Yuri Lucia

 

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Di Yuri Lucia

 

CAPITOLO PRIMO

 

L’inizio del Viaggio.

 

III

 

Anno del Signore 1119, Regno di Inghilterra. – Contea di Rose  Hill

 

 

1

 

Renato non conosceva il ballo a cui una giovane ed attraente servetta l’aveva invitato.

Ad accompagnare la danza un duo di fiati costituito da un flauto ed una siringa simile a quella suonata dai pastori, a cui s’univa un ragazzotto dall’aspetto robusto che percuoteva con la punta delle dita un tamburo fatto di pelle d’asino.

Il cacciatore non riusciva a star dietro alla ragazza, non più vecchia di quindici anni e pertanto in età da marito che gli faceva gli occhi dolci e gli elargiva un largo sorriso che metteva in mostra una chiostra di denti ben formata, cosa assai rara, e d’un piacevole bianco. Forse era suo uso pulirli con grani di sale ed erba. I capelli biondi come il grano d’estate erano indice del sangue sassone di quella femmina che trasudava una selvaggia sensualità. I lineamenti erano spigolosi ma c’era una barbara grazia negli atteggiamenti, sfacciati e vagamente mascolini, come s’addiceva ad una discendente dei prodi sassoni.

Rothgar sollevò il corno traboccante di idromele e gli strizzò l’occhio complice. Renato sorrise imbarazzato. Per certo non era indifferente alle grazie della fanciulla che forse lo reputava un possibile sposo. William non gliela avrebbe mai rifiutata qualora lui l’avesse chiesta per sé.

Il Conte di Rose era impegnato a raccontare i dettagli della caccia alle bestie infernali che avevano fino al giorno prima infestato la contea e che erano stati la cagione della morte del fratellastro e di tanti altri abitanti di quei luoghi. Quella sera s’erano alternati tutti i partecipanti a quell’impresa nel narrare gli accadimenti prodigiosi e la cosa incredibile era che nessuno aveva esagerato nel descrivere quanto realmente successo. Solo Renato s’era sottratto a quel rito, aumentando l’aura di mistero e fascino che circondava quel misterioso salvatore giunto da lontano. Era stato vano l’addurre, con onestà, la sua reticenza alla timidezza del suo animo. Non era avvezzo a quel tipo di cerimonie, anche se avrebbe mentito a sé stesso nel dirsi che non apprezzava quella festa scandita dai ritmi primigeni che quegli uomini e quelle donne avevano ereditato dai propri avi. Reminiscenze di canti tribali trasportati in musica e solo vagamente ingentiliti dalle influenze normanne. La vita cortese non aveva stemperato completamente la ruvidezza degli antichi invasori, ora a loro volta assediati ed impegnati a cercar di sopravvivere nella nuova Angliaterra.

“Non siete sposato, nevvero?” Ci volle qualche istante perché Renato riuscisse a decifrare quello che la piccola donna che stava conducendo la loro sfrenata danza avesse detto. L’accento gli rendeva ardua l’impresa. “No.” Rispose semplicemente lui, strappandole una risata carica di deliziose promesse. “Questo è un bene, disse lei, Nostro Signore non mi perdonerebbe di certo se seducessi un uomo sposato.”

L’italiano era sorpreso da tanta spregiudicatezza e pensò che anche per le donne sassoni quella ragazza doveva essere considerata particolarmente intraprendente.

Non se ne curò più di tanto perché sapeva essere la vita troppo breve ed incerta e, tutto sommato, le persone che avevano il coraggio di viverla con un sorriso d’ironica sfida sulla labbra gli erano sempre state simpatiche.

“Non fatevi sentire, la ammonì privo d’ogni cattiveria o risentimento, non so com reagirebbero i vostri conterranei nel sentirvi pronunciare siffatte parole e sospetto che già l’avermi invitato alle danze con tanta facilità non passerà inosservato.”

“Oh, non temete! Ai sassoni piace bere! Idromele e birra. Tutto ciò che annebbi la mente e confonda i sensi e a giudicare da come biascicano e dondolano pesantemente direi che sono stati accontentati. Nessuno presterà troppa attenzione ad una piccola, impudente serva.”

“E graziosa.”

“Come?” Era stata lei stavolta a non capire le parole dell’uomo.

“Graziosa, ripeté paziente, graziosa e divertente.”

“Non mi chiedete se sono sposata?”

“Lo siete?”

“No.”

“Vi piacerebbe esserlo?”

“Che domande? Certo!  Magari con un uomo virile e attraente come voi.” Lo provocò mordicchiandosi velocemente il labbro inferiore mentre descrivevano un ampio cerchio nella parte centrale della sala dei banchetti.

“Non sono così attraente.”

“Siete ingiusto con voi stesso.”

“E voi una buona adulatrice.”

Risero entrambi fragorosamente, inducendo Rothgar, che li osservava dal fondo della sala, a pensare che la servetta forse avrebbe trovato presto marito e Renato una moglie ben felice di seguirlo nelle lontane e leggendarie terre italiche.

