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Creato da Alex Toth

 

Gєиєѕι

 

UROBORY LAB

 

Di Yuri N. A. Lucia

 

N.3

 

Dio

 

 

Brutor era il sesto tra i Re che avevano governato il Popolo delle Tigri dai denti a sciabola. La loro tribù era sopravvissuta a prove d’inimmaginabile crudeltà, in territori proibitivi per ogni altro essere umano, fortificandosi nel corpo e nello spirito e, alla fine, sollevandosi con lo scopo di creare nel mondo un regno come mai s’era visto prima. Brutor era stato, probabilmente, il migliore tra tutti i sovrani in questo, persino più grande del primo, ed il suo popolo lo temeva e lo rispettava, per la forza e l’ingegno di cui era dotato.

Non c’era battaglia in cui non partecipasse in prima persona e, spesso, affrontava in prima persona i campioni delle tribù che gli venivano mandati contro in sfida, senza servirsi di altri che combattessero al posto suo.

I soldati che comandava gli erano leali fino alla morte anche per questo.

Il gruppo, venti forti uomini armati di lancia e coltello, seguiva i passi del proprio Signore che a sua volta seguiva quello delle due guide mandate in avanscoperta. Se Korg fosse stato lì a guidarli, sarebbe stato più semplice ma l’aver trovato il corpo di Broge gli aveva fatto capire immediatamente le sue intenzioni: vendetta; “sciocco di un cacciatore!” mormorò a denti stretti.

Il suo Migh, il primo cacciatore, aveva ceduto alle emozioni e aveva seguito Tor chissà dove. Se Broge, che era un lottatore migliore di Korg, era stato sconfitto, significava che molto probabilmente anche lui avrebbe conosciuto la fine per mano di Tor.

Tor. Il bambino che avevano portato al suo cospetto ormai era definitivamente scomparso nell'uomo che lui stesso aveva contribuito a creare.

Quanto era divenuto forte il suo schiavo? Lo avrebbe scoperto presto.

Gar, il vecchio Grande Sciamano era morto e la reliquia era sicuramente nelle mani del ragazzo. Che stesse fuggendo senza una meta ben precisa gli sembrava troppo improbabile e Gar era troppo saggio ed avveduto per non aver previsto siffatta evenienza.

Dove era diretto? Che ci fosse qualcuno capace di offrirgli aiuto? Tutte le tribù che vivevano nei pressi della valle erano state conquistate o spazzate via. Possibile, si chiese, che ci fosse qualcuno che gli era sfuggito?

Brutor aveva mandato i suoi messaggeri a richiamare buona parte delle sue truppe.

Quindici uomini da ogni villaggio occupato: cento trenta in tutto; gli schiavi sarebbero stati chiusi nelle celle che saggiamente aveva fatto costruire perché sarebbero rimasti ben pochi uomini per poterli controllare efficacemente tutti. Era un piano rischioso ma per recuperare la Sacra Reliquia doveva tentare il tutto per tutto, e dunque aveva bisogno di quell’invincibile armata, la più grande mai vista, un totale di centro cinquanta uomini contando quelli che già erano con lui.

Quel giorno, lo sapeva, sarebbe accaduto quanto sempre pensato: si sarebbero alfine decise le sorti dell’umanità tutta.

 

IX

 

Il corpo di Baran fu portato via e, a sostenerlo insieme alle altre donne del villaggio, anche Basimine. Bisirk guardò con tristezza il mesto corteo e ancora con più tristezza pensò che non c’era tempo di dare al nipote una giusta sepoltura.

Jomi aveva terminato il suo lavoro, consegnando a Tor la clava.

L’Anello di Primo Ferro era stato incastrato facendolo passare dalla parte più stretta del legno che veniva usata da Tor come impugnatura, spingendolo sin quasi al centro. Sulla clava, prima di compiere tale operazione, Jomi stesso aveva inciso un segno che rappresentava, gli fu detto poi, l’Albero della Vita stessa.

“Quest’arma unisce assieme il passato ed il futuro. Ricordati: essa aprirà la strada per un nuova era.”

Tor la strinse tra le mani, saggiandone ancora una volta peso e consistenza e poi, gettò uno sguardo a Korg che giaceva in terra, privato per sempre del respiro:

Korg, Primo Cacciatore del Re, se puoi udire le mie parole, ricorda bene, colui il quale tutti ci trasse in umiliante schiavitù pagherà per le sue colpe, così come tu pagasti per le tue. Poi si rivolse a Bisirk. Generoso Signore degli uomini delle Scure Caverne, faccio appello all’amicizia che m’hai dimostrato chiedendoti di fare una cosa per me.”

