Yuri Lucia

 

 

 

Presenta :

 

 

YEAR ONE

 

L’azione fu rapida e veloce.

“Sembra un PKM.” Affermò sicuro Mr.Brown.

“Complimenti per l’orecchio.” Fece con sincera ammirazione Malone, la HK P30 davanti a sé.

Per qualche istante i due studiarono reciprocamente i rispettivi profili lì, nella penombra dietro al grande bancone dove avevano entrambi trovato rifugio.

“Ha finito le munizioni.” Sussurrò Brown. Entrambi sapevano che da lì a pochi secondi l’uomo avrebbe inserito un nuovo nastro nell’arma. Agirono con decisione ed un sincronismo quasi perfetto. Quando il russo acquisì il nuovo bersaglio, un proiettile lo colpì al nervo brachiale provocando il rilascio del braccio.

“MERDA!” Esclamò con il suo pesante accento. Spalle al muro scivolò in terra mentre la coppia al servizio della Mafia locale lo teneva sotto tiro.

“Non hai temuto che lo lasciassi impallinarti per bene?” Stuzzicò Mr.Brown con un sorriso cattivo sul volto.

“Certamente, ammise senza difficoltà Matches Malone,per questo, mentre facevo da esca, mi sono curato di tenerti bene sotto tiro. Al primo proiettile che m’avesse colpito, te ne avrei piantato uno io in testa.”

“Allora meno male che mi son comportato da gentiluomo.” Una caccia ben riuscita metteva sempre di buon umore il solitamente glaciale Brown, che si concesse di scherzare con il collega. Malone era un vero professionista, uno con le palle, si disse, e non poteva certo dire che lavorare con lui fosse sgradevole, nonostante i sospetti che nutriva sul suo conto.

I suoi uomini gli avevano riferito d’un incontro tra Malone e Muscianisi, l’uomo d’oro d’Arganese.

Le cimici erano state messe solo poche ore prima nell’ufficio di Masucci e ancora non ne era emerso niente anche se risultava una curiosa serie di acquisti on-line eseguiti con carte di credito intestate al boss. Che Malone sapesse qualcosa? Che stesse pensando di cantare? Magari spinto dal senso dell’onore che lo legava alla Seduta.

“Dici che ci dirà qualcosa di utile?” Chiese Matches mentre gli puntava l’arma alla testa.

“Sono ossi duri questi russi ma in un modo o nell’altro parlerà. Sono curioso però di sapere se tu ti deciderai a farlo. Con la coda dell’occhio colse un cedimento nell’impassibile espressione che di solito era dipinta sul volto dell’uomo e se ne compiacque. Forse stava azzardando troppo ma di contro c’era la possibilità di concludere rapidamente quella storia. Che mi dici, eh Malone?”

“Perché non parli chiaro?” Tagliò corto l’altro, con i suoi soliti modi spicci.

“Vorrei che mi raccontassi della tua chiacchierata con Muscianisi.”

Malone fulminò con lo sguardo Brown: “Mi hai fatto seguire?”

“L’avresti fatto anche tu al posto mio.”

L’affermazione non parve mitigare lo scorno del braccio destro di Masucci. “Quel proiettile dovrei piantartelo ora in mezzo agli occhi, brutta testa di cazzo.”

“Sarebbero i miei ragazzi poi a doverti accoppare.”

“Me ne andrei con il sorriso sulle labbra.” Pronunciò quell’affermazione come se fosse stata una sfida.

“Faresti prima a parlarmi della tua chiacchierata con Muscianisi e spiegarmi perché non è venuto a riferircela subito.”

“Perché a differenza di un pezzo di merda come te, entrambi gelarono sul nascere quello che era parso un tentativo del loro prigioniero di fare un gesto improvviso. L’uomo, una mano sulla testa, l’altra a penzoloni, strinse i denti per il dolore, conosce il significato della parola onore. Era un colloquio privato ed informale.”

“Non esistono né colloqui privati, né tanto meno informali nel nostro lavoro. È un lusso che non ci spetta e dunque non dirmi stronzate.”

Malone parve sul punto di spezzarsi, pensò Brown. Doveva essere dura per uno come lui tradire la fiducia di chi reputava suo pari ma, alla fine, cedette e, dopo essersi appartati, i due ebbero un lungo ed intenso colloquio.

 

 

 

 

 

BATMAN

( Creato da Bob Kane e Bill Finger)

 

In the Begin

 

Di Yuri Lucia

 

N.4

 

… rise.

 

 

I Ghotam City, Stato di New York, Gotham Majestic Theater, Rotterdam Street – 20 Anni prima dei fatti narrate, 4 Novembre.

 

 

La serata era di quelle che piacevano all’aristocrazia gotamita, che poteva illudersi di vivere ancora nei fasti del passato, quando potenti finanzieri appartenenti a poche, privilegiate famiglie, governavano il mondo tenendo saldamente in mano il timone dell’economia del Paese e di decine e decine di altre nazioni.

I lampadari carichi di cristalli pendenti spandevano ovunque la propria luce, uomini e donne in elegantissimi abiti da sera conversavano amabilmente di nulla, mentre attendevano che le porte del sala fossero aperte. Intorno ai tavoli del buffet, apparecchiati con candide tovaglie, offerto dal teatro per ingannare l’attesa, ronzavano i potenti di quell’angolo di mondo, la cui influenza era stata ridimensionata da tempo ma il cui orgoglio rivaleggiava con quello dei propri avi.

Danzavano vociando sui pavimenti di marmo tirato a lucido, formando piccoli capannelli dediti al pettegolezzo, al dileggio o a banali conversazioni di circostanza.

Bruce strinse la mano della madre, presa da un allegro scambio di battute con una vecchia amica che non vedeva da tempo. Si guardò intorno, cercando lo sguardo rassicurante del padre ma lo intravide intrappolato tra le maglie di colleghi e partner in affari che discutevano animosamente di tassi d’interesse, ricapitalizzazioni, azioni, buoni del tesoro e tante altre cose di cui il piccolo Bruce Wayne, dieci anni, non riusciva a capire molto.

Riuscì solo a cogliere, tra i sorrisi di circostanza, uno sguardo carico di genuina paura. La paura aveva imparato a riconoscerla a prima vista, lui che ci aveva convissuto per tanto tempo dopo l’incidente e si chiese cosa potesse provocarne così tanta nel padre. Paura e vergogna. Ecco l’unico termine che gli veniva in mente per definire l’altra emozione che per una frazione di secondo era trapelata dal volto del genitore.

Si girò verso Martha Kane, sua madre, del tutto indifferente alle preoccupazioni del figlio, desiderosa solo di far finta di non essere lì, a quella prima che aveva avuto in odio sin da quando suo marito gliene aveva parlato.

“Esserci è un dovere sociale per gli Wayne! Siamo stati tra i maggiori finanziatori del teatro a suo tempo ed inoltre ci andranno molti investitori delle Wayne & Wayne, nonché metà del mio consiglio d’amministrazione.” Questa era stata la motivazione per la sua inamovibilità su quell’argomento. Martha era sua moglie e sarebbe stato un segno di debolezza per lui presentarsi da solo a teatro. Un segno che non poteva permettersi di quei tempi o così pareva a Bruce di avergli sentito dire.

La madre come al solito aveva dato in escandescenza, maledicendo il giorno in cui i loro genitori li avevano presentati e dopo aver consumato diverse sigarette e bevuto più d’un generoso sorso di brandy, capitolò all’ordine del marito. Si recò nella sua stanza come se fosse stata diretta al macello.

“Non posso crederci! Aveva esclamato Thomas indignato con un gesto della mano. Stiamo parlando di una rappresentazione della Divina Commedia di Dante! Non della proiezione di uno di quei film demenziali che le piacciono tanto! Ci sono i migliori talenti del palcoscenico e le scenografie ispirate alle incisioni di Doré! Anche lui ingollò una quantità di alcol superiore al lecito e poi, fissando Bruce negli occhi, disse con voce costernata: tua madre è una vera idiota.” Biascicò le ultime parole ma Bruce le capì bene. Fin troppo.

Ed ora eccolo lì, il rampollo di casa Wayne, stretto nel suo completo giacca e pantalone arrivato direttamente dall’Inghilterra, la cravatta di seta che lo stava soffocando, le scarpe rigide oltre ogni possibilità di sopportazione, i calzini che sfregavano dolorosamente sui calcagni e che, a sua insaputa, si stavano arrossando per il sangue.