Ingollò l’idromele e sorrise. Pensò che la vita fosse strana e carica di bizzarre coincidenze. Ripensò all’incontro con la famiglia durante la mattinata, a come aveva stretto con forza sua figlia e sua moglie. Loro, non abituate a tali slanci affettuosi l’avevano guardato come se avessero avuto a che fare con una persona completamente diversa, forse chiedendosi se non avesse dato di matto. Per un guerriero come lui non era facile mostrare i propri sentimenti e si era sempre detto che addirittura poteva essere pericoloso mostrarsi troppo teneri, persino con i propri famigliari.

Ma l’incontro con la piccola e sfortunata Agata aveva cambiato molte cose.

Fissò la giovane servetta che pestava allegramente il pavimento con i suoi piccoli piedi nudi. Era molto carina e giovane. Sospirò e decise che l’indomani avrebbe parlato a Renato per dirgli il suo piccolo segreto.

 

2

 

San Martino dei Sassoni era la più importante abbazia di Rose Hill. Così chiamata in onore di un avo dei Conti, convertitosi alla Vera Fede quando la maggior parte dei suoi fratelli era ancora dedita ai culti e alle superstizioni pagane. Culti e superstizioni non del tutto dimenticate però dai discendenti dei guerrieri Sassoni, a giudicare da alcuni piccoli simboli che, nonostante il buio, non sfuggirono all’attenzione di Renato che, avvolto nel suo mantello, avanzava silenzioso tra le ombre.

Erano stati intagliati nella pietra, sulla volta del portale, ghiande e pungitopo, sempreverdi stilizzati, candele e persino l’accenno di un volto barbuto che avrebbe potuto benissimo appartenere ad uno dei foschi dei adorati dagli avi di quelle genti.

La luna non sarebbe stata visibile per metà soltanto di lì a tre giorni e dunque doveva sbrigarsi. Il tempo, il suo tempo, stringeva.

In città erano tutti quanti storditi per i festeggiamenti tranne le guardie in servizio che però si trovavano alle mura difensive, il che gli aveva dato modo di muoversi in quella tarda ora, con tanta libertà e sicurezza. Solo un paio di volte s’era dovuto appiattire contro una parete, ora d’una casa, ora d’una stalla, per evitare d’incrociare il cammino con qualcuno, la prima volta un ubriaco che mal diceva un qualche presunto amante della moglie nella sua lingua aspra e rustica, senza risparmiare alle orecchie di Renato volgarità di alcun tipo, almeno per quanto concerneva quelle che identificò essere tali e poi, un altro ubriaco che invece, placido e silenzioso, barcollò fino ad un vicolo ove orinò sonoramente per smaltire la sbornia.

Prima del sorgere del sole doveva portare a termine il proprio proposito perché non ci sarebbero state altre occasioni. Tornare indietro sarebbe stato difficile, se non impossibile.

La città era, sebbene piccola, ben costruita ed organizzata, a testimonianza che quei sassoni avevano comunque appreso diverse consuetudini di quella che gli uomini definivano civiltà.

Prima del loro arrivo ivi si trovavano i resti d’un campo romano, i cui edifici in pietra erano stati inglobati nel palazzo dei Conti, la costruzione più grande ed imponente.

Le strade si dipanavano dal centro, il palazzo per l’appunto, allargandosi a raggiera e dividendo la città in nove parti, un numero non casuale sospettò.

Ai piedi di San Martino vide il luogo meta del suo segreto pellegrinaggio notturno.

Una piccola costruzione circolare, come si usava nei tempi antichi, fatta di blocchi di pietra scura, con un unico grande ingresso bloccato da una solida porta di legno.

In realtà un altro ingresso c’era ed era subito balzato agli occhi esperti di Renato.

 

 

3

 

Le donne si strinsero intorno alla loro padrona. Due di loro erano molto giovani, quella più anziana doveva essere stata a capo della servitù mentre la Contessa di Hill s’ergeva senza mostrare segno di timore alcuno nei confronti dell’uomo che aveva violato la casa in cui s’era ritirata dal mondo per vivere in clausura.

“Sabina di Rose Hill, vi rendo omaggio e chiedo a voi perdono per questa visita inattesa.” Renato usò un tono di sincero rammarico e chinò rispettosamente il capo rivolgendosi alla nobildonna.

“Inatteso è ben poco. Invero calarvi dalla canna fumaria del camino è stato un azzardo non da poco, specie conoscendo il valore del sacro voto da me abbracciato.”

“Capisco e non posso non sentirmi in colpa ma il dovere a cui sono chiamato, Madonna, supera per importanza persino tale voto.”

“Mi era stato riferito da una delle dame di palazzo che eravate un uomo d’aspetto insolito e dai modi cortesi, in contrasto con la ruvidezza e la rusticità che ad un primo sguardo ispirate. Avete lo sguardo di chi è certo di non essere in fallo e, avendo voi salvato di fatto mio figlio e la nostra amata contea, posso solo accogliervi in questo mio misero eremo e soddisfare ogni vostra curiosità, che deve essere ‘si grande da spingervi a osare tanto. Sapete bene che anche in virtù del vostro operato, se qualcuno scoprisse questa vostra intrusione, non vi sarebbe permesso di lasciare vivo Rose Hill.”