“Tutto ciò che il nostro nuovo Campione chiederà.”

Tor sorrise. Un sorriso amaro e affatto esausto. Lui non aveva mai chiesto di essere un campione. Lui voleva solo tornare alla sua vecchia vita e cancellare il peso di quegli orribili anni con un unico gesto ma era impossibile, e lo sapeva troppo bene. Ormai, arrivati a quel punto, a Tor rimaneva solo una cosa da fare: combattere; istruì Bisirk con le sue richieste ed il saggio capo tribù assentì più volte con un cenno della testa.

Bisirk trasmise l’ordine ad un suo fidato attendente che provvide a sua volta a metterlo in atto.

Tor doveva prepararsi perché, di lì a poco, avrebbe fatto i conti con il Re in persona che, ne era sicuro, ormai era sulle sue tracce.

“Oggi finisce la segretezza con cui avete vissuto le vostre vite, avvisò Tor, oggi, mio buon ospite, il tuo popolo dovrà uscire dal sicuro grembo di terra e pietra in cui fin’ora è stato protetto e affrontare la più grande delle battaglie. Bisirk prestò grande attenzione alle parole del guerriero. Il Re sa del fallimento dei suoi uomini, il Re si sarà a quest’ora messo sulle mie tracce ed i cacciatori a guidarlo, se pur meno abili di Korg, conoscono bene il loro mestiere. Presto o tardi, nella loro cerca senza posa, spronati dal volere del loro malefico dio, arriveranno anche qui e allora non ci sarà riparo che vi nasconderà alla sua vista. Dovete decidere se attenderlo qui per farvi cingere in un assedio che terminerà con la vostra inevitabile caduta, oppure seguirmi e tentare il tutto per tutto, in una mossa che non s’aspettano.”

Bisirk parlò, con la voce e dignità che si confacevano al suo ruolo: “Sagge sono le tue parole e benché al contempo dure, veritiere. Gli uomini tigre giungeranno qui e ci strapperanno la dignità di dosso, così come fecero con gli altri popoli che ebbero la sfortuna d’incontrarli. Dico NO! I figli degli Uomini degli Alberi Alti si sono preparati per combattere la battaglia delle battaglie, non per essere tratti in servitù, assoggettati ad un giogo soffocante e vessati da crudeli gabelle! Oggi, Tor, prenderemo posto al fianco del Figlio degli Uomini della Valle e combatteremo per la libertà e le nostre terre!”

Nell’antico gesto di fratellanza che suggellava un patto tra uomini e tribù, i due strinsero reciprocamente il braccio.

X

 

I cieli s’erano annuvolati, preludendo al finale capitolo d’una guerra iniziata molto prima che gli uomini della valle e gli uomini tigre potessero immaginare.

Il grande Avvoltoio descrisse dei cerchi sempre più stretti, cercando un segno, qualcosa che potesse essere sfuggito a Brutor ed i suoi uomini.

La Reliquia doveva essere sua perché essa era la chiave per tornare a casa, la sua vera Casa, quella da cui venne bandito il giorno in cui disse la verità ai propri pari.

Ricordava ancora con rabbia e dolore i giorni della cacciata: “Maledetti siate tutti! Gli urlò Ricordate quanto vi dico! Potete cacciarmi, oggi ma non porre termine al mio vivere e saranno le forze di quanti avete scioccamente protetto, nel nome d’uno stupido ideale, a foraggiarmi, rinnovando il mio vigore ‘si ch’io possa sopravvivervi, sopportando il peso della vostra maledizione. Ricordate, o voi che siete i giudici delle umane sorti, i vostri protetti commetteranno degli errori, errori che gli saranno fatali e da soli scriveranno il triste epilogo della loro tragica storia e, allora, oh stolti, io tornerò sotto l’ombra delle fronde benedette e da qui realizzerò il mio proposito di pacificare la Madre Terra, restaurandone la purezza!”

Il vento scorreva rapido sotto le piume del necrofago uccello il cui sguardo fu attirato da un piccolo particolare. Occhi avidi si focalizzarono su quanto ad uno sguardo meno ingordo e meno acuito dall’urgenza sarebbe sfuggito.

“SI!” Proclamò trionfate a chilometri di distanza il Dio Avvoltoio la cui mente era immersa nelle carni del suo avatar.

A Brutor doveva essere sfuggita, concentrato com’era nella sua caccia al piccolo uomo della valle ma non a lui, che dovette ringraziare il brucante bisogno di vendetta di Korg, tale da non dargli tempo di donare sepoltura al corpo del defunto Broge.