Odiava anche lui quella serata, non tanto per il teatro che gli piaceva ma per l’atteggiamento dei suoi genitori. Era stanco dei loro continui litigi. Stanco di continuare a sentirli urlare tra di loro. Stanco di sentirsi messo da parte, quando non in colpa per tutta quella rabbia che si portavano dentro e che lui proprio non riusciva a spiegarsi.

 

“Dove diavolo è il taxi?” Chiese Thomas visibilmente irritato.

“Ottima l’idea di dare all’autista la serata libera proprio oggi.” Il commento caustico di Marta lo irritò ancora di più.

“Cosa dovevo fare? Gliela avevo promessa da settimane ed inoltre, ti ricorderei che quando abbiamo avuto quel problema all’aeroporto, due anni, fa perse la laura del figlio per venirci a recuperare! Non potevo dirgli di no!” Thomas avrebbe voluto chiudere lì quel battibecco a cui Bruce, come sempre, assisteva in silenzio, stringendosi nel proprio cappotto per contrastare il freddo di quella notte buia, resa ancora più buia dai lampioni rotti. Bruce fissò lo sguardo su di essi, tentando di estraniarsi dall’ennesimo scambio di cattiverie tra i genitori.

“Se avessi ancora la patente …”

“… disse la donna che se l’è fatta ritirare per eccesso di velocità. A me l’hanno tolta perché non ho visto un maledetto stop che il giorno prima non c’era e tu? Qual è la tua scusa?”

“Con tutte le dannate amicizie che hai, non potevi fartela ridare?!”

“Avrei dovuto chiamare il Municipio per una cosa del genere?!?!”

Si dice che, alcune persone, sentano quando sta per accadere qualcosa nella propria vita, qualcosa che ne cambierà per sempre il corso, un po’ come gli animali riescono a sentire l’arrivo d’un terremoto.

Non era il caso di Bruce Wayne, un bambino educato, molto fantasioso e forse più solo di quanto gli altri non sospettassero.

Per lui era solo una serata come le altre, una serata che gli aveva rovinato lo spettacolo che aveva visto e che gli era piaciuto molto. Eccetto l’entrata in scena di Lucifero, che con le sue grandi ali di pipistrello lo aveva ricacciato in un sol istante indietro, in quel tunnel freddo e dall’aria stantia. Sentì, mentre il Principe d’ogni male, senza dire nemmeno una battuta, rubava la scena ai protagonisti, la sensazione di viscidume che dava il terriccio tra le mani. Nessuno si accorse di lui. Nessuno lo vide irrigidirsi e sgranare gli occhi.

“Affronta la paura. Non fuggirla. Se lo fai ti inseguirà e si accanirà ancora di più con te. Devi invece accettarla ed accoglierla in te, capire che è una parte della tua vita e che non c’è nulla di sbagliato nel provarla.” Le parole del suo dottore l’avevano guidato fuori da una brutta crisi e si disse che forse, ora, avrebbe potuto superare le ultime ombre che ancora lo tenevano incatenato nella galleria.

Quella lotta interiore lo distrasse e non vide le ombre che si staccavano dalla notte che già andava colorandosi di cremisi mentre un cielo insolitamente terso e carico di stelle che parevano brillare più del solito incombeva meraviglioso e terrificante sulla città.

Vi fu un momento di assoluto caos. Delle grida, un uomo che urlò qualcosa ai suoi, il terrore sui loro volti impalliditi e poi il rumore, assordante, violento al punto da fargli dolore le orecchie, gli occhi istintivamente serrati, l’aria che per qualche istante acquisì l’odore della polvere da sparo.

Tutto successo in una sequenza di attimi troppo brevi per contenere tutta la tragedia d’una vita.

Bruce Wayne mormorò: “Mamma … Papà …”

 

 

II Gotham, New York City, Little Venice – Di nuovo ai nostri giorni, 7 Novembre

 

L’edificio dove si trovava il club “7 on 7” era praticamente divenuto un piccolo fortino blindato che tuttavia resisteva a stento al volume di fuoco prodotto dalle forze della “Seduta”, le ultime su cui l’organizzazione pluri decennale che aveva gestito il malaffare a Gotham per anni poteva contare.

Masucci sibilò una bestemmia quando alcuni proiettili, riuscirono a farsi largo attraverso il vetro blindato che non riuscì a resistere alla pioggia di colpi che lo stava martoriando da alcuni minuti.

“COSA CAZZO STA SUCCEDENDO?!” Urlò disperato a Will, uno dei suoi uomini più fidati.

“Non ne ho idea capo! So solo che se continua così tireranno giù l’intero edificio!”

Sal sudava freddo. Al piano di sopra si trovavano i russi che erano venuti per trattare con lui. Sicuramente s’erano uniti anche loro alla sparatoria ma con quel frastuono infernale era impossibile dire chi stesse facendo cosa.

 

“Voglio le palle di Masucci qui sul cofano della mia auto!” Urlò rabbioso Arganese mentre Muscianisi cercava, invano, di non farlo avvicinare di più al teatro dello scontro.

“Vossignoria! Fece con voce supplicante: non dovreste essere qui! Vi avevo assicurato che mi sarei occupato di tutto …”

“Raf! Dannazione! Non è una questione di fiducia nei tuoi confronti! QUEL CORNUTO FIGLIO DI TROIA CI HA PRESI TUTTI PER IL CULO! Ha ridotto le famiglie sul lastrico, ha smontato un pezzo alla vostra il nostro impero, ED IO ERO DISPOSTO A DARGLI UNA POSSIBILITà! È stato lui la causa di ogni nostro male e ha ucciso il legittimo erede dei Masucci per la sua brama di potere!!!!  Lo voglio morto! ORA! Prima che possa fuggire!”

“Vossignoria! Le do la mia parola d’onore che non uscirà da quell’edificio ma ora, la prego, si faccia da parte! Non potrei mai perdonarmi se le accadesse qualcosa!”

La veemenza con cui espresse il suo pensiero e gli anni di fedele servizio alla causa di Arganese fece presa sul vecchio boss, nonostante il livore e l’indignazione e, anche se a malincuore, cedette:

“Si può dire che se abbiamo scoperto quella merda lo dobbiamo a te. Inoltre sei il mio picciotto più fidato. Farò come mi dici ma solo perché sei tu, Raf!”

“Vossignoria vi ringrazio ma devo ammettere che se non fosse stato per Matches Malone, non avrei mai saputo nulla.”

“Di quel picciotto ci si può fidare?” Chiese sospettoso Arganese che lanciò un’occhiata in direzione dell’edificio assediato nei cui pressi s’era alzata una lieve nuvola tante erano le munizioni sparate.

“Ha rischiato la testa per aiutarci. È stato ingannato anche lui. Alla morte di Mark era obbligato dai vincoli di fedeltà ai Masucci ad entrare al servizio di Sal ma quando ha cominciato a sospettare come stavano le cose, ha capito la cosa giusta da fare. Sal è un traditore Don Arganese, e Malone parlandoci dei suoi sospetti ci ha reso un servigio non indifferente.”

“Ed ora dov’è?”

“Abbiamo un piano. Lui farà il suo dovere, Don Arganese, così riscatterà il suo onore per aver lavorato al servizio di un uomo come Sal Masucci. Gennaro Arganese lo guardò negli occhi e Raffaele Muscianisi, senza abbassare lo sguardo sostenne, con tutta la forza ed il rispetto di cui era capace: ha diritto alla sua occasione per riscattarsi. Se l’è guadagnata Don Arganese.”

“Raffaele, se pensi che sia bene così, allora così sia.” Batté affettuosamente la mano sulla spalla del suo picciotto.

 

Vasil si scostò appena in tempo dal grande finestrone dell’attico ma Piotr non fu altrettanto veloce. Il corpo fu massacrato dai colpi che venivano dalla strada.

“MERDA!” Urlò l’ex soldato russo. Masucci avrebbe dovuto rispondere di molte cose: erano d’accordo che non si sarebbero mai dovuti incontrare a Gotham ma solo alla villa di Malibù, dove la donna aveva fatto da intermediario; invece il braccio destro di Masucci, Malone, gli aveva detto che erano stati convocati lì per ricevere nuove direttive.

“Non mi piacciono i cambi di programma, specie così improvvisi.” Aveva protestato.

“Non posso farci niente. Il capo ha deciso così ed è lui che sborsa i soldi.” A quell’ultima affermazione non aveva potuto replicare.

Masucci aveva promesso loro molto e molto aveva dato, specie tenendo conto che in realtà avevano agito poco nel corso di quell’anno, molto meno di quanto concordato all’inizio.