Sabina aveva detto il vero, senza intenti intimidatori verso Renato da Cave che aveva prestato rispettosa attenzione alle parole pronunciate.

“Per questa vostra grazia, vi sarò eternamente grato ma una ancora ve ne devo chiedere. Perdonate l’ardire.”

La Contessa si concesse un sorriso. Nonostante l’età il suo volto era ancora pregno di grazia e il trascorrere degli anni l’aveva ripagata dei segni che inevitabilmente lasciva infondendo nei grandi occhi azzurri saggezza e comprensione. Renato si disse che un tempo doveva aver avuto splendidi capelli biondi, da vera sassone di razza quale era, ad incorniciare quel volto, lunghe ciocche da tempo tagliate e quanto ne rimaneva, nascosto da un velo candido.

“Impudente. Quasi un affettuoso vezzeggiativo più che un vero rimprovero. Eppure si dice che la fortuna giaccia volentieri con l’uomo audace. Chiedete.”

“Vorrei poter continuare a parlare con voi ma da solo.”

Le tre donne ebbero un sussulto tra lo sdegno e la paura. Si voltarono subito a cercare con lo sguardo un cenno della loro amata Signora. Si sarebbero subito precipitate fuori a dare l’allarme se così avesse desiderato anzi, si sarebbero gettate esse stesse contro quel guerriero venuto da terre lontane che osava stare nella casa ove, per il bene della cittadina e della contea tutta la nobildonna s’era ritirata a condurre una vita di preghiera e meditazione.

“Sia. Fu la secca risposta. Tranquillizzò le dame con un semplice gesto, invitandole ad uscire, loro che avevano il permesso di condividere con lei la clausura ma non l’obbligo a rispettarla.

Silenziose ed obbedienti, le fedeli donne imboccarono l’uscio, una dopo l’altra, in mesta peregrinazione. Non una parola con nessuno.” Ricordò alla sua cameriera più anziana mentre questa si congedava con una rispettosa reverenza.

“Erano molto scosse. Mi dispiace averle spaventate così.”

“Se temete possano tentare qualche azzardo e dare gli allarmi rasserenatevi: sono fedeli e non contravverrebbero mai ad un mio esplicito ordine; non lo farebbero nemmeno se da questo significasse la mia morte.”

Renato accettò le rassicurazioni della Contessa.

L’ambiente in cui si trovavano non era molto grande e non offriva punto alcuno in cui, volendo, ci si sarebbe potuti nascondere. Le mura di pietra gravavano pesantemente su di loro, come se da un momento all’altro si fossero dovute chiudere in una morsa soffocante ed eterna. L’arredo era ridotto all’essenziale: dei giacigli di paglia, alcune coperte di lana grezza, un inginocchiatoio, un leggio su cui stava una miniatura delle Sacre Scritture, un tavolo di quercia ed un’arca in cui dovevano essere riposte le stoviglie; c’era una grande croce di legno su cui era dipinto il Cristo sofferente ed un’icona che rappresentava un qualche santo locale, forse Martino il Sassone, al cospetto della Gloria Divina. Solo quattro feritoie, una per parete, insufficienti a permettere il passaggio d’un essere umano, coperte da scuranti di legno.

“Vostro figlio è davvero coraggioso, sapete?” Le disse rompendo il silenzio calato tra loro.

“Ne sono orgogliosa. Ha ripreso la tempra di suo padre, il Conte di Rose.”

“So che il Conte, così come suo figlio, era particolarmente amato dal popolo.”

“Dio lo abbia in gloria. Era un vero guerriero sassone, feroce e spietato in battaglia ma il suo cuore batteva per il popolo. Ha dato loro tutto, cercando di tenere alle porte gli stenti e le fame che hanno colpito altri regni della Bretagna. William è come lui anche in questo. È devoto al suo popolo.”

“Eppure, nonostante la barba che gli orna le guance, è ancora un ragazzo. Vostro marito, pace all’anima sua, è salito al cospetto dell’Onnipotente troppo presto e ha lasciato a governare queste terre un erede troppo giovane.”

“Insinuate che mio figlio non sia degno del titolo e del ruolo di Conte di Rose Hill?” La voce tradì l’irritazione provata nel sentire quell’affermazione.

“Insinuo che, in terre attraversate da grandi cambiamenti come le vostre, non deve essere semplice per William essere il Conte e far fronte a tutte le responsabilità da questo derivate. Voi, di contro, avete l’esperienza. Avete vissuto a lungo con vostro marito e solo Dio sa quanto le donne siano sottovalutate in quest’epoca.”

“Cosa state cercando di dirmi?” I suoi occhi s’erano stretti a voler scrutare meglio la figura di quello sconosciuto male illuminata dalle torce che brillavano appese al muro.

“La vostra mente è acuta e perspicace e questo non è un mistero per nessuno a Rose Hill e di certo, avrete imparato l’arte del governare dal vostro sposo, così bene da divenire una guida preziosa per vostro figlio. Lui stava imparando e presto sarebbe stato pronto a camminare da solo lungo il sentiero di responsabilità proprio di chi è chiamato al comando.