Se questo non fosse stato, mai, mai il Signore dei Cieli si sarebbe avveduto di quella piccola ed unica scheggia, un frammento di legno affondato tra osso e carne, la sua chiave per tornare finalmente al luogo che gli spettava.

Brutor era stato il mezzo con cui giungere al suo scopo ed ora che poteva finalmente compiere il suo destino, lui ed i suoi uomini tigre perdevano d’ogni significato ed utilità.

Non più i Custodi dell’Albero ad impedirgli di realizzare i suoi propositi, frustrandone i desideri, non più la loro forza opposta alla sua.

“ORMAI SIETE SOLO SPIRITI! Ghignò nel suo vero corpo in preda al giubilo. La vostra potenza s’è smorzata da tempo e non mi rimane che superare la maledizione che avrebbe dovuto separarmi da ciò che è mio di diritto!”

Tuttavia, nonostante la gioia quasi isterica che lo pervadeva, aveva avuto un sentore, una premonizione che l’aveva messo in guardia: era successo qualcosa, una nuova potenza si stava affacciando su quel mondo e lui ancora non riusciva a comprenderla; non poteva e non voleva rischiare. Dunque Brutor avrebbe assolto ad un ultimo compito, dando prova della sua lealtà, prima di essere dismesso con un vecchio, inutile cencio.

 

XI

 

Le lance degli Uomini delle Scure Caverne sibilarono, abbattendosi sulla retroguardia degli uomini tigre in cerca di vendetta per i soprusi da essi perpetrati in quelle terre dal giorno della loro venuta.

La pietra lacerò le carni ed i polmoni e i corpi s’accasciarono a terra, privati della vita.

Brutor lanciò un ordine con autorità e freddezza, ‘si da ricompattare i suoi uomini, inizialmente preda dello sbigottimento.

Maledezione!” Si concesse di dire a sé stesso. Non s’era aspettato un attacco, non mentre era ancora in attesa dei suoi rinforzi.

Sospettava che Tor avesse degli alleati perché non casuale doveva essere la sua fuga ma che costoro fossero addirittura in grado di fronteggiarlo direttamente, non se lo avrebbe creduto.

La carica dei guerrieri che si trovò di fronte, era guidata dal figlio dello sciamano che lui aveva cresciuto nell’odio e nell’osservanza di una sola regola: sopravvivere; Tor sembrava uno spirito materializzatosi improvvisamente, una visione atterrente che avrebbe soffiato paura in cuori meno impavidi di quello che batteva nel petto di Brutor, egli stesso non immune dal provare, per lui sorprendenti, sentimenti di timore.

Al collo portava un ciondolo, il dente di una Tigre, mentre il capo era protetto da un cappuccio di cuio marrone scuro, sulla cui sommità erano state innestate, incollandole con una misture a base di pesce, le corna di un corn'aguzze.

L'animale che gli aveva quasi tolto la vita e quello che gliela aveva salvato erano divenuti i suoi totem spirituali.

I muscoli ed i tendini erano tesi sin quasi allo spasmo, le labbra serrate mentre guadagnava velocemente terreno precedendo i suoi alleati, diretto verso la fonte del bruciante odio che da anni gli scavava senza sosta nell'animo.

“RE!” Chiamò in rabbiosa sfida, quasi un ringhio animalesco.

A nulla valsero i tentativi di due guerrieri in avan scoperta di fermarlo.

Tor si abbasslò evitando il colpo di un'ascia e, scattando con forza verso l'alto colpì sotto il mento con la clava, spaccando in due la mascella dell'uomo.

Il suo compagno tentò di prendere l'ex schiavo alla sprovvista ma quest'ultimo era, nonostante i violenti sentimenti ad animarlo, ben presente e cosciente dei pericoli che correva. Intercettò il coltello d'osso che voleva ghermirgli la vita con la clava e, dopo aver assestato un poderoso calcio al ginocchio, lo finì colpendolo una sola volta sul capo.

Ci furono una serie di esclamazioni di sopresa, non solo tra gli Uomini Tigre ma anche tra quelli delle Scure Caverne. Brutor, come tutti, ne era certo. Non poteva essersi sbagliato: la clava di Tor s'era illuminata la seconda volta che aveva colpito; era dunque quello il “legno” di cui il suo Dio gli aveva parlato? Tor lo usava come arma? Eppure, da quanto Dio gli aveva detto, non avrebbe dovuto possedere quel tipo di poteri.

Nonostante la paura i suoi uomini si comportarono con onore, Brutor lo riconobbe con compiacimento, non declinando la sfida che Tor gli lanciò con il suo prolungato ululato di vittoria.