“Vasil, gli aveva detto alla linea privato, nemmeno due mesi dopo l’ingaggio, da questo momento in poi il tuo referente sarà il mio uomo, Matches Malone. È il mio braccio destro perciò quello che dice lui è quello che dico io.” Ovviamente usò altri termini ed il discorso fu più lungo ed articolato ma il senso, che si era impresso nella sua mente, era quello che ricordava.

Dove erano Masucci ed il suo Malone in quel momento? Si chiese rabbioso.

“SUL TETTO! Svelti!” Non c’era molto altro da fare.

Presto sarebbero entrati dalle porte, giù al pian terreno, e sarebbero risaliti massacrando tutti gli uomini di Masucci. Ne aveva contati una decina ma, ovviamente, erano solo quelli che aveva visto. Sicuramente ce ne erano di più, almeno tre e quattro volte tanto. Si sarebbero sfoltiti a vicenda e anche se gli uomini di Masucci avessero perso, ipotesi probabile, loro avrebbero potuto contro attaccare colpendo a sorpresa. Sul tetto si sarebbero riorganizzati. Non gli importava se davanti a loro si sarebbero trovati la polizia o una banda rivale. Voleva vendetta e sangue e le avrebbe avute entrambe.

“Con me!” Ribadì con forza, mentre i quattro mercenari che costituivano il suo gruppo lo seguivano. Gli dispiacque lasciare Piotr lì ma erano inconvenienti del mestiere.

 

Gordon digringò i denti. Era stato dunque quello il piano di quel pazzo? “Mi sono fidato di figlio di puttana ed è questo quello che fai!? Scateni un guerra in città?!” Girò veloce l’angolo con Bullock al suo fianco, del tutto inconsapevole di quei pensieri.

“Jim, datti una calmata o ci farai ammazzare!”

“Si stanno sparando a due isolati da qui e mi dici di stare calmo?!”

“Si stanno sparando tra mafiosi, per quanto ne sappiamo e sai benissimo che quella è zona loro. Non ci abitano più civili da un pezzo.”

Gordon frenò e Bullock annaspò per la cintura di sicurezza che compresse con forza il voluminoso torace.

“Cosa stai suggerendo?”

“Jim, sai anche tu che non manderanno rinforzi. Non prima che la festa sia finita. Quella merda di Loeb non rischierà la vita di nessun poliziotto per salvare la vita a qualche mafioso. Certo, io e te sappiamo entrambi che lo sta facendo perché non vuole un danno alla sua immagine e anche perché, probabilmente, la in mezzo ci potrebbe rimanere secco qualcuno di scomodo per lui, non so se mi capisci. Fece alludendo senza troppi mezzi termini ai presunti passati contatti con esponenti della malavita organizzata. Si, avrà senza dubbio il suo tornaconto ma stavolta coincide con il bene.”

“Con il bene?! James Gordon era incredulo. Nel nome di Dio onnipotente! Che stai dicendo Harvey?”

“Che sta facendo il bene del distretto, anche se per suo vantaggio. Quanti bravi poliziotti morirebbero oggi? Jim, non fare finta di non capire.”

“E allora che dovremmo fare!” Batté frustrato le mani sul volante lasciandosi poi andare sul sedile.

“Aspettare che il tuo amico finisca il suo lavoro.”

Le macchine sfrecciavano di fianco a loro, solo per essere deviate pochi metri più in là su di una strada secondaria. I posti di blocco avevano tagliato fuori la porzione di città attraversata da La Serenissima Strett, teatro della più violenta guerra tra mafiosi che si fosse mai vista negli ultimi cinquanta anni.

“Sapevi tutto?” James Gordon non tentò neppure di negare.

“Lo so perché sei stato tu a volerlo. Hai fatto del tutto per farmelo capire, lasciandomi ovunque piccoli indizi, briciole di pane per si che seguissi le tue tracce e sapessi. Hai fatto un gioco pericoloso, fidandoti di quel tipo ma hai avuto le tue buone ragioni.

Gesù, deve essere una specie di mostro, vero?”

“Fa paura.” Ammise Gordon.

“Fa paura?! In un anno è riuscito a fare quello che la polizia di New York non è mai riuscita a fare: ha distrutto la malavita organizzata a Gotham; è un fottuto figlio di puttana e non si è fatto scrupoli ma c’è riuscito.”

“Ed io gli ho dato una mano.”

“Mettendo il tuo culo sulla graticola. Se la Montoya lo scoprisse …”

“Non dirlo neppure per scherzo.”

“Jim, stai tranquillo. Sai bene che da me non saprà mai niente.”

“Di te mi fido. Eri la mia ancora di salvezza nel caso avessi fatto qualche stronzata.”

“Per questo hai voluto che sapessi. Perché se ti fossi spinto troppo oltre speravi potessi fare qualcosa.”

“Ci spero ancora perché forse mi sono spinto troppo oltre.”

Bullock estrasse il suo revolver e gli dette un’occhiata. “Quando sarà tutto finito andremo a far pulizia di quanto è rimasto. La Montoya non potrà mai dirti nulla. L’arresto della vedova Masucci è stato un gran colpaccio. Ora sappiamo cosa è successo: il piano di Sal, l’imbroglio alla seduta, tutto.”

“Solo che io e te sappiamo che è tutto falso. O meglio, che dietro tutto questo c’è stata un’unica persona.”

“Un vero genio del male.” Ironizzò Bullock.

Si voltarono entrambi, con un sincronismo degno d’una disciplina olimpica.

“Quella è la fottuta auto della Montoya o sbaglio?” Chiese Harvey Bullock.

“Puoi scommetterci le palle!” Jim non finì di dire quelle parole che aveva ingranato la marcia e si era messo nella scia del suv dei federali.

“Pensi che stia andando lì?”

“E dove altro?” Fece sarcastico Gordon.

“Magari c’era la possibilità che in città ci fossero i saldi.” Replicò divertito Bullock, reggendosi meglio che poteva.

“Si farà ammazzare!”

“E noi con lei. Perché la stiamo seguendo?”

“Perché non voglio averla sulla coscienza!”

 

L’esplosione li colse di sorpresa. I mercenari russi non se l’aspettavano. Andrei finì a terra, ferito ad una gamba. “CHIODI DI MERDA!” Esclamò Vasil che si gettò di lato. All’unisono con i suoi uomini sparò, senza cercare un bersaglio preciso, cinque colpi a descrivere un ampio semi cerchio. I tre rimasti, Joseph, Mirko e Anton si unirono a lui in un quadrato che avrebbe dovuto negare all’invisibile nemico il vantaggio di poterli cogliere di sorpresa.

Capitano!” Urlò Andrei tenendosi la gamba.

Tieni la posizione, soldato. Cercheremo di recuperarti il prima possibile!” L’arto era messo male, Vasil ne aveva visti parecchi ridotti così in vita sua e sapeva che con tutto il sangue che stava perdendo non sarebbe durato a lungo. Usa la cintura dei pantaloni! Stringi più che puoi alla coscia!” Non voleva perdere un altro bravo soldato ma prima di prestargli soccorso doveva risolvere quella situazione. Le pistole puntate davanti a sé, il fucile mitragliatore a tracollo, urlò nel suo ruvido inglese: Bravo compagno! È stata una bella mossa! Un agguato degno del dieci e lode! Hai messo a terra il mio uomo perciò ora possiamo trattare. Sei su questo fottuto tetto, nascosto da qualche parte, lo so. Ci sono pochi nascondigli però e se apriamo nuovamente il fuoco ti staneremo in pochi secondi. Non voglio impegnarmi in un inutile combattimento. Non so chi ti paghi ma di sicuro non sono i mafiosi la sotto perché altrimenti ci avresti già fatto secchi e poi, se hai preparato un numero del genere, eri già qui dentro e questo non è il loro modo di lavorare. Non mi importa quali siano i tuoi ordini. Dimenticali. Schioda e di qui, come dicono gli americani, e mi dimenticherò quello che hai fatto al mio soldato.”

Parole coraggiose, Vasil. Però sono sprecate con me.

Vasil aprì il fuoco in direzione della cabina dove era alloggiato l’argano dell’ascensore. Solido cemento ed acciaio bloccarono i proiettili.

“Pessima mossa, quasi quanto il tuo russo. Ora so dove ti trovi. Sei protetto ma non puoi più aprire il fuoco. Se metti fuori il naso te lo porto via. Se sai chi sono, sai che non mi sto vantando. Siamo in stallo. Ultima offerta: lasciaci andare via e tu rimani vivo.”