Poi è arrivata la pestilenza. La stessa che nell’ultimo anno ha sconvolto questa parte di Bretagna e che alla fine ha reclamato il suo triste tributo anche qui.

Quanti sono morti a Rose Hill? Mi è stato detto decine e decine di persone e persino voi, Sabina di Rose Hill, che portate il nome di un’illustre santa, siete stata colpita dal morbo giacendo per settimane in un letto di morte salvo poi, quando ormai le preghiere parevano rimanere inascoltate e le speranze erano ormai perse, alzarvi e tornare al mondo. Viva. Sana. Nessuna traccia del malanno che vi stava trascinando nell’oltretomba. Un miracolo. Doveva essere così, per forza.

Nessuno trovò da obbiettare che, per ringraziare il Signore Iddio della sua misericordia, abbracciaste una vita di clausura in questo luogo, dove vi sareste dedicata alla preghiera, vivendo con semplicità ed in povertà. Del resto, da qui è facile far pervenire i vostri messaggi a William, i consigli sulla complessa e sottile arte della diplomazia nei rapporti con i normanni, le decisioni più sagge da prendere nei confronti del popolo, in attesa che la saggezza del rampollo di Hill maturi.

Eppure, Contessa, sappiamo entrambi che non c’è stata nessuna grazia. Nessun intervento Divino.”

La Contessa fu scossa da un tremore. Rabbia e paura mescolate insieme, al punto da essere indistinguibili l’una dall’altra.

“Perché non dovrei dare ora l’allarmi e farvi trucidare?” Sibilò lei.

“Perché siete la stessa donna dal nobile animo che per anni ha vissuto al fianco del Conte e che ha a cuore solo il benessere del figlio e del popolo.

Sono venuti molti guaritori alla vostra porta. Impostori e ciarlatani che proponevano improbabili rimedi, tutti rivelatisi inefficaci. Persino i sapienti di Rose Hill non sapevano cosa fare per guarirvi, figurarsi gente di quella risma. Lui è entrato così a palazzo. In mezzo ai guaritori, sotto lo sguardo di tutti. Chiedere di rimanere da solo con la moribonda perché gli serviva concentrazione e raccoglimento per quello che doveva fare è stato facile.

Vi ha promesso, una volta soli, di rigenerare le vostre forze e darvi una nuova vita in luogo di quella che stavate perdendo. Vi ha mostrato ciò che era e cosa poteva fare, per convincervi e voi, pur di poter continuare ad aiutare vostro figlio, temendo che la vostra scomparsa avrebbe potuto sfavorirlo, accettaste.”

Renato sapeva che quello era il momento decisivo. Nell’animo della donna s’agitavano diversi guerrieri che combattevano tra loro in un duello senza esclusione di colpi. Rimorso, senso del dovere, autoconservazione, paura erano questi i loro nomi e a secondo di chi avrebbe vinto la missione del soldato dell’Ordine di San Michele Guerriero sarebbe continuata oppure no.

“Cosa avreste fatto al posto mio? Una lacrima scivolò  rapida lungo la candida guancia, traversandola sino al mento e di lì fin al pavimento, dove silenziosamente s’infranse. I normanni hanno cambiato queste terre e ci hanno quasi ridotto alla fame, come nemmeno i loro cugini vichinghi erano riusciti. Rose Hill è stato un baluardo per tutti i Sassoni di Bretagna, un luogo dove abbiamo ancora la nostra dignità e la nostra libertà. Tuttavia i tempi sono cambiati ed è ora di entrare a far parte a tutti gli effetti dell’Inghilterra dove normanni e sassoni saranno un’unica cosa. Non si può pretendere che il nostro popolo lo faccia dall’oggi al domani, non senza una guida e solo William di Rose può rappresentare quella guida. Inoltre lui è solo un ragazzo, si! Lo so bene! Pare solo ieri che giocavo a rincorrerlo insieme ai servi di casa.La bella bocca s’allargò in un materno sorriso carico di tenerezza. La sua lingua era adulatrice e le sue parole, nel momento della disperazione, erano dolci come il miele. Mi promise una salvezza che nessuno poteva darmi. La possibilità di continuare a proteggere mio figlio. Dunque cosa avrei dovuto fare?”

“Accettaste, fece comprensivo Renato, e non posso biasimarvi. Nessuno potrebbe.”

“Come lo avete capito?”

“Ho mentito.”

“Mentito?”

“Colui il quale abbiamo ucciso non era l’artefice degli abomini, non era il loro signore ma solo un fantoccio la cui esistenza era giustificata proprio dall’allontanare il cacciatore dalla vera preda. Non a caso si muovono le legioni di coloro i quali bevono il sangue. Essi non sono sciocchi e pianificano attentamente le proprie mosse. Questo li rende veramente pericolosi. C’era una grande epidemia in queste terre, adatta a coprire le loro tracce e soprattutto a reclutare. Si spostano di sovente, è vero ma quando necessita permangono anche per lungo tempo nello stesso luogo e allora, convertono alla loro vita chi possa essergli utile, ‘si da garantirsi appoggio e protezione.