Più colpiva, più la clava brillava, ora d'una luce sempre meno vaga e sempre più luminosa, un ardere smeraldino che distorceva l'aria stessa, facendola tremolare e, anziché perdere vigore, ogni uomo che Tor chiamava alla morte sembrava rafforzarlo.

BRUTOR!”

Subito il monarca alzò lo sguardo per cercare l'Avatare del suo Signore. Era lì, alto nei cieli, l'Avvoltoio sacro ma stavolta, lo sentiva, non era semplicemente lì per mostrare tramite i propri sensi quanto stava accadendo al suo padrone. Quello scontro era importante e sicuramente Dio avrebbe chiesto tramite la bestia, l'estremo sacrificio al suo umile schiavo.

“Eccomi! Il tuo fedele servitore risponde al tuo appello!” Non si curò di mantenere segreti i suoi pensieri, li urlò davanti agli uomini che con lo sguardo seguirono quello del loro Re che, d'improvviso, aveva alzato entrambe le mani al cielo.

L'uomo della valle chiamato Tor è pervenuto ad un potere che non avrei immaginato potesse comparire in questo mondo! Esso potrebbe rappresentare un ostacolo alla mia Ascesa e dunque, Brutor, sarà tuo compito fermarlo. Stavolta però non basteranno né la tua lealtà, né la tua sola forza per adempiere a tale missione e dunque, io, Dio degli Uomini Tigre, ti concederò l'onore di banchettare della mia potenza! Sappi però, che anche se uscissi vincitore dalla battaglia, sarai provato a tal punto che non potrai più regnare tra i tuoi simili.

Brutor non teme! Rispose all'indirizzo dell'avvoltoio attraverso cui Dio trasmetteva i propri pensieri. Gli uomini del Re ora erano davvero impauriti. Se il loro Sovrano era arrivato non solo a svelare le sembienze dell'avatar di Dio comunicando apertamente con lui al loro umile cospetto ma persino a pronunciare il suo stesso nome, nome che non usava più dall'incoronazione, allora significava solo una cosa: la situazione era disperata e sarebbe stato il Re stesso ad affrontare quella sfida.Sono pronto all'estremo sacrificio. Tutto per l'onore e la gloria del mio Dio. Tutto per testimoniare il valore dei miei fratelli! Fai di me il tuo strumento, dunque! Non esiterò a compiere il tuo volore!”

Mi compiaccio del tuo coraggio e della tua lealtà! Ora è giunto il momento, Brutor. Quando venisti acclamato Re dalla tua gente ti sottoposi all'antico rituale che sancisce il patto dall'alleanza tra gli Uomini tigre e me, che sono vostro Dio. Ti diedi da bere il mio stesso sangue, 'si che tra noi si creasse un legame indissolubile. Servendomi della mia bestia come tramite, posso, in virtù del rituale, donarti una parte del mio potere, una generosa parte che incrementerà il tuo vigore rendendoti ben più che umano! Dunque preparati, tra poco sarai pregno di una nuova forza!

Tor intanto avanzava, due soldati delle Caverne Scure a proteggere il suo fianco sinistro e tre quello destro, menando colpi con la sua clava ormai ribollente di vivo fuoco, la potenza dei suoi muscoli cresciuta, come se il sacro oggetto gli stesse trasmettendo forza.

“Re! Sto arrivando e presto assaggerai la giustizia che dispenserò!” Gli gridò contro.

Brutor si fece passare una lancia ed un'ascia dalle guardie preposte alla sua difesa personale e poi li incitò ad andare incontro al nemico, cosa che fecero incontrando quasi subito la morte per mano degli alleati di Tor. Piantò la lancia a terra e infilò l'ascia nella fettuccia di pelle che gli permetteva di chiudere il gonnellino di pelo e poi allargò le braccia e lasciò che il suo dio compisse il miracolo: le membra del capo tribù cominciarono a gonfiarsi, deformandosi, accrescendo la già notevole statura dell'uomo il cui contorno brillò per qualche istante di una sinistra luce scarlatta.

Gli occhi del Re erano inniettati di sangue e si aprirono nuovamente sullo scenario che vedeva la disfatta dei suoi guerrieri, tutti uccisi e ormai cadeveri.

L'avvoltoio era caduto in terra, carbonizzato a causa del violento flusso d'energia che l'aveva attraversato durante il rituale.