Il mio russo è pessimo perché l’ho imparato da un ucraino e per quanto riguarda la tua offerta, Vasil, te ne farò una migliore.” Una serie di colpi arrivò a lambire i piedi di Mirko che stava di schiena a Vasil. Un fucile di precisione, pensò il Capitano, forse un cecchino appostato sul palazzo di fronte. Voi farete tutto quello che dico io senza replicare e forse, dico forse, sarò io a non prendermi le vostre vite.” Ci fu una seconda esplosione.

FUMOGENI!” Stavolta era stato Anton a lasciarsi andare ad un’esclamazione.

Dopo alcuni secondi ci furono una serie di rumori sordi. Vasil capì subito. La formazione era rotta e stavano tutti brancolando nella cortina di fumo. Se avessero aperto il fuoco in quelle condizioni si sarebbero fatti fuori a vicenda. Un'altra serie di rumori, una scarica veloce di pugni, un ginocchio che si insinuava violento e rapido nello stomaco di qualcuno, un corpo che cadeva a terra.

Vasil estrasse il suo pugnale da combattimento. Chiuse gli occhi. Il fumo li faceva solo lacrimare e non servivano più a niente. Aspettò di sentire il terzo ed ultimo dei suoi uomini cadere e poi scattò.

Arrivò al contatto con l’aggressore, come desiderava. Braccia contro braccia. Aveva delle protezioni rinforzate. Bracciali o qualcosa del genere. Quello fece ruotare gli arti e lui sentì il fuoco sulla pelle. LAME, pensò stupito. Bracciali provvisti di qualcosa che sembravano delle lame.

Contro chi si stava battendo? Sferrò un violento calcio per spiazzare il nemico ma lo sentì accompagnare il movimento della gamba. Aveva comunque ottenuto metà dello scopo. Come il suo piede toccò terra si tirò avanti, quasi ci fosse stato un elastico invisibile tra le sue gambe e si produsse in un violento affondo con il pugnale. Lo aveva mancato di poco. Perdeva sangue e l’altro invece era ben protetto e probabilmente poteva vederlo. Un rilevatore di calore. Il vento notturno stava disperdendo la coltre e quando sentì che poteva aprire gli occhi lo fece subito.

L’altro eseguì una spazzata bassa che lo colse di sorpresa ma cadde evitando di battere la testa e la  schiena. Anni ed anni di addestramento ed esperienza sul campo gli consentirono di scattare nuovamente in piedi e fu allora che se lo trovò di fronte.

“Ma tu cosa cazzo sei?”

La sagoma aveva qualcosa di inquietante ed animalesco.

Batman.” Fu l’unica risposta che ricevette. La lama del coltello cercò per due volte una gola da tagliare ma andò ad incastrarsi tra quelle che stavano sugli avambracci dell’altro, che li aveva incrociati all’improvviso, formando una barriera tra la sua testa e la morte. Un movimento semi circolare di lato ed il pugnale si spezzò. Subito quattro velocissimi calci, al ginocchio, al mento, allo stomaco ed al plesso solare. Vasil finì a terrà, dopo aver dato un violento sbocco di sangue. Dovette voltarsi con le ultime forze che gli rimanevano per non finire soffocato. Tentò di resistere ma perse i sensi non prima però di vedere il grande pipistrello giallo scuro che stava sul torace del Cavaliere Oscuro che l’aveva battuto e che aveva neutralizzato in pochi minuti esperti mercenari ex appartenenti delle forze speciali russe.

 

 

III Ghotam City, Stato di New York, Gotham Majestic Theater, Rotterdam Street – 20 Anni    prima dei fatti narrate, 4 Novembre.

 

“Jimi Gordon! Hanno chiamato te per questo caso?” Chiese sprezzante Andrew Mc Knew, il reporter del New York Post noto con il sinistro soprannome di “ Becchino”, per via della sua tendenza ad arrivare prima della polizia sulla scena del crimine dei delitti più efferati e per la sua famosa indifferenza ad efferatezza e brutalità, per quanto grandi potessero essere. Gordon però non la pensava così: non era indifferenza ma compiacimento; “a quel necrofilo sadico figlio di puttana piace s&/$%(i sulle foto dei poveracci che finiscono sotto il suo obbiettivo” sbottò una volta con il collega Haevey Bullock, che non poté non dargli ragione. Il Sergente Gordon odiava quel viso lungo e affilato come un coltello, gli occhi infossati che davano al volto l’aria d’un grottesco teschio, quasi tenesse perennemente su una maschera di Halloween, una di quelle da poco prezzo ma che pur risultando pacchiane, al contempo erano inquietanti. Forse a renderla inquietante erano gli occhi spirati che ruotavano senza posa nelle orbite, posandosi di qui e di la, confondendo chi aveva il dispiacere di interloquire con il giornalista dai modi insistenti e sgarbati.

“Mi chiedevo giusto che fine avessi fatto.Fu la sarcastica risposta di Gordon. E come mai arrivi sempre sulla scena del crimine prima di noi. Gli altri potranno chiuderci un occhio per via dei tuoi agganci ma a me piacerebbe fare una chiacchierata rispetto le tue fonti.”

“Cos’è? Una minaccia Jimi?” Il sorriso sornione s’allargò, facendosi crudele e beffardo.

“No, ci mancherebbe altro. È solo un proposito, Andy.” Ignorò l’uomo e sentì quasi subito una pacca sulla spalla. Bullock, il suo vecchio amico gli strizzò l’occhio compiaciuto: “Ottima risposta, Jim. Non farti provocare da quel pezzo di merda. Mi chiedo perché non lo faccia mai con me.”

“Perché sa chi dei due è il toro da non far incazzare.” La risposta strappò un sorriso a Bullock, sorriso che fu subito smorzato dalla tragedia che, dietro il nastro della polizia, si presentava in tutto il suo orrore davanti ai loro occhi.

 

“Ma che … dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non mettersi a gridare. James Gordon fulminò con lo sguardo tutti i poliziotti presenti, anche i fotografi della scientifica. Nessuno di voi ha pensato a mettere qualcosa addosso a quel povero bambino? A ripulirlo, anche se alla buona, a dirgli qualcosa, a sentire come sta? Haevey Bullock conosceva James Gordon da tempo ed erano stati sotto le armi insieme. Sapeva quando l’uomo era prossimo ad esplodere. Gordon era incredulo. Un misto di rabbia ed avvilimento lo pervase. Le giustificazioni che aveva sentito per quella mancanza l’avevano solo messo d’umore peggiore di quanto già non fosse. Si tolse la giacca e la mise sulle spalle del bambino, pallido, il volto macchiato di sangue, il sangue dei suoi genitori. Bruce. È così che ti chiami? Ascoltami Bruce, ora voglio che tu faccia quello che ti dirò. Io sono il Sergente James Gordon della Polizia di New York. Voglio che tu segua il mio collega, il Sergente Bullock alla nostra auto ed aspetti lì. Non guardare. Non guardare più lì. Riferendosi ai lenzuoli che, causa il vento che s’era alzato improvviso ed impietoso, inutilmente cercavano di nascondere alla vista i corpi straziati dei coniugi Wayne. Mi hai sentito Bruce? La voce di Gordon era ferma e gentile al contempo, come quella d’un padre che amorevolmente s’imponesse sul figlio per il suo bene. Il bambino alzò lo sguardo, incontrando gli occhi color nocciola del poliziotto. Annuì debolmente, come se non fosse nemmeno lì. Molto bene. Bravo Bruce. Ora vai alla macchina con il Sergente Bullock.” Gli mise con dolcezza le mani sulle spalle, lo aiutò ad alzarsi e lo affidò a Bullock dopo avergli carezzato dolcemente la testa.

Si voltò per guardare la strada dove s’era consumato il violento delitto.

“Una rapina andata male.” Aveva mormorato un agente.

“Stronzate.” Smentì subito secco Gordon a bassa voce.

“Come?” Fece incerto l’agente.

“Questo è il lavoro di un commando della morte, non di un gruppo di rapinatori.”

Il filo dei pensieri di Gordon venne interrotto quando vide il flash della macchina di Mc Kneow.

“Sorridi!” Fece senza pietà alcuna all’indirizzo del bambino.

Nessuno poté mai dire con esattezza come Gordon fece ad essere più veloce di Bullock nella reazione, trovandosi a maggiore distanza.