Come venni a sapere che il morbo era giunto nella stessa Rose Hill m’informai se qualcuno della famiglia del Conte ne fosse stato afflitto. La storia della vostra tribolazione e della miracolosa guarigione mi hanno fatto subito sospettare. L’essere aveva tutti i vantaggi dal far quello che ha fatto e ha avuto il tempo, sapendomi sulle sue tracce, di piazzarne di false che mi portassero vicino ma mai al vero obbiettivo.

Vi ha chiesto danari e protezione. Vi ha chiesto un luogo dove potersi nascondere e voi l’avete concesso.”

“Lui ha ucciso per colpa mia, vero?” Cadde in ginocchio, nascondendo il volto tra le mani, ormai in lacrime e sconvolta da diversi sussulti.

“Avrebbe ucciso comunque. È la sua natura. Uccise il giovane Domenico da Theodford solo per far si che poi il Conte cercasse vendetta ed ingaggiasse me. Presto o tardi sarei arrivato anche qui, a Rose Hill, lo sapeva e dunque tanto valeva farmi seguire le tracce che lui voleva seguissi. La ragazzina che convertì, Agata, anche lei faceva parte del piano, sebbene inconsapevolmente. Quando si è convertiti, voi lo sapete ormai, s’instaura un legame speciale tra Artefice ed Iniziato, legame che è molto forte soprattutto all’inizio, al punto che i due riescono a trovarsi anche se si trovassero a grandi distanze. Agata ne era inconsapevole ma seguendo l’istinto s’era avvicinata al luogo dove in quel momento si trovava veramente l’Artefice e dove l’Artefice stesso voleva io arrivassi. Il piccolo villaggio dove avrei trovato il suo fantoccio, leale fino alla morte, per farmi credere d’aver adempiuto alla mia missione. Ora però è finita. Compirò il mio dovere e mi prenderò la sua vita.”

“E di me che ne sarà?”

“Posso intuire cosa abbiate fatto. Vi siete rinchiusa in questa casa per sfuggire gli sguardi e grazie alla clausura avete avuto una scusa perfetta per giustificare la vostra impossibilità a muovervi durante il giorno. I vostri servi più fedeli vi hanno aiutata a nutrirvi, vero? Vi hanno donato il loro sangue che, insieme a quello di diversi animali, probabilmente, vi ha tenuta viva fino ad ora. Non avete mai ucciso.”

“Ho fatto di tutto per evitarlo!” Esclamò lei battendosi il petto.

“Ed io vi credo. Perciò questo faremo. Voi vivrete.”

“Davvero?” La Contessa era incredula nell’udire quelle parole. S’era preparata silenziosamente ad affrontare il proprio destino ma non pensava d’incontrare la carità di quello straniero che però, subito, aggiunse: “Si ma solo fino a quando William non avrà raggiunto i vent’anni. A quel punto, mia Signora, farete ciò che è giusto.”

L’elegante figura della bella Sabina, nonostante i poveri panni di cui s’era vestita, manteneva tutto il fascino e la nobiltà che durante la sua precedente vita l’avevano resa famosa persino alle corti normanne. Ondeggiò, quasi fosse un fuscello mosso dal vento e quando sembrò stesse per cadere in terra, si sostenne poggiandosi ad una delle pareti. Pensò lungamente a quanto detto dall’altro e, alla fine: “Proponete un giusto accordo. Fin troppo generoso per chi come me vive nel peccato mortale.”

“Non vivete nel peccato, le disse sincero, perché state sopprimendo i vostri istinti con tutta la volontà che avete. Il troppo amore è stata la vostra unica colpa. Troppo amore verso vostro figlio e verso il vostro popolo. Tuttavia sapete anche voi che per il vostro stesso bene, e per il bene della casata dei Rose, dovete porre fine alla vita che il mostro v’ha offerto prima che sia troppo tardi.

Controllarvi per sempre è impresa assai ardua e presto o tardi potreste commettere un atto di cui vi pentireste amaramente che vi priverebbe per sempre dell’anima.”

“Sia. Io, Sabina di Rose Hill vi giuro, per l’Onnipotente e per tutti i Santi, l’indomani del ventesimo compleanno di mio figlio, il Conte di Rose, conoscerò la fine per mia stessa mano. Vi basta la mia parola?”

“Non era necessaria, mia Signora. Ora, ve ne prego, ditemi lui dove si trova.”

Lei fece un cenno d’assenso con il capo e poi rivelò tutto quello che doveva a Renato da Cave.

 

 

4

 

Quasi nessuno conosceva l’esistenza delle camere sotterranee, site sotto il palazzo di Rose che prendevano il nome di Casa degli Spettri. Erano lì prima dell’arrivo dei Sassoni, costruite ai tempi in cui i re locali erano ancora devoti al culto degli dei britannici.Gli antichi Romani fortificarono nelle immediate vicinanze di quel luogo, sopra, pare a quello che un tempo era stato uno dei cerchi di pietra di quei popoli che la loro venuta aveva costretto a fuggire verso il nord. I primi guerrieri dai capelli biondi e dagli occhi azzurri giunti in quei luoghi cominciarono ad utilizzare la Casa degli Spettri per adorare i propri dei e rendere onore agli spiriti degli avi.