Gli uomini delle Caverne Scure lanciarono un grido di paura e stupore a causa di quella improvvisa e terribile metamorfosi ma Tor invece che arrestarsi come avevano fatto gli altri saltò il corpo dell'ultimo avversario abbattuto e corse contro Brutor. Il giorno in cui avrebbe pareggiato i conti era alfine giunto.

La lancia che il nuovo avatar del Dio aveva nuovamente impugnato fischiò veloce, mancando Tor di pochissimi millimetri e lasciandogli un ricordo sulla guancia sinistra. Non si curò del sangue che sgorgò dal taglio, né del povero guerriero che, trovandosi sulla traiettoria dell'arma, incontrò la fine dei propri giorni. La lancia arrivò su di lui con tale foga che fu attraversato da parte a parte, senza aver il tempo di emettere nemmeno un gemito.

Brutor estressa sia la propria ascia che quella chiesta poco prima e corse incontro a Tor.

Tale era la forza di Brutor che quando Tor ne parò un colpo utilizzando la clava frapposta tra la sommità del proprio capo e l'ascia stessa, affondo di un paio di centimetri nel terreno.

Allontanò subito da sé il pericoloso avversario, eseguì un passo d'affondo, colpendolo con un pugno, il braccio ad angolo retto, dritto allo stomaco.

La differenza di taglia era notevole già prima della metamorfosi ma ora, ridotto ad un grottesco gigante, era persino aumentata.

Le nocche andarono a cozzare contro gli addominal gonfi, e anche se il colosso arretrò di un paio di metri per effetto del colpo, riuscì comunque a resistere agli effetti più devastanti.

Il Re s'era avveduto che la clava di Tor era resistente come la pietra, forse a causa dell'energia che l'attraversavava e il giovane guerriero capì che il pugno che avrebbe abbattuto persino una tigre dai denti a sciabola non aveva sortito effetto sul detestabile tiranno le cui risorse erano state incrementate dal feroce dio.

Brutor cominciò a spostarsi laterlamente, una delle asce davanti a sé, a guardia del plesso solare e a mantenere le distanze con l'avversario, l'altra roteata lentamente, quasi a volerlo distrarre.

Tor conosceva bene quella tattica, usata da lui stesso più volte nei combattimenti armati: disorientare l'avversario con quei movimenti per poi scattare e prenderlo di sorpresa; anche Brutor era un esperto combattente e lui stesso, in gioventù, per dimostrare il proprio valore era sceso nell'Arena dei guerrieri di suo padre. Troppo esperto per non sapere che Tor avrebbe immaginato il senso di quella mossa e per questo lo sorprese, scagliandogli contro l'ascia che stava all'altezza del fianco.

Tor fu sorpreso dalla rapidità del flagello del suo popolo e riscì appena in tempo a deviare il colpo con la clava. La lama di pietra andò in pezzi ma lui si trovo addosso l'oppoenente in un solo istante. Brutor era veloce, ben più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un uomo della sua stazza e con la mano libera spinse l'arma del giovane verso l'addome e si preparò ad aprirgli in due la faccia con un fendente mirato al volto. Tor, invece, non oppose resistenza e anziché puntare i piedi e finire bloccato, si svutò di lato uscendo dalla traiettoria del micidiale colpo che finì a vuoto.

Ancora una volta si disipegnò, stavolta allontanandosi lui dal feroce signore degli uomini tigre.

Brutor portò subito un nuovo colpo, stavolta un fendente laterale che ancora una volta Tor parò ma stavolta il sovrano fece scattare il braccio, percorrendo all'inverso il percorso e il dorso della sua mano colpì come una violenta frustrata il volto di Tor che fu sbalzato per una decina di metri, la clava sfuggita alla sua presa rotolò lontano da lui e gli uomini che poco prima aveva guidato allo scontro ulrarono per il timore che il loro campione fosse stato sconfitto.

Così come Brutor anche Tor era stato potenziato, anche se da una fonte diversa e, anziché morire sul colpo come sarebbe accaduto a chiunque altro, tentò di rimettersi in piedi, la testa in fiamma, il sangue che colava copioso dalla tempia.

Brutor era nuovamente scattato, ancora una volta con velocità disarmante: la clava era la cagione della forza del suo nemico e separato da essa, in breve, si sarebbe indebolito o almeno così supponeva; dunque doveva finirlo in quel momento.

Tentò di sfondargli il cranio nuovamente con l'ascia ma con il taglio della mano nuda, Tor deviò il colpo, portandolo fuori bersaglio e assestò un pugno sotto il mento di Brutor che vacillò, perdendo a sua volta l'arma. Il Re afferrò Tor, cingendolo in un mortale abbraccio, approfittando del suo temporaneo disorientamente e cominciò a stringere, con forza sufficiente a sgretolare una roccia e, come previsto, sentiva il corpo del ragazzo indebolirsi tra le sue braccia.