La macchina del “becchino” venne strappata dalle sue mani.

“Mc Knew, sibilò con gelido odio, sei sempre stato un maiale ma stasera le hai superate tutte le tue porcate. Non dire una parola, freddò sul nascere qualsiasi protesta o minaccia stesse per proferire, puoi rivolgerti al tuo avvocato, ai miei superiori, a tutti gli emendamenti della costituzione che ti vengono in mente, anche al Presidente in persona ma se non alzi i tacchi di qui, entro cinque secondi, giuro che ci pentiremo entrambi delle nostre decisioni anche se a te, credimi, andrà peggio che a me.”

Mc Kneow aveva molti difetti ma sapeva di certo riconoscere una vuota minaccia da un concreto avvertimento. Non disse nulla. Non aggiunse niente. Se ne andò, ripromettendosi di farla pagare a Gordon alla prima occasione.

 

Bruce Wayne guardava nel vuoto. Bullock era dolorosamente imbarazzato. Non era il tipo d’uomo che sapesse cosa dire in quel tipo di situazione. Non che ci fosse qualcosa di adatto da dire ad un ragazzino di dieci anni che aveva assistito al massacro della propria famiglia. Era bravo a trattare con la feccia dell’umanità. Sapeva sempre cosa dire e cosa non dire ma quando doveva parlare con i famigliari delle vittime era tutta un’altra storia. Si limitò solo a carezzare la guancia del piccolo. Un gesto che forse stupì anche sé stesso tanta fu la delicatezza con il quale lo fece.

Gordon era di nuovo lì. Lasciò che fosse lui a parlare alla vittima di quel dramma senza senso.

 

Il poliziotto chiamato James Gordon parlava, con calma ed in modo chiaro. Non voleva forzare Bruce a parlare ma doveva sapere quanto più possibile. Con sua sorpresa, invece, Bruce cominciò a parlare. Descrisse tutto quello che ricordava. Tutto. Persino con particolari che non si rendeva conto aveva irreversibilmente scolpiti nella memoria.

“Li porteranno all’obitorio?” La domanda spiazzò entrambi.

“Si. E lì che li porteranno.” Ammise Gordon.

“Papà aveva studiato per diventare un medico. Lo ha fatto per un periodo della sua vita. Poi ha lasciato tutto per occuparsi dei beni di famiglia, per far contento mio nonno. Per questo so cos’è un obitorio. Papà diceva che della morte non si deve aver paura. La voce era fredda, pericolosamente distante. Gli occhi ostinatamente fissati in un imprecisato punto nel vuoto. Il volto pallido e privo di emozioni. Papà si sbagliava.”

Non aggiunse più altro. Non aveva la forza.

 

In centrale Gordon si prodigò, nonostante il lavoro che gli era venuto dal caso, a non fargli mancare nulla. C’era un sospetto, aveva sentito mentre tutti pensavano che non fosse lì ma perso in chissà quale mondo distante. L’unica persona che erano riusciti a rintracciare legata la bambino era un certo Alfred Pennyworth, aveva detto qualcuno ironizzando sul cognome, un collaboratore del padre defunto. Non defunto, corresse mentalmente Bruce, assassinato.

Conosceva anche il significato di quella parola.

“Bruce, tra poco il Sig. Alfred, l’amico di tuo padre, sarà qui. Gli è stato spiegato tutto al telefono e sembra che, legalmente parlando, tuo padre l’avesse indicato come tuo tutore legale in caso gli fosse successo qualcosa.”

“Papà ed Alfred erano molto amici. Confermò Bruce. Alfred mi piace molto.” Non si sentiva lì. Non davvero. C’era ma era come se fosse tutto freddo. Come se fosse seppellito nella fanghiglia e nel terriccio, avvolto dalle tenebre che lo lambivano, che gli strappavano lembi di cuore ed anima.

Come se fosse ancora nella caverna.

Gordon, parlando a Bullock, assicuratosi che il bambino non potesse sentirli, esternò la sua preoccupazione: “Gesù, quel bambino è in evidente stato traumatico. Dovrà parlare con qualcuno. Uno psicologo, un esperto in traumi. Possibile che intanto qui, in questo maledetto distretto non ci sia qualcuno che possa parlargli?”

“Scherzi Jim? La voce di Bullock era al contempo mortificata e triste.Se è un miracolo che abbiamo delle scrivanie. Come pretendi che ci sia uno psicologo. Che ne pensi del sospettato che hanno arrestato?”

“Quel Chill? Dovrei vederlo, parlargli al più presto. Però non mi quadra.”

“Perché?”

“Un lavoro del genere e beccano subito qualcuno.”

“Che vuoi dire?”

“Solo una sensazione.” Gordon rimase sul vago.

 

“Lei conosceva Thomas Wayne?”  Chiese con delicatezza Gordon.

“Io e Tom eravamo inizialmente legati da un rapporto lavorativo. Poi, tra noi, è nata una profonda amicizia. Sapevo di essere il tutore legale di Bruce in caso fosse successo qualcosa. Non sa quante volte ci abbiamo scherzato su.” Ammise senza alcuna reticenza Alfred.

“Devo chiederle di…”

“Non lasciare la città. Lo immaginavo. Non posso dire o aggiungere altro al momento. Sono ovviamente a vostra disposizione, per ogni domanda che vorrete pormi ma adesso vorrei portare Bruce a casa.”

Gordon assentì e lasciò andare via i due dopo aver carezzato ancora una volta il capo del piccolo Bruce.

“Li troverete?”

“Li troveremo.” Rispose Jim a quella richiesta.

 

“Secondo te centra l’inglese?” Chiese Harvey Bullock mentre vedeva il claudicante uomo allontanarsi con Bruce.

“Non so che dirti. Ho chiesto a Pat dell’ufficio legale di darmi informazioni riguardo questa disposizione lasciata dal padre del bambino. Ad Alfred Pennyworth non spetterebbe comunque il denaro dell’uomo, solo un appannaggio per le cure di Bruce, i cui beni sono congelati fino alla maggiore età, e la liquidazione per i suoi servizi. Lo stipendio che percepiva non era molto diverso. Non aveva ragione di uccidere Thomas Wayne. Apparentemente almeno. L’unica cosa che ha di più rispetto a prima è un attico a disposizione al Wayne e Wayne Building e la custodia di Villa Wayne fino alla maggiore età del ragazzo.”

“Cosa faceva esattamente per Thomas Wayne?”

“Ufficialmente era un fototum.”

“Ufficiosamente?”

“Credo si occupasse di questioni delicate.”

“Per questioni delicate intendi poco legali?”

“Possibile. Con gli uomini della famiglia Wayne tutto lo è. Molti affari può significare molte irregolarità ma nulla che abbia mai fatto pensare, ad esempio, ad una connessione diretta con la Mafia.”

“Tranne quella storia dello Schartz e delle azioni della Wayne Ent. acquisite da Carmine Falcone.”

“Ti tieni aggiornato.”

“Non sono solo muscoli e fascino.”

“Tutti possono acquistare azioni. Non è abbastanza per collegare direttamente la famiglia Wayne alla Seduta, se è questo che ti stai chiedendo.”

“E la storia del Fa.Me?”

“Non abbiamo la certezza legale che dietro Fa.Me ci siano i Falcone né altre famiglie criminali di Gotham. Dovremo indagare, Bullock. Non sarà un lavoro facile.”

 

Bruce Wayne guardava fuori dalla finestra, il cielo insolitamente luminoso per quella giornata di Novembre. Non aveva chiuso occhio e quando, entrando, Alfred lo vide seduto anziché a letto, glielo ricordò: “Dovresti riposarti.”

“Dovrei ma non ci riesco.”

“Domani ci saranno i funerali.”

“Se daranno il permesso.” Quella non era la replica di un bambino di dieci anni ma di un adulto, pensò tristemente Alfred.

“Li daranno.”

“Il nonno è stato avvertito?”

“Si.”

“Cosa ha detto?”

“Non ne ho idea.”

“Ci sarà ai funerali.”

“Non lo so.” Ammise mortificato.

“Alfred, la polizia sospetterà di te.”

Alfred aggrottò le sopraciglia ma decise di rispondere onestamente a quell’osservazione: “ me lo aspetto ed in parte è normale.”

“Non sto dicendo che io sospetti di te. Lo so che tu non centri niente.”

“Di questo ne sono felice.”

“Ma non prenderanno mai i colpevoli.”

“Perché dici così?”

“Perché li ho visti. Non hanno idea di cosa stanno facendo, né di chi devono cercare. Io si.”