Quando il popolo abbracciò il culto del Vero Dio, parve dimenticarsene all’improvviso e ciò che era noto a tutti divenne un segreto custodito da pochi.

Per gli uomini che s’erano alternati, una generazione dopo l’altra, al ruolo di Conte, erano un buon nascondiglio dove porre al riparo da eventuali pericoli i propri famigliari ma anche un luogo lontano dallo sguardo di Dio e dei suoi ministri dove rendere omaggio alle antiche divinità mai del tutto dimenticata.

Anche il padre di William, Hangest, era, come i suoi uomini più fidati, ancora dedito ad alcune pratiche pagane, poiché probabilmente, nell’incertezza della vita, preferiva tenere un piede in due staffe. William era diverso: ci si era curati non venisse accostato in alcun modo a quelle pratiche, anche se con grande dolore per il vecchio Conte; forse avrebbe sposato una nobile Normanna e se orecchie o occhi del sangue dei nuovi dominatori avessero saputo, allora l’unione dei due popoli si sarebbe fatta ben più difficile.

La crudeltà con cui Carlo Magno aveva cristianizzato i Sassoni in terra d’Alemagna era ben nota in tutte la Britagna e di certo era stato uno spauracchio efficace nel tenere instradati gli uomini e le donne dai capelli biondi sulla via segnata dal Cristo e dal suo sacrificio.

L’artefice osservava affascinato gli ornamenti incisi nella pietra, primitivi ma carichi d’un fascino semplice ed atavico che gli procurava una certa gioia, tale da alleviare in parte i morsi della fame che cominciavano ad attanagliarlo. Erano giorni che non s’azzardava ad uscire per cacciare e questo lo cominciava ad indebolire ma era necessario per la buona riuscita del suo piano.

A parte la Contessa non c’erano più altri suoi simili in quelle terre e appena ne avrebbe avuto l’opportunità avrebbe ripreso a reclutare, formando una nuova famiglia intorno a sé.

Sacrificarli tutti gli era stato doloroso. Indurire il proprio cuore aveva avuto un costo:

un profondo rimorso ed una solitudine che spietate pungolavano senza sosta il suo animo; sopravvivere però era stato un imperativo che sminuiva qualsiasi altra necessità o legame. Soprattutto, sopravvivere e rimanere libero.

I cacciatori dell’Ordine di San Michele gli si erano avvicinati troppo ad Efeso e ancora di più in terra di Francia, al punto che quasi aveva sentito le loro calde mani mortali stringersi intorno al suo freddo collo nelle cui vene scorreva la vita senza fine.

Scattò con la rapidità d’una serpe che s’avventava sulla preda, avvertito all’ultimo dall’udito.

“Hai compiuto un azzardo di troppo!Sibilò l’artefice con selvaggia soddisfazione mentre sbatteva Renato da Cave contro la pietra. Questi mandò un suono sordo dalla bocca mentre l’altro lo inchiodava alla parete tenendolo per la gola.

Sorrise con cattiveria, scoprendo i denti aguzzi, usciti fuori in risposta al pericolo. Che c’è? Il cacciatore era così sicuro di sé da esser venuto qui, nella mia tana, senza procurarsi adeguata compagnia? Si beffò di lui con compiacimento. A tal punto la necessità di mantenere il segreto sulla reale natura della tua missione? Sei arrivato a rischiare la tua vita? IDIOTA! Pensavi che il fatto che fossi qui, nascosto, m’avesse indebolito al punto da rendermi un facile bersaglio? Se avessi capito subito che razza di stupido eri, non avrei messo in piedi tutto questo maledetto artificio per te! Ti avrei attirato in trappola e t’avrei subito scannato!”

“L’avresti fatto comunque, disse in un sussurro Renato, perché volevi farci credere d’essere morto. Ma io sapevo, artefice, che non eri tu quello che ho ucciso. L’ho capito ancora prima d’ucciderlo lì, nelle maledette Black Hills, e ho finto di stare al tuo gioco per prenderti in trappola.”

“In trappola? L’artefice era incredulo e rovescio il capo indietro, producendosi in una stridula risata di disprezzo. Chi di noi due ti sembra in trappola? Eh, coraggioso soldato di Cristo?”

“Nel nome di Dio e del suo sommo Pontefice, sono qui per sapere da te dove si trovano la Reliquia ed il libro.”

Il volto del mostro si irrigidì e lo sguardo dei due si incrociò con tale intensità che parve quasi che il tempo stesso si sfaldasse in quell’angusta camera illuminata da alcune torce.

“Tu?...”

“So che insieme al libro c’era anche una reliquia, la cui natura ignoro ma che sembrerebbe essere importante per la tua gente, al punto che non avete esitato a sacrificare molti di voi per proteggerne il segreto dell’esistenza. So che chi l’aveva in custodia prima di voi, reputava provenire dal Regno di Prete Gianni.”

Il labbro superiore dell’artefice tremò per lo sdegno e la rabbia. Tutti quei sacrifici e loro sapevano comunque.

“Cani.”

“Ci sei andato vicino.”