Che fosse quella la sua fine? Si chiese il crudele oppressore. Non poteva credere che quel giovane che aveva sopportato pene oltre ogni dire si arrendesse così ma lui non poteva graziarlo. Se lo avesse fatto, tutto ciò che aveva fatto sarebbe stato vanificato.

Tor aveva peprso quasi tutto il fiato ma non si dette per vinto.

“ROOOOARRRRRRRRRRRRR!!!!” Fu il ruggito che si levò dalla sua gola, un verso atterrende che colse Brutor di sopresa e subito fece scattare i muscoli del collo, assestandogli una poderosa testata sul naso. Ci furono lunghi fiotti di sangue e l'energumeno mollò la presa. Subito, usando le sue ultime forze, Tor lo cominciò a tempestare con una violenta grugnola di colpi, una feroce scarica alimentata da quanto rimaneva del suo potere e dalla bruciante rabbia, approfittando della guardia aperta del nemico.

Nonostante la potenza infusa dal dio avvoltoio, Brutor subì l'attacco del guerriro. Perse quattro denti ed un'occhio, sentì un paio di costole ed il gomito fratturarsi ed infine cadde in terra.

Il mondo si era velato di rosso e quando schiarì la vista, Tor aveva già recuperato la clava.

Tentò un ultimo disperato attacco, facendo ricorso a le forze restanti e confidando nel fatto che sentendo la vittoria in pugno, il giovane avrebbe compiuto l'errore di abbassare le difese. Si produsse in un pugno di tale forza da trapassare da parte a parte persino un uomo della sua stessa grandezza.

 

XII

 

Brutor stringeva con forza il polso, per impedire che il sangue se ne corresse via dal moncherino, un cratere fumante nato dal cozzare del suo pugno contro la clava che Tor gli aveva opposto in un violento colpo.

C'era stata un esplosione di luce verde e pezzi d'osso misti alle carni dilaniate.

Il Re era in terra, il braccio stretto al petto, un lago scarlatto che si gli allargava intorno, il respiro pesante, affannato ma non si lamentava. Fissava il trionfatore senza né biasimo, né rancore.

“Oggi pagherai, oh re degli uomini tigre, lo apostrofò caustico Tor, indicandolo con la clava, per tutti i tuoi peccati. Sei pronto a rimettere l'anima?”

“Ora che ho mondato i peccati del tuo popolo, si.” Tale risposta provocò un moto di indignazione da parte di Tor che rispose: “Mondato i peccati della mia gente? Come osi! Dopo tutte le sofferenze e le nequizie che hai dispensato, ti fai beffe di me che ti ho vinto in duello?”

“Nessuna beffa, oh figlio dello sciamano. Nessuna presa in giro. Solo una verità scomoda, che il tuo buon Gar, ultimo depositario del segreto, ti ha volontariamente taciuto.”

“Quale segreto?! Di cosa blateri! La Tribù della Valle era pacifica e viveva in armonia in queste terre! Prima del vostro arrivo, era quanto accadeva!”

“Così anche per la mia gente, prima del vostro arrivo.”

“Prima del nostro arrivo? Che inganno è quello che stai cercando di propinarmi? Nella tua ultima ora non riesce a pensare ad altro che infamare il nome della mia gente con tali menzogne?”

“Nessuna menzogna. Brutor sorrise comprensivo al suo carnefice, lasciando questi spiazzato. Gli uomini vennero dal Giardino, come tu sai e come ti è stato insegnato, e primi tra essi vi erano gli antenati della Tribù dei Corna Aguzze. Essi si stabilirono in zone prospicenti all'ingresso al mitico reame che era stata la loro casa e vi edificarono un fiorente ed ubertoso villaggio in cui vissero in pace per alcune generazioni, questo prima dell'arrivo dei tuoi antenati. Essi erano stati tra gli ultimi ad abbandonare le Terre Beate e giunsero in un mondo a loro estraneo ed ostile. Pensarono bene di prendersi quanto i Corna Aguzze s'erano conquistati faticosamente, evitando per sé stessi quella fatica e così, forti del proprio numero superiore a quello dei primi abitatori della valle, li scacciarono dopo averli quasi sterminati.”

Tor era incredulo e tentò di replicare: “Impossibile! Impossibile! I miei avi non avrebbero mai...”