“Che vuoi dire?”

Bruce Wayne, dieci anni, non rispose. Non rispose più fino al giorno del funerale, fino a quando non chiese di rimanere solo davanti la tomba dei suoi genitori.

Alfred si teneva ad una rispettosa distanza ma fu l’unica persona al mondo, quel giorno, a sentire le parole pronunciate da Bruce: “Mai, mai più.”

 

 

IV Gotham, New York City, Little Venice – Di nuovo ai nostri giorni, 7 Novembre

 

Il suv della Montoya venne investito dal fuoco incrociato degli uomini della Seduta e di quelli al servizio di Masucci. Se non fosse stato per la concitazione del momento sia Gordon che Bullock si sarebbero lasciati scappare una comune esclamazione sulla stupidità degli agenti F.B.I. nel irrompere in quella che era diventata zona di guerra piazzandosi tra le due fazioni in lotta.

Jim Gordon ingranò la quarta: “Tieniti stretto!” Fu l’unica cosa che disse prima di procedere a tavoletta. Bullock capì subito le intenzioni dell’amico e collega. “Sei pazzo!” Non era un insulto ma un esclamazione d’ammirazione.

Gordon aveva cura che gli airbag della sua auto di servizio fossero sempre disinseriti e c’era una buona ragione, ovvero quella che si trovasse in una situazione per cui sarebbero stati d’ostacolo o addirittura pericolosi, specie per una manovra azzardata e folle come quella che si accingeva a compiere.

Il paraurti anteriore della sua Ford colpì quello posteriori del suv, cozzando con infernale fragore. I vetri si spaccarono per l’impatto ed il cofano della macchina si deformò ma riuscì nel suo intento, anche se il collo e la schiena probabilmente ne avrebbero pagato le conseguenze, spingere via dalla linea del fuoco l’auto di Montoya.

Harvey Bullock e Jim Gordon si gettarono fuori dalla macchina, ormai inservibile, e corsero, mantenendo il profilo basso e la pistola stretta in pugno, ognuno ad uno sportello del veicolo nero, entrambi bloccati. Contavano sul fatto che, essendo impegnati a massacrarsi tra di loro, i malavitosi li avrebbero ignorati ora che si erano allontanati di un cinquantina di metri. Non era la distanza ideale per quel tipo di situazione. Quella ideale sarebbe stata ad  un isolato di distanza ma rispetto alla situazione precedente era meglio di niente. Spararono alle serrature e mentre Gordon si trovò di fronte il cadavere del conducente crivellato dai colpi dei mafiosi e pressato dal pallone dell’ABS, Bullock stava già facendo scendere l’altro federale, il naso spaccato, due denti saltati, l’occhio pesto che andava già gonfiandosi. “Svelto, ragazzo! Avrai tempo dopo per lamentarti del dolore!” Gli tolse la pistola dalla fondina ascellare. Voleva aumentare la sua potenza di fuoco.

“Montoya? Tutto bene?” Gordon ricevette in risposta un grugnito rabbioso. Reneé teneva una mano sul lato sinistro del volto. “NO! CAZZO! Non va nulla bene!” Il Detective Gordon la fece scendere, mentre l’altro federale sopravvissuto scese dal lato opposto. La sorresse e subito seguì Bullock che si stava allontanando.

“Dove state?!...” Chiese con un filo di voce, il volto sporco di sangue, l’occhio sinistro arrossato.

“Lontani! Non c’è altra opzione. Loro sono troppi e noi solo cinque, di cui tre feriti.”

“GORDON! Non osi farlo! La denuncerò per …”

“Averle salvato la vita? Faccia pure. Non credo sia io quello che passerà dei problemi per questa storia.”

“I rinforzi arriveranno presto!”

“E questo chi l’ha detto? Loeb? Sorpresa: Loeb dice un sacco di stronzate.”

“Abbiamo contattato l’ufficio dell’F.B.I.”

“E arriveranno troppo tardi. Ora mi ascolti, Montoya. Non mi piace ma non posso permettere che si faccia ammazzare così. La trascinò tenendola sotto braccio, trovando rifugio in una ristorante poco distante.

 

Masucci aprì il fuoco e ferì l’uomo vicino a Muscianisi.

“SEI UN PORCO! SAL!” Urlò pieno di scorno e disprezzo Muscianisi, rispondendo con il suo revolver.

Ormai quasi tutte le difese erano state superate e la testa di Masucci quasi nelle sue mani.

Sal questo lo sapeva e lasciò dietro di sé i suoi ultimi uomini, cercando una via di fuga. C’era un corridoio che nessuno conosceva. Era nascosto e portava ad un’uscita antincendio in disuso.

Era l’ultima speranza.

“Capo! Sono io!” Sobbalzò quando vide la famigliare figura di Matches Malone a pochi metri di distanza, sbucata fuori dalla porta di uno degli uffici di Sal.

“Malone! Dio sia lodato!”

“Presto, capo! Non abbiamo più tempo!”

Sal non se lo fece ripetere due volte, seguendolo nel corridoio che, poco prima, aveva pensato lui stesso di utilizzare.

Malone coprì la sua fuga, sparando alcuni colpi e lo seguì subito.

Masucci corse a perdifiato, le eleganti scarpe che indossava sporche del sangue dei suoi, la giacca e la camicia completamente stropicciate ed in disordine.

Quando aprì la porta s’aspettò di trovare la sua via di fuga ed invece si ritrovò a fronteggiare l’uomo di Arganese: Muscianisi; “ti abbiamo preso, CORNUTO!” Ringhiò con soddisfazione.

“Arrenditi, ti conviene.” Masucci, a quell’affermazione si voltò verso Malone, gli occhi sgranati.

“Tu?!...”

“Sanno tutto!” Tagliò corto Malone.

“MI HAI VENDUTO!Sal Masucci aprì il fuoco prima che Muscianisi, o i suoi uomini, potessero tentare qualcosa, CREPA!” Malone cadde di lato e Masucci ne approfittò per imboccare nuovamente il corridoio, sparando altri due colpi dietro di sé per scoraggiare eventuali inseguimenti. Muscianisi si era riparato spostandosi dall’ingresso che avrebbe garantito a Sal l’accesso al vicolo sottostante.

Matches Malone si rimise in piedi, barcollante,  il sangue che stava spandendosi, inzuppando tutta la camicia.

“Stai giù! Ci penserà Brown!”

“NO! Replicò Malone. È compito mio fargliela pagare.”

Muscianisi lo guardò gettarsi all’inseguimento dell’altro.

 

“DOVE è ANDATA?!” Gordon si guardò intorno, furente perché già conosceva la risposta.

“Quella demente è sgattaiolata via mentre stavamo tentando di medicare alla meno peggio i suoi uomini!” Harvey Bullock trovava a dir poco rivoltante quel tipo di comportamento. Non solo li aveva esposti al pericolo spingendoli ad un’azione a dir poco avventata, che nemmeno una recluta avrebbe tentato ma ora li abbandonava, utilizzandoli come diversivo per tornare la dove c’era l’azione. “Per far cosa?” Si chiese Bullock che della donna non aveva mai avuto grande stima e che ora considerava del tutto instabile.

“Resta con loro!”

“Col c&£$o!”

“Harvey!...”

“Me ne frego se sei un Detective! La da solo non ci vai!” Sequestrò un’altra pistola ad uno dei federali e la lanciò a Gordon.

“Non ti dissuaderà nulla eh?”

“Andiamo!” Strizzò l’occhio al collega.

 

Masucci cercò di tornare sui suoi passi, sperando che ora il corridoio fosse libero almeno per il tempo che gli serviva a tentare di uscire da qualche altra scala anti incendio.

Brown fu molto rapido e la pugnalata quasi lo uccise. Gli occhi sbarrati, il volto pallido mentre contemplava l’avanzata del cacciatore assoldato da Arganese.

“Non hai scelta. O mi segui ed affronti la seduta, pagando le conseguenze del tuo tradimento oppure finisce qui, ora, con te morto ammazzato dal sottoscrito.”

“TI PAGHERÒ IL DOPPIO!!! Fu il suo disperato tentativo di salvarsi. QUALSIASI SIA LA CIFRA! HO UNA FORTUNA E POSSO FARTI RICCO!” Piagnucolò le ultime parole suscitando nell’altro solo un sorriso disgustato.