Fu improvviso. Con una velocità che l’artefice era stato incapace di prevedere, Renato gli piantò il ginocchio nello sterno mandandolo a finire con la nuca contro il muro alle spalle. Quando si scosse dal dolore provato, ricevette una serie velocissima di colpi al volto e quando il corpo aveva smesso di soffrire come accadeva a quelli della sua specie, si era trovato con entrambe le ginocchia spezzate.

“Non è possibile…” Guardò gli occhi di Renato trasfigurati.

“Sono stato al tuo gioco anche per questo, idiota. Mi serviva tempo. Tempo per giungere a questa notte in cui potevo affrontarti alla pari.”

“Tu … Tu … non puoi esistere! SIETE ESTINTI! Figli di …” Renato lo zittì con un violento calcio sferrato alla guancia.

“Le notizie al riguardo erano volutamente esagerate. Siamo stati noi a metterle in giro.”

“Allora tu non sei veramente…”

“Certo che lo sono, lurida sanguisuga. Sono veramente un fedele soldato di S. Michele ed un devoto seguace della Santa Causa.”

“Ma tu sei …”

“Una cosa non esclude l’altra. A differenza vostra noi non siamo schiavi di una particolare fame che ci spinge a fare vittime tra le umane genti. Siamo liberi di scegliere. È equo. Voi siete immortali, noi no. Noi possiamo vivere in mezzo a loro perché siamo come loro, tranne alcune notti del mese. Possiamo camminare di giorno senza tema alcuna ed avere progenie, accoppiandoci con loro e questo lo sai perché? Perché voi siete maledetti e noi no. Noi, mio povero artefice, siamo stati benedetti, con un dono divino che ci rende eccellenti cacciatori e dunque eccomi qui, non servo di due padroni ma di uno solo: il Dio che ha creato tutti noi.”

“Dio ha creato anche noi!Trovò la forza di urlargli l’artefice la cui bocca grondava di sangue nero. Noi siamo i suoi figli prediletti! Noi siamo benedetti con la vita che non conosce morte!”

“Dio ha revocato l’immortalità ai viventi, dicono per punizione ma non è così. Questo passo delle Sacre Scritture è stato equivocato da molti ma in pochi abbiamo il privilegio di conoscerlo per come è realmente: all’uomo fu chiesto di scegliere, se possedere il dono dell’immortalità in questa vita o la possibilità di distinguere il bene dal male; agli uomini fu dato di mangiare il frutto da cui è derivato il peccato originale ma anche la conoscenza e la comprensione dell’universo. Vizio e Virtù, mio povero stupido, illuso. La tua gente possiede un’immortalità che non gli spetta e c’è un prezzo da pagare per questo. Il come sia stato possibile rimane un mistero e forse le leggende del tuo popolo che vi vuole figli di Caino e Lilith sono vere.”

“Che Dio ti maledica! BLASFEMO CANE RABBIOSO!”

“Che Dio ti perdoni, lurida aberrazione della razza umana! Ed ora dimmi! Dove hai nascosto il libro e la reliquia!”

L’artefice, per un ultima volta sostenne il suo sguardo, con aria di sfida.

“Credevi fossero con me? DAVVERO?! Pensavi che sarei stato così stupido da rischiare di farmeli togliere?! MAI! Sono al sicuro, oh, credimi! Sono al sicuro amico mio! E tu, ricorda queste mie parole! Ti illudi d’essere uno di loro ma non lo sei! NON LO SARAI MAI! Sei come me figlio della notte e ciò che condanna il tuo popolo è la mancanza di coraggio nell’ammetterlo ed ecco perché DIO PADRE ONNIPOTENTE non vi ha concesso la Suprema Benedizione della Vita Perpetua! Siete intrappolati tra due mondi! Incapaci di riscattarvi dal Peccato Originale come abbiamo fatto noi con il rito del Battesimo di Sangue! Segnò la fronte con l’antico gesto tramandato tra la sua gente. Puoi scimmiottare quello in cui credo, ridicolizzarlo con le tue parole sprezzanti ma non cambiare la verità. C’è un Unico Vero Dio: ed il suo Amore infinito è per noi! Non per voi! Né per gli umani!”

Renato lo guardò divertito. “La tua gente crede che il battesimo del sangue sia un rito di liberazione, vero? Allora rispondimi, se così fosse perché Dio l’avrebbe dovuto donare a voi? Che alla fine dei conti siete stati umani, umani peccatori, schiavi delle debolezze che odiate tanto.”

“Chi può dirlo? I suoi intenti sono misteriosi, ammise, ed il suo fine imperscrutabile. Ed io chi sono per tentare di indovinarlo? Ci sarà però un giorno in cui tutto sarà rivelato, in cui il vento della fine soffierà su ogni cosa e allora, allora noi saremo elevati e liberati definitivamente. Fino ad allora so per certo che quello che stai cercando deve rimanere nascosto perché se finisse nella mani dei mortali che servi con tanta devozione, allora sul mondo cadrebbe una tenebra diversa da quella dolce e protettiva che dispensa la Notte ma una senza il conforto della luce degli astri e della Luna.

