarei finita senza di lui.”
“Clark!” Fece sorridendo divertita Naomi.” Che idea usare come nome di battesimo
il cognome della nostra famiglia d’origine. Non fraintendermi, non che sia un
brutto nome! Magari se non lo avessimo chiamato Harry e non ci aveste già
pensato noi avrei chiamato nostro figlio Clark.”
“Si,
è un’idea bizzarra per alcuni ma a me piaceva. È nostro figlio e a lui
trasmetteremo tutto ciò che siamo, insieme alle nostre esperienze e ai nostri
sogni. In un certo senso simboleggia l’unione delle nostre famiglie, quella di Jon e la mia. Le famiglie hanno avuto un ruolo importante
per entrambi.”
“Jerry
non è così legato alla sua famiglia.”
Ammise Naomi.” Va meno d’accordo con Eben persino di quanto non ci vada Jon.”
“A
proposito? Come sta andando l’azienda?”
“Bene!
Jerry è un mago dei computer, lo sai. Ha sviluppato un nuovo software per la
contabilità ed ha ottenuto dei contratti importanti con un paio di aziende
importanti. So che gli manca fare il poliziotto. Amava quel lavoro ma lo stava
distruggendo. Metà dei suoi colleghi era corrotta e quando la mattina tardava a
tornare dal turno di notte mi sentivo morire. Non riuscivo a chiudere occhio e
pregavo in continuazione. A lui mancherà pure fare il poliziotto ma, resti tra
noi, sono felice che sia finita. A me non mancherà per niente, anche se era
terribilmente sexy in quella sua divisa blu!” fece un occhiolino d’intesa alla
sorella ed entrambe risero.
“Sono
felice per voi.”
“Sono
felice anch’io.”
Le
due sorelle si scambiarono un sorriso affettuoso mentre i rispettivi figli
giocavano nel box ma un’ombra passò sul viso di Martha.
“Cosa
ti preoccupa?” Chiese sua sorella Naomi.
“La
storia dell’adozione. Eben è stato evasivo con tutta
la faccenda. Se non fosse che di mezzo c’è il Dottor Whitney
avrei il timore che il bimbo è …”
“Stato
rapito?” Naomi aveva dato voce al dubbio che da tempo assillava Martha ma che
questa non riusciva ad esprimere ad alta voce.
“Si”,
ammise con riluttanza, dando un’occhiata al suo bambino quasi a sincerarsi che
non la stesse ascoltando. Il piccolo Clark continuava a giocare spensierato con
il cuginette Harry.
“Sei
stata all’istituto dove Clark si trovava,”
osservò Naomi che in realtà più che fugare i dubbi di sua sorella cercava di
esorcizzare i suoi,” hai parlato con
loro ed il Dottor Whitney ti ha dato la sua personale
assicurazione che tutto è legale. Credi che il sindaco Potter si sarebbe
interessato della vicenda se ci fosse qualcosa di losco dietro?”
“Potter
non è di per sé una garanzia di legalità. Tutti sanno che del fatto che anni
dietro usò la sua influenza per coprire il cugino che gestiva un giro di
prostituzione. So che è stato un rispettabile professore universitario un tempo
ed ora è un devoto servo di Dio,”
pronunciò quelle ultime parole con malcelata ironia,” frequenta la stessa chiesa di Eben e
del Dottor Whitney ed è sposato con una sorellastra
del nonno di Jon. Eppure non è proprio il tipo di
persona che ispiri fiducia, sarà per quella sua aria strampalata.”
“Un
giro di bambini rapiti però è una cosa ben diversa”, osservò Naomi senza però
riuscire a domare l’inquietudine che provava dentro di sé. La famiglia Kent era
da generazioni segnata da luci ed ombre, solo Jerry sembrava distinguersi da
loro. Aveva ripreso da sua madre, Sarah e alla prima occasione si era
distaccato da quel clan che per sua natura aveva sempre cercato l’isolamento
rispetto al mondo circostante. “Eben sarebbe capace di
qualsiasi cosa,” le aveva risposto suo marito quando Naomi, in privato,
aveva manifestato le sue riserve su quella storia.
Tuttavia
persino a Naomi sembrava ridicolo ed eccessivo il sospetto che Clark fosse un
bambino rapito o magari comprato in qualche paese sud-americano. Eppure non
riusciva a togliersi quel capace di
qualsiasi cosa dalla mente. Jerry rispettava i suoi genitori ma se ne
teneva distanza, specialmente da Eben. Non aveva
coltivato nemmeno un gran rapporto con Jon, con cui
era quasi sempre in disaccordo, sebbene non nascondesse di provare affetto per
il fratello seppur definito da lui come inguaribile
irresponsabile egoista. Naomi avrebbe voluto far qualcosa per calmare
l’inquietudine della sorella e si pentì di averla assecondata nell’argomento.
La perdita di un figlio era qualcosa di straziante per una madre, anche se
Martha era solo alle prime settimane di gravidanza. Le lesioni riportate a
seguito dell’incidente avevano spinto i medici a raccomandarsi di non avere
figli, per la sua stessa incolumità.
La
notizia aveva devastato lei e Jon. L’adozione
sembrava averla risollevata dalla depressione in cui inizialmente era caduta.
Eben
non poteva essersi macchiato di un crimine rivoltante come quello di
immischiarsi con il traffico dei bambini, per quanto potesse essere forte il
desiderio di aiutare il figlio e la nuora.