“Tutto qui? Questo sarebbe il modo in cui un grande boss della mafia affronta la morte? Mi aspettavo qualcosa alla … scattò lanciando il pugnale che colpì il nervo brachiale di Salvatore Masucci. Il braccio ricadde sul fianco e lasciò cadere in terra la pistola, la stessa con cui stava per tentare di sparargli a tradimento. Anche questo? Un trucco da due soldi per farmi secco? Andiamo. Non ci credo. Sarai anche stato un pezzo grosso della male ma io vengo da tutto un altro mondo. Non puoi farmi fuori così.”

Sal capì che era finita. La Seduta l’avrebbe fatto tortura e uccidere in modo atroce per dare un esempio. Nessuno poteva tradire men che mai un suo membro. Non avrebbe avuto nessuna pietà a cui appellarsi perché sarebbe venuto fuori tutto, compresa la morte di suo cugino e il tradimento con la sua vedova. Tutto.

“Ammazzami ora, ti prego …” Sal era stato sconfitto e si vergognava di non saper affrontare la morte da vero uomo. Poteva solo sperare nel colpo di grazia di quell’uomo.

“D’accordo.” Estresse Brown estrasse la sua arma e la puntò verso la testa di Masucci.

Non così in fretta.

Batman irruppe da una delle finestre. Brown era veloce e rapido di riflessi e riuscì a voltarsi verso il Cavaliere Oscuro che però si rivelò essere più lesto nei movimenti. Un veloce calcio privò Brown della sua arma. Non perse tempo e cercò subito di chiudere la distanza con l’altro, tempestandolo di pugni. Ci fu risposta colpo su colpo e con suo scorno, Brown si rese conto che le protezioni che quello aveva sulle braccia gli ritorsero contro il suo tentativo. Aveva lacerazione su entrambi gli arti, provocate dalle lame, e sentiva le ossa dolergli. I pugni di Batman gli fecero saltare diversi denti, gli ruppero entrambi gli zigomi e gli spaccarono un sopraciglio. Sentì il sangue colargli dalla fronte e da una guancia. La suola rinforzata degli stivali del vigilante colpì rapidamente alla coscia e allo stomaco l’uomo che finì contro una delle pareti del corridoio, scivolando pesantemente in terra.

Non ci provare, Masucci.” Il dito puntato contro il Mafioso che tremava e che fu così scoraggiato da qualsiasi velleità di fuga.

 

Montoya avanzava come in preda ad una febbre. Non poteva finire così: la carriera, tutti i sacrifici, i sogni; uno dei suoi uomini era morto crivellato di colpi a causa di un suo ordine. Doveva prendere qualcuno di quei mafiosi, un pezzo grosso. Era l’unico modo di salvarsi. Sparò con la sua pistola d’ordinanza, colpendo alla fronte uno degli uomini della Seduta che però riuscì a sparare a sua volta. Il kevlar del suo giubbotto antiproiettile la salvò ma l’impatto balistico le tolse il fiato e le ruppe una costola. Si trascinò pesantemente avanti, cercando di guadagnare le scale per salire al piano superiore. Alla fine di quella che sembrò essere un’interminabile agonia, si ritrovò in un corridoio.

 

Lui si ergeva davanti lei, la maschera che copriva buona parte del viso e della testa. Gli occhi nascosti da spesse lenti grige, il corpo fasciato da un’uniforme scura, la cui spalle e parte del torace erano grigie, realizzate forse in un materiale diverso e sul cui petto si allargava un pipistrello giallo.

Teneva per la collottola un uomo che piangeva senza nessun ritegno ma lei non riuscì a staccare gli occhi da quella figura tetra ed atterrente, deformata dal delirio che le stava portando via la ragione.

“Sei … sei in arresto …” Tentò di intimidirlo puntando l’arma contro di lui che, per tutta risposta, non batté ciglio.

Abbassala. Con me non serve.” La voce sembrò provenire da molto lontano, da una caverna, un antro buio e atterrente, un utero degno d’aver partorito una siffatta creatura.

“Montoya!” Urlò Gordon. James Gordon aveva sempre avuto dei dubbi sull’uomo con cui aveva stretto il suo patto segreto. Dubitava persino fosse un essere umano.

Ora tremava al pensiero che avrebbe potuto uccidere la Montoya che, per quanto si fosse rivelata un pessimo agente, non meritava certo una fine del genere.

“Gordon …” Si voltò un istante prima di svenire, sopraffatta dal dolore e dalla paura.

Batman lasciò cadere a terra Masucci.

Portalo via. Dirà a te e ai tuoi uomini tutto quello che vi serve sapere per finire di eliminare la seduta.

“E lei?” Chiese diffidente, la pistola ancora in pugno.

Non starai pensando di spararmi anche tu?

“Se fosse necessario …”

L’ho già detto. Con me, non serve. Lei non è un problema. Cosa credi che farà? Un rapporto su di un’ombra misteriosa che l’ha spaventata fino a farla svenire? Che l’arresto di uno dei più importanti capi mafia l’ha effettuato il Cavaliere Oscuro su cui lei ha indagato per mesi e mesi? Nemmeno questo scarto qui,” indicò con uno sprezzante cenno del capo Masucci, farà storie. Nell’istituto psichiatrico dove lo internerebbero non sarebbe al sicuro da vendette mentre voi e l’F.B.I. potete offrirgli delle alternative.

“Hai ottenuto quello che volevi.”

No.

“No?” Chiese preoccupato Gordon.

Ti dissi che volevo sradicare il male dalle strade di Gotham. La Mafia è stato solo il primo passo e poi, c’è il resto della città, del paese, del pianeta …

“Che stai dicendo?” Gordon era allibito. Tornò con la mente ad anni prima, a Chicago e gli sembrò di ritrovarsi di nuovo di fronte l’uomo che aveva per sempre cambiato la sua vita.

Sto dicendo che la nostra collaborazione non è finita. Non replicare, Gordon. Sei un poliziotto intelligente ed onesto e sai anche tu che non puoi fare a meno di me, se veramente vuoi fare il tuo dovere fino in fondo.

“E non essere travolto da uno scandalo per averti aiutato …”

Non ho detto questo.

“Non mi stai minacciando?”

Non ho mai voluto farlo. Ora devo andare. Mi farò vivo io.

Fu veloce nel confondersi con le ombre alla sue spalle e sparire dalla vista di Gordon.

 

 

EPILOGHI:

 

1

 

Gotham, New York City, appartamento di James Gordon. – 20 Novembre.

 

Bullock sorseggiò il caffé che l’amico gli aveva preparato. “Grazie.” Espresse nel consueto modo secco e privo di troppi fronzoli la propria gratitudine.

“Prego.” Ricambiò Gordon che intanto si era seduto al tavolo del piccolo angolo cottura dove cucinava i propri pasti, prendendo posto di fronte all’altro.

“La Montoya ha passato un brutto quarto d’ora. Un gran brutto quarto d’ora!Rettificò subito con un sorriso cattivo. All’F.B.I. le hanno fatto la festa e se si limiteranno a toglierle il distintivo, sarà grasso che cola per belle chiappe. Tu invece, tra pochi giorni, sarai Tenente! Ci credi che sarà quel palle mosce di Loeb ad appuntarti i gradi e darti la medaglia?”

“Incredibile. Non c’era allegria in quel commento. Io Tenente.”

“Andiamo, te lo meriti Jim così come il riconoscimento per aver salvato quella stronza.”

“Non ho salvato nessuno e non ho fatto niente.”

“Hai fatto un ottimo lavoro di investigazione in questi anni.”

Gordon si passò una mano sul capo e, non senza esitazione: “Lavoro che ho passato ad un vigilante di cui non so praticamente nulla e che un giorno potrebbe rivelarsi più pericoloso della feccia che combattiamo.”

“Forse ma oggi non è andata così. La verità è che da anni questo distretto annaspava, soffocato da violenza e malaffare e per la prima volta abbiamo assestato un colpo significativo alla delinquenza. La mafia, a Gotham, è finita.”

“Gotham. Mi chiedo cosa accadrà ora. Questa storia della guerra tra mafiosi ha dimostrato l’inadeguatezza delle così detta polizia di Gotham nel gestire questioni interne e ha messo un freno alla follia della secessione da New York. Manterremo uno statuto diverso dagli altri distretti ma faremo ancora parte della City. Non so per quanto però.”

“Per quanto basterà a ripulire Gotham.” Bullock sembrava convinto di quello che aveva appena detto e a Gordon sarebbe piaciuto condividere quell’entusiasmo.

“Per ora, come hai detto prima, ci siamo liberati della Mafia. Abbiamo Masucci e la vedova del cugino che hanno confessato tutto quanto.”