Hai un ultima possibilità, figlio della Luna d’Argento. Riscatta te stesso e le tue genti. Unisciti a me e aiutami. Volta le spalle a chi ti caccerebbe senza pietà sapendo cosa sei realmente! Abbraccia la notte, in attesa della Quarta venuta, quando le porte del Paradiso ci saranno spalancate e potremo davvero camminare nella luce del giorno, senza timore alcuno.”

“Oh figlio della Luna Scarlatta, che parole cariche di pietà quelle che mi rivolgi. Tali da non consentirmi di odiarti più di quanto non abbia fatto fino ad ora, e a spingermi quasi a perdonarti gli innumerevoli omicidi di cui ti macchiasti. Quasi. Perché vedo ancora davanti ai miei occhi la povera Agata, usata come una pedina nel tuo gioco e la famiglia di contadini vittima delle tue meschine macchinazioni stringersi insieme prima di incontrare la fine per mano mia. Quanti sono morti? Quanti tra i mortali che disprezzi e quanti tra i simili tuoi che a parole sembri amare tanto?”

“Ho fatto ciò che annecessitava!” Tentò un’ultima strozzata difesa.

“Così come ora farò io.” Replicò con spietata freddezza.

 

5

 

Rowenna era un nome che proveniva dalle genti che dimoravano le terre di Britagna prima dei Romani, dei Sassoni e dei Normanni. La madre lo scelse per lei perché sapeva che nelle sue vene scorreva in parte quel sangue, sangue indigeno, precedente a quello portato da tutti gli invasori che avevano flagellato quelle isole.

Era bella. Una bellezza quasi animalesca pensò con ammirazione Renato mentre la osservava da basso e le elargiva un sorriso in risposta a quello di lei.

“ Lei è mia figlia. Aveva detto con semplicità Rothgar. La madre era una delle dame della Vecchia Contessa ed io la coprì durante una notte in cui passione e vino mi annebbiavano la mente. Non dico che non lo volessi, ammise candidamente, così come solo chi ha conosciuto tanta, troppa morte sa fare, tuttavia fui troppo irruente ed imprudente ed ecco che pochi mesi dopo nacque Rowenna. Non la riconobbi, per via del mio rango e del matrimonio la cui onorabilità andava protetta ad ogni costo. Mia moglie sarebbe stata disonorata se si fosse saputo che una serva qualsiasi m’aveva generato progenie. Magari un figlio maschio sarebbe stato diverso. Oppure se avessi ingravidato una donna mia pari per nascita, allora la gravità del fatto sarebbe stata inferiore a quella che era. Per un sassone esistono delle rigide regole comportamentali e per un guerriero sassone, queste regole sono ancora più rigide. La piccola non ha mai saputo chi fosse il suo vero padre ma non le ho fatto mai mancare nulla, in un modo o nell’altro e vederla donna pronta al matrimonio mi rende felice. Non posso darti la mia benedizione alla luce del sole perché sarebbe quasi come ammetterne la paternità ma posso dirvi, Renato Antonio da Cave, che lei è sangue del mio sangue e che l’idea che un così forte guerriero s’imparenti con me, mi rende fiero, anche se tale parentela andrà tenuta nascosta.”

Rothgar, oltre ai regali di rito, gli dette in segreto quella che era la dote per la figlia illegittima, glieli consegnò durante un incontro privato. Si accomiatarono l’uno dall’altro, lasciandosi come fratelli e promettendosi vicendevolmente che se non si fossero potuti rincontrare in quella vita, di certo l’avrebbero fatto nella prossima.

Purtroppo il suo coltello non era stato efficace quanto avrebbe voluto per estirpare all’artefice le notizie che cercava. Molti dei suoi segreti erano morti insieme a lui.

Tuttavia quello che aveva scoperto estorcendoglielo con la tortura, poteva essere molto utile per i cercatori e per il Consiglio dell’Ordine.

In Italia tuttavia, l’attendeva una situazione incerta. Come si sarebbe posto quello che era stato l’Antipapa Callisto II nei confronti suoi e dell’Ordine? Si erano battuti per Gelasio II in risposta ad un vincolo di fedeltà e ad un sincero sentimento di stima per quell’uomo così mite ed umile.

Ormai Gelasio era morto, strappato anzitempo al mondo e non si poteva condannare l’Ordine di San Michele per quello che aveva fatto. Tuttavia non era detto che avrebbero ricevuto dal nuovo Pontefice lo stesso sostegno ricevuto dai suoi predecessori.

Sospirò.

“Quali pensieri incupiscono i pensieri del mio Signore?” Chiese Rowenna carezzandogli dolcemente la guancia.

La tornò a fissare rapito dai suoi occhi. Quella notte avrebbe dovuto allontanarsi da lei per far si che non s’accorgesse. Non poteva, non doveva sapere. Sarebbe stato facile convincerla che sarebbe semplicemente andato a perlustrare la zona circostante a dove avrebbero fatto campo. Difficile sarebbe stato farlo per più notti. Tuttavia era felice di averla presa con sé. Sarebbe stata una moglie perfetta e gli avrebbe dato una discendenza forte e all’altezza dei tempi bui che parevano profilarsi.

“Con voi al mio fianco, Madonna, nessun pensiero può lambire troppo al lungo il mio cuore.”

 

 

Continua.