“E tu che ne sai? Lo ammonì senza cattiveria Brutor.Pensa al credito che riscuoteva la tua gente tra tutti i propri vicini. Da cosa pensavi che derivasse? Generazioni fa, eravate guerrieri non meno feroci e spietati di quelli che io ho comandato. La processione di disperati e diseredati da voi creata, attraverso tra mille difficoltà il deserto, solo per giungere in una terra inospitale e perigliosa in cui il dolore per l'umiliazione e le dure prove a cui erano sottoposti ogni giorno ne fece gli Uomini Tigre.

Così, ecco che il cerchio si chiuse, e gli esuli tornarono da conquistatori nelle terre di cui erano stati defraudati e voi, gli antichi oppressori, diveniste oppressi.”

Tor arretrò di qualche passo. Era sincero. Lo sguardo dell'occhio superstite di Brutor era onesto ed aperto, come mai l'aveva visto.

“Dunque, questa è la cagione d'ogni cosa? D'ogni dolore patito e d'ogni crudeltà inflitta? Vendetta?”

“Oh, no. No, Tor. Non vendetta. La giustizia insita in tutto ciò è befferarda. Gli uomini tigre non conoscono tale storia perché, vedi, i nostri ancestori pensarono bene di far dimentiche i propri figli di tale penoso ricordo, il cui peso veniva portato solo dai regnanti, così come erano i vostri Grandi Sciamani a conservare il vostro. Conoscevo questo vostro segreto perché lo strappai a Mocho, colui il quale sarebbe dovuto succedere a Gar nel ruolo di Grande Sciamano. Non morì subito come tu e molti altri credeste ma finì tra le mie grinfie e, per risparmiarsi le pene della tortura mi rivelò persino è più di quanto non m’aspettassi.

Quando guidai qui i miei uomini, essi erano convinti che le nostre genti avessero abitato quelle lande inospitali sin dal primo respiro del mondo e non sapevano nulla di voi o di cosa avevate fatto.”

“Allora, perché? Perché tanta dedizione nello stroncarci, nel vessarci con efferate spietatezze come avete fatto?”

“Progresso.”

“Progresso?”

“Quando divenni Re del mio popolo, avevo visitato già alcune terre straniete e m'ero avveduto che in ognuna di esse, i propri abitanti, avevano perso quel coraggio che li aveva guidati i giorni dell'Esodo, quando conquistarono per sé ed i propri figli la Madre Terra.

Voi stessi, Tor, vivevate in un illusorio benessere, troppo dipendenti dalla generosità della natura e dalla clemenza del destino. Le tribù non sono cresciute, non si sono moltiplicate e non hanno colonizzato nuove terre, a differenza della nostra che per necessità si è espansa.

Ho capito che il mondo doveva essere salvato dal torpore in cui era caduto, un torpore che all'umanità sarebbe stato fatale e così ho mosso ad essa guerra per spezzare quel fatale sogno in cui parevano essersi perse le genti.

L'alternativa era lasciarvi morire tutti e, se fossimo rimasti solo noi, non sarebbe stato un bene.

Anziché una fine lenta ed indolore, ma inevitabile, vi ho portato morte e distruzione, una pestilenza come mai avete visto da cui però siete usciti purgati. Guardati! Un piccolo bambino divenuto un guerriero capace di sconfiggere un Re in battaglia! Avresti potuto fare altrettanto senza di me? Capii subito che tu possedevi una forza di volontà superiore ai tuoi simili, il giorno in cui ti trascinarono al mio cospetto dopo che tuo fratello venne ucciso da un mio soldato.

Sapevo che tu eri l'uomo che avevo da sempre cercato, colui il quale avrebbe posseduto la forza che mancava a me e che non vedevo nella mia progenie.”

“Di cosa vai blaterando?” Chiese Tor con un filo di voce.

“Accettai la servitù al dio avvoltoio come avevano fatto i miei padri, perché egli ci aveva favorito in un ambiente a noi ostile ma ben conscio dei suoi reali intenti: egli non ama nessuno e di certo non noi, che considera poco più di miserabili schiavi da sacrificare per i propri scopi; io però non potevo abbatterlo, non ne ero capace e nessuno tra i miei poteva.

Nessun uomo al mondo avrebbe potuto sconfiggerlo e sapevo che un giorno sarebbe pervenuto ad un tale potere da annichilirci tutti e dunque ho fatto l'unica cosa per me possibile.

Lo convinsi a darmi la sua benedizione nel muovermi contro tute le altre tribù esistenti. Feci leva sul suo orgoglio, promettendogli onori e tributi, lo convinsi con la logica, dimostrandogli che il popolo che lo adorava doveva espandersi se voleva sopravvivere, per continuare a servirlo, e lui accettò.