“Bel colpo l’arresto della puttanella.”

“L’imbeccata è arrivata da dove sai tu.”

“Comunque bel colpo.”

“Abbiamo anche trovato gli uomini che ha ingaggiato per colpire in segreto gli affari dei suoi colleghi della seduta per spaventarli e convincerli ci fosse una guerra in atto.”

“La Seduta non l’avrà presa bene.”

“Orami non esiste più ma ci sono diversi uomini vicini ai suoi ex capi che vorranno la testa di Masucci.”

“Speriamo che il programma protezione pentiti funzioni bene, almeno fin quando non avrà detto tutto quello che sa.”

I due brindarono facendo tintinnare le tazze piene di caffè.

James Gordon si chiese quando Batman si sarebbe fatto nuovamente vivo.

 

2

 

Brown uscì dall’ospedale con l’aria di chi andasse al macello. Trovò con sua grande sorpresa Malone ad attenderlo. Non si scambiarono una parola e si limitò a seguirlo sull’auto con cui quest’ultimo era giunto, una chevrolette del ’90.

“Hanno mandato te per farlo?” Nessun timore o preoccupazione.

“Di cosa parli? Mettiti la cintura, non ho certo bisogno di essere fermato e multato.”

“Lo sai.”

“Non c’è nessun ordine su di te.”

“Come?” Era incredulo. La mafia non perdonava mai chi sbagliava.

“Gli uomini del commando di Masucci ti hanno preso alle spalle, lo hanno salvato e poi il porco ha pensato di costituirsi alla polizia.”

“Non è andata così.”

“L’azione è stata parecchio concitata. Difficile dirlo.”

“La polizia ha dichiarato che è stato quel Gordon ad effettuare l’arresto.”

“La polizia ha dichiarato ciò che gli faceva più comodo e poi, ci sono io come testimone.”

Brown lo fissò con insistenza: “Perché lo stai facendo?”

“Perché siamo colleghi.”

“No, non ti conosco nemmeno.”

“Ora si ed hai un debito con me.”

“Bastardo.” Disse sorridendo.

“Pensala come vuoi.” Senza curarsi troppo del commento l’altro.

“Qual è il tuo tornaconto in tutta questa storia.”

“Nessuno.”

“Raccontala ad un altro. So che sei partito all’inseguimento di Masucci ma non ti ho visto arrivare e poi, è comparso quell’altro tipo.”

“Chi?”

“Lo sai bene. Sei arrivato quando tutto era finito e mi hai portato via di lì sorreggendomi. Il Cavaliere Oscuro, quello che dicono che si chiami Batman, esiste ed è stato lui a ridurmi così.”

“Sono stati gli uomini di Masucci.”

“No. È stato lui e tu lo sai.”

“So che se insisti con questa storia passerai per matto. Posso darti un suggerimento?”

“Prego.”

“Sarai comunque liquidato come previsto, visto che non è stata colpa tua la fuga di Masucci. Prendi quei soldi ed esci dal giro.”

“Tu sia che esiste.” Insistette.

“Non darai retta al mio consiglio?”

“Si. Mi ritirerò.” Brown era un uomo intelligente, tanto da capire quando doveva accettare “l’ultima offerta”. Quella era l’ultima e l’unica che avrebbe ricevuto per tirarsi fuori da quella faccenda in modo pulito.

Malone continuò a guidare senza aggiungere altro.

 

 

3

 

Lasciò cadere il nuovo mazzo di rose sull’asfalto che guardava con un misto di rabbia e ribrezzo. Ovunque sporcizia, accumulata in piccole montagnole maleodoranti che rendevano ancora più triste e patetico quell’angolo di mondo un tempo teatro della bella vita gothamita.

“Non devi prendertela troppo, Alfred Pennyworth avanzò di qualche passo verso di lui, aiutandosi come sempre con il bastone, da quando è iniziata la storia della secessione di Gotham il servizio pubblico funziona a singhiozzo, quando funziona. La nettezza urbana non fa eccezione. Inoltre la guerra nel mondo della criminalità che fino ieri ha imperversato in città ha peggiorato le cose. Era normale che quelle orse non durassero troppo. Non dureranno nemmeno queste.”

Bruce Wayne fece spallucce. “Non mi aspettavo rimanessero lì per sempre ma nemmeno tre giorni mi sembra troppo.”

“Dovresti riposare. Hai avuto un periodo stressante.” Suggerì Alfred.

“Ho l’incontro con Max Schrek oggi, non potrei riposare comunque e non posso disertare visto che sono uno dei suoi azionisti più importanti ed in vista.” Il tono di voce era algido e distante, come sempre quando erano in privato.

“A proposito, William Earle e Lucius Fox continuano ad insistere per avere un incontro con te.”

“A quale titolo?”

“Per sapere che cosa vuoi fare rispetto alle Wayne Enterprises.”

“Rispetto a quanto ne rimane, vorrai dire. Ad Alfred non sfuggì una nota di sarcasmo in quel commento. Hanno venduto tutte le compagnie più piccole che la componevano, puntando tutto sul settore tecnologico e medico. Mio nonno, pronunciò quella parola quasi fosse stata una fastidiosa incombenza che non poteva essere disattesa,era convinto che sarebbe stato un bene. Se temono possa avanzare pretese sull’azienda di famiglia, di loro di star tranquilli. Ho il fondo di fiducia di cui sono beneficiario, le mie azioni ed i beni immobili che costituiscono il mio patrimonio a garantirmi una vita tranquilla. Inoltre, lanciò un’occhiata rapida ad Alfred dopo essersi sincerato che non ci fosse nessuno nei dintorni, non ho né il tempo materiale di mettermi a capo di un’azienda né tanto meno voglio essere troppo al centro delle scene. La recita dello scapolo impenitente dai modi e dai gusti eccentrici è già troppo impegnativa di per sé.”

“A mio avviso, insistette Alfred, dovresti parlarci. Non sono tipi da mollare facilmente e potrebbero crearti qualche problema se iniziassero a starti troppo addosso.”

“Terrò presente il suggerimento.” Tagliò corto.

“Ed ora che farai?”

“Andrò avanti con il piano, come avevamo stabilito. La Seduta è stata solo una tappa. Ora ho posizionato le mie pedine sulla scacchiera e devo cominciare a fare le mie mosse.”

“Le pedine?” Alfred sorrise nel sentire quella parola. Un sorriso amaro.

“Gordon è diventato Tenente grazie all’arresto di Masucci e della sua amante. Con un po’ di fortuna riusciremo a fargli fare il passo successivo e metterlo al vertice.

Malone ora è considerato un uomo d’onore e gode della fiducia di Arganese che controlla quanto rimane della Mafia gothamita.

Brown , che rappresentava un pericolo per le nostre operazioni, è stato allontanato ed è in debito con Malone.

La Montoya è stata scredita e non costituirà più un ostacolo.

Inoltre, il nome di Batman è sulle labbra di tutti. Solo che invece di essere urlato, comparve un sorriso soddisfatto sul suo volto, è sussurrato come volevamo.”

“La Leggenda di Batman. Caricò volutamente quell’affermazione senza scorgere in Bruce nessuna reazione evidente, stizzita o meno che fosse. Era questo quello che volevi, sin dall’inizio. Il tuo spauracchio contro la criminalità.”

“Volevo un’ombra che incombesse minacciosa su tutti loro. Aggiunse. Guardò ancora una volta il punto dove anni prima erano caduti i corpi dei suoi genitori e dopo aver inforcato gli occhiali da sole si voltò per andare verso la berlina che lo attendeva. Vieni con me?”

“Si. Non ho voglia di aspettare un taxi. Stasera non dimenticarti che abbiamo da fare. Dobbiamo portare l’attrezzatura nel tuo pied-à-terre.”

“Stasera. Si. E dopo farò un giro.”

“A controllare il tuo nuovo feudo?”

“A controllare che la città non dimentichi in fretta il mio nome. A ricordarle che ora c’è un cavaliere oscuro a vegliarla.”

Alfred Pennyworth guardò l’uomo che giorno dopo giorno aveva visto crescere sotto la sua guida.

Per un attimo, solo per un attimo gli sembrò di scorgere ancora la figura del bambino gentile e premuroso che era stato. Fu solo un istante e nulla più. Pronunciò quel nome a bassa voce, così come tutti avrebbero dovuto farlo, chiedendosi se esistesse veramente oppure no:

“Batman”.

 

 

Fine.