Se
lo ripeté più volte mentalmente mentre osservava il bimbo dai capelli neri e
dagli occhi blu giocare con suo figlio.
VI
Kansas, fattoria Kent – Cinque giorni dopo
Il
Dottor Whitney rassicurò i coniugi Kent con il suo
grande sorriso ed i modi pacati che lo contraddistinguevano da sempre. Il
Dottor Whitney aveva rassicurato un’intera comunità
agricola e di allevatori nello stesso modo, per almeno due generazioni.
“Può
succedere,” aveva detto,” il colore degli occhi dei bambini
cambia. Nascono con gli occhi azzurri, ad esempio, salvo poi vederli virare
verso un colore più scuro come il marrone o il nero. Lo stesso vale per i
capelli. Sapeste quante teste bionde ho visto divenire del colore della pece!”
Lo disse con una certa dose di noncuranza e condiscendenza, quasi stesse
rassicurando una coppia di genitori che un po’ di influenza fosse del tutto
normale per un bambino, qualcosa di inevitabile e persino naturale.
“Ma
il bambino ha 6 mesi,” osservò Jon preoccupato,”
e se posso accettare che gli occhi si siano scuriti, non ho mai sentito di
capelli neri che diventino biondi!”
“D’accordo,
è insolito che sia accaduto ora,”
ammise il dottore,” e può essere
curioso che sia accaduto che i capelli da neri siano divenuti biondi ma il
bambino sta bene. Guardatelo, è in perfetta salute! Mi ha fatto un sorriso da
divo il marmocchietto e per quanto mi riguarda credo sia inutile sottoporlo ad
analisi e visite specialistiche che, detto tra noi, costano parecchio e che non
evidenzierebbero nulla. Jon, Martha, siete una coppia
giovane e questo figlio per voi, lo so bene, rappresenta tanto. Però non
fissatevi su qualcosa che alla fine non è fondamentale per il benessere della
vostra creatura”, Whitney era stato persuasivo, come
sempre ed i due si convinsero che forse aveva ragione e non c’era nessuna
ragione di sottoporre Clark ad una serie di visite che non potevano
permettersi.
Eppure
Jon e Martha conservarono una sorta di inquietudine
nascosta nel cuore, qualcosa che si sarebbero sempre portati dietro. I bambini,
dal giorno della loro nascita, cambiavano velocemente. Clark aveva circa due
mesi da quando lo avevano adottato eppure, qualcosa era cambiato anche nel suo
aspetto, in modo forse appena percettibile ma, se qualcuno glielo avesse
chiesto, i coniugi Kent avrebbero detto che non era lo stesso che avevano
adottato, pur sapendo che questo era del tutto impossibile.
Jonathan
osservò con attenzione Clark e dovette dar ragione a Whitney.
Aveva un sorriso che conquistava. Il piccolo allungò la mano verso il pollice
che lui gli protendeva per afferrarlo.
Era
bello. Capelli neri o biondi, occhi blu o neri che fossero, rimaneva un bambino
bellissimo. Anche la pelle, notò, aveva cambiato leggermente gradazione nella
colorazione. Rifuggì da quelle considerazioni. Clark rideva, mangiava e dormiva
come ogni altro bambino sulla faccia della terra, eccezion fatta che era suo.
Suo e di sua moglie.
Martha
nutriva dei sospetti sulla provenienza di Clark. Non glielo aveva detto
chiaramente ma conosceva sua moglie e sapeva cosa le si agitava nella testa.
Preferiva che fosse lei a prendere l’argomento, quando si sarebbe sentita
pronta, per questo lui non le aveva detto niente.
Possibile
che Eben si fosse rivolto a qualche strano giro per
ottenere quel bambino?
Forse
era una cattiva persona a non dare troppa importanza alla cosa, si disse, ma
quel figlio gli aveva rivoluzionato la vita e, per la prima volta, da anni, si
sentiva in pace con sé stesso.
Clark
era quello che aveva sempre voluto dalla vita.
“Benvenuto
tra i Kent, stella mia,” sussurrò
quelle parole per non svegliare Martha,”
ora sei qui e questa sarà sempre casa tua e noi, saremo sempre ma’ e pa’ per te. Ora sei un frugoletto delizioso ma crescerai e
diverrai un bel giovanotto. Io e la mamma ti daremo una mano a crescere e farò
in modo che tu diventi una brava persona, onesto e leale, non come tuo padre.
Voglio passarti solo il meglio di me, non i miei difetti.” Per Whitney era normale che il bambino
avesse cambiato il colore di occhi e capelli ma per Jon
era un segno, perché aveva preso il colore dei capelli suo e gli occhi scuri di
Martha.” Qualcuno ha voluto che ti
sentissi a completo agio tra di noi, piccolo mio, magari il tuo angelo custode,” si sorprese nel dire quelle parole,
lui che prima di quel momento non era mai stato un credente e che aveva
rifuggito in ogni modo le messe a cui il padre, con fastidiosa insistenza, lo
invitava a partecipare,” e noi faremo
sempre in modo che sia così”, dette un delicato bacio al suo bimbo che tornò a
concentrarsi sul suo succhiotto e si discostò un po’ da lui guardandosi il
dito.
Era
tutto arrossato e un po’ dolorante. Il bambino aveva una stretta formidabile.
Sollevò un sopracciglio sorpreso ma per nulla spaventato dalla cosa. Sorrise
pieno di orgoglio, pensando che magari con quella presa sarebbe divenuto un
ottimo giocatore di football. Un vero campione.
Continua