Così la catena degli eventi messi in moto dai tuoi avi ci ha portato a questo giorno ed io, Tor, sono stato un anello di quella catena. Sappi che mi prendo la responsabilità di tutto quello che ho fatto e nulla rinnego. Guardati intorno!”

“C'è solo disperazione intorno a me!” Gli urlò con le lagrime agli occhi.

“No! Molti, per sfuggire alla schiavitù e al massacro, sono scappati e proprio come fecero in passato i Corna Aguzze superstiti, colonizzeranno nuove terre, rafforzati dall'olocausto e tu, Tor, un giorno li unificherai in un Regno come mai s'è visto e sarai un Re ben più potente di me, capace di entrare nella legenda e, Tor, anche il mio sangue avrà un posto in essa.”

“Cosa intendi?!”

“Per me è stato facile indurti ad accoppiarti con le mie figlie, facendoti credere fossero schiave. Il fuoco tra i tuoi lombi e l'ignoranza hanno fatto di te lo stallone ideale per loro. Montasti Virna che tre anni fa ti diede due figli, un maschio ed una femmina. Non ti dirò quali sono le altre, perché ora sai che tra la mia gente c'è chi ha il sangue tuo e della tua gente e quando solleverai i popoli contro ciò che resta del mio regno, sarai clemente con i miei sudditi e li prenderai sotto la tua ala protettetrice.”

“Bastardo...”

“Era necessario. Se fossimo stati gli unici sopravvissuti, sarebbe stata comunque la fine del mondo perché ci saremmo estinti, indeboliti dai continui incroci tra di noi ma non volevo nemmeno che ci sterminaste completamente o che il mio casato finisse! Puoi biasimarmi?”

“Ed ora che siamo parenti, vuoi che risparmi la tua vita?”

“AHAHAHAH! Non dire sciocchezze!”

Tor era sinceramente spiazzato. Non sapeva cosa pensare.

“Quale è il tuo fine, allora?”

“Te l'ho già detto: ho raggiunto il mio fine; ormai rimane solo un pericolo: il dio avvoltoio; lui bramava l'ingresso al Giardino da cui era stato bandito ma per poter vincere la maledizione che lo teneva lontano, annecessitava della tua clava! Temo però che abbia trovato un altro modo per riuscire nell'impresa e quando l'avra compiuta, allora sarà per l'umanità il suo ultimo giorno! Devi abbatterlo e per farlo avrai bisogno di ancora più forza, la sua stessa forza! Se mi uccidi, sicuramente la clava assorbire il potere di cui mi ha imbevuto ma che non mi ha salvato da te! Assommato al tuo ti renderà imbattibile!”

“Dunque è per questo che vuoi immolarti?”

“Si! Non saprei trovare un motivo migliore e poi, ormai, deve iniziare una nuova era ed io rappresento le vestigia della vecchia. Non basterà la mia deposizione per legittimare il Regno che sotto la tua guida porterà l'umanità ad un'epoca di vero splendore e progresso.

Prendi il mio posto, prendi la mia vita oh tu che sconfiggesti il mio campione, il mio Primo Cacciatore ed infine me, il loro sovrano! Tu non sarai più Tor ma Mightor, non solo per aver sconfitto Korg ma perché sai un cacciatore che si metterà sulle tracce del nemico di tutti noi e che lo sconfiggerà, ad ogni costo!

Coraggio ragazzo! Coraggio Mightor! Colpisci con la clava e compi il tuo destino, conduci per mano l’umanità verso un nuovo, radioso domani!”

“Io...”

“Sono orgoglioso di te e non avrei mai potuto desiderare di morire per mano di guerriero più valoroso e forte! La nostra battaglia sarà mito per i nostri discendenti e poi, io vivrò nei tuoi figli come farai tu. Sono stato benedetto, Mightor e tu, ora hai una missione da compiere. Avanti, figliolo, rendimi ancora una volta fiero di te.”

Mightor alzò la clava al cielo. Non poteva dimenticare il suo odio per Brutor. Non poteva dimenticare che, in quegli anni, per lui era stato, nel bene e nel male, una guida. Non poteva negare a sé stesso l'affetto che provava nei suoi confronti.

“Allora,gli disse,oggi ti consegno alla storia. Ti giuro che il dio avvoltoio non riuscirà nei suoi sinistri intenti e che le sue brame verranno frustrate. Addio, oh crudele e saggio Re.”

La clava venne calata ed il sorriso di Brutor, un attimo prima di essere per sempre spezzato, si allargò radioso sul Nuovo Mondo.

 

 

 

Continua.