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Di Yuri Lucia

 

 

Prologo: l’Arrivo di uno sconosciuto.

 

“Enrico, spiegò con la sua voce bassa e arrochita dal tempo il vecchio Rothgar, un massiccio ufficiale della guardia personale del Duca di Rose Hills, sta facendo del suo meglio per favorire una reale integrazione tra i Normanni e noi Sassoni. Dio me ne scampi se solo fino a qualche anno prima avessi mai pensato di dire una cosa del genere: ma è uno dei migliori Re, forse il migliore, che questo disgraziato regno d’Inghilterra ha avuto dal giorno della sua nascita. Sta tentando di rafforzare il suo governo senza ledere la dignità di nessuna delle due fazioni, ammodernando nel contempo le nostre istituzioni, quali l’amministrazione della giustizia. Più che il chierico, dovrebbero chiamarlo l’avvocato! Sorrise, evidenziando la mancanza di un incisivo e di un paio di molari, ed una chiostra assai ingiallita dal mangiare, dalle intemperie e dal trascorrere degli anni. Ormai, i Normanni non sono più gli stessi dei tempi dell’invasione. Hanno perso molta della loro alterigia, anche se gli piace giocare la parte degli aristocratici, è delle loro usanze originarie conservano ancora ben poco. Lo hanno definitivamente dimostrato con il loro scarso interesse nelle questioni riguardanti i loro cugini nel lontano regno delle Due Sicilie. A tal proposito, sono vere le storie che riguardano quelle terre? Davvero vi scorrono fiumi di latte e di miele?” Scrutò il suo compagno di cavalcata, in sella ad un baio il cui manto era d’un colore marrone scuro, venato saltuariamente da striature che parevano d’un giallo smorto simile a quello di certe salse con cui si condivano i cibi nelle case dei nobili. Egli si limitò a scrollare le spalle e disse:

“Latte e miele? Anche quelle terre hanno i loro problemi, non crediate il contrario. Tuttavia, è certo che Iddio Onnipotente sia stato generoso nell’elargire bellezza e grazia alle coste così come ai ruvidi e montuosi entroterra. Vi prego, invitò lui, continuate.” Invito che il vecchio soldato, dopo aver rimuginato un poco sulle parole udite, accolse.

“La Contea di Rose Hills è sempre stata la più influente tra quelle che costituivano il vecchio Regno d’Anglia Orientale, e a Dommoncheaster, la nostra ormai caduta capitale, non si prendevano decisioni senza prima aver consultato i Conti di Rose. Del resto erano loro a fornire gran parte dei finanziamenti all’esercito, nonché il maggior numero di soldati che lo componevano e quando i vichinghi, quei maiali, sputò in terra e si segnò subito con la croce la fronte, martoriavano le nostre terre, furono i Conti di Rose a difenderci. Ormai i Sette Regni non esistono più, anche se non sono in pochi a rimpiangerli, ed è bene che il mio popolo lo accetti. Così come noi venimmo dal mare a queste lande, così ormai i Normanni vi si sono stabiliti. L’Anglaland, o come la chiamano a Londra, l’Inghilterra, ha bisogno di un nuovo popolo che la abiti ed esso nascerà dall’unione di Sassoni, Angli e Normanni. Sempre che a Dio piaccia. Enrico sa quanto l’avere dalla propria parte l’ultima famiglia nobile Anglosassone che conserva un reale potere politico e militare nelle proprie mani sia importante per questo suo processo di unificazione.

Se i Conti di Rose appoggeranno il Re, la via che porterà alla nascita dei nuovi inglesi sarà ben più breve e assai meno tortuosa, non come questo vecchio sentiero periglioso che abbiamo intrapreso.

È per questo che siete qui, gentile Signore. Il Re ha voluto con tutte le sue forze che voi giungeste qui dalle terre di Francia dove il vostro operato per liberare la neo-edificata Fontenay, pronunciò in modo stentato quel nome, per via delle difficoltà che aveva nell’usare la lingua dei franchi, è giunta alle sue orecchie e mediante i legami, se pur deboli, che ancora condivide con la nobiltà di quelle terre, con cui si sta invero preparando battaglia, vi ha fatto convocare qui.”

L’altro non replicò. Stava giocando una partita particolarmente infida e pericolosa.

Papa Gelasio II l’aveva avuto caro al cuore, perché era stato uno degli eroi che, insieme agli altri dell’Ordine di San Michele Guerriero, aveva contribuito a liberarlo dalla sua prigionia romana di quasi due anni prima. L’Ordine aveva ricevuto, in ricompensa per la liberazione e per aver vendicato l’onore della Chiesa di Cristo e del suo Vescovo, nuovi finanziamenti che ne avevano rimpinguato le casse, nonostante il momento di crisi politica ed economica che si trovava ad affrontare il successore di Pietro, ed una sua lettera, giunta alle corti più importanti d’Europa, conferiva nuovo vigore alla Crociata Silenziosa in cui l’Ordine era impegnato da diverso tempo.

Purtroppo il pontificato di Gelasio, un uomo la cui saggezza e purezza d’intenti aveva imparato ad apprezzare, era stato breve e l’Antipapa sembrava più forte che mai. Per sua fortuna, Gregorio VIII, ben più potente di Callisto II che non si era chiaramente pronunciato sull’Ordine, sembrava disinteressato alle vicende della segreta missione a cui lui, ed i suoi confratelli, erano votati.

Chi avrebbe tratto dunque vantaggio dalle azioni che stavano compiendo? L’Antipapa o il Papa?

E a chi si dovevano mostrare fedeli, arrivati a quel punto? Con Gelasio II avevano fatto una scelta ben precisa ma l’affronto subito dal buon vecchio segnava una situazione troppo netta per non intervenire mentre ora era tutto confuso ed i contorni delle vicende assai meno certi.

Forse l’amicizia di un monarca potente come Enrico I poteva in qualche modo giovargli. Chiedere ospitalità per una o due generazioni in quell’isola apparentemente al riparo dalle macchinazioni che minavano il Soglio pontificio, poteva giocare a favore dell’Ordine stesso che, in virtù del suo statuto, poteva invocare la neutralità nelle questioni interne al papato e proseguire per la sua via: l’estirpazione del male; si strinse nel mantello, maledicendo silenziosamente la nebbiolina che con la sua umidità lo stava angustiando da più d’un ora abbondante e rimpianse le italiche terre, la madrepatria in preda a grandi sconvolgimenti che ora gli pareva tristemente troppo lontana.

Aveva una missione. Era a quella che il suo pensiero doveva fissarsi. Al suo conseguimento e null’altro.

“E, disse più che altro per vincere il languore, debellare i mostri che hanno ucciso alcuni appartenenti alla famiglia dei Rose sarebbe un buon modo, per Enrico, di guadagnarsene favori e simpatie.”

“Il giovane Domenico da Theodford era un figlio illegittimi del vecchio Conte e, tuttavia, questi gli era ugualmente affezionato. Non fu riconosciuto per ragioni di convenienza politica, visto la scandalo che ne sarebbe conseguito se fosse stata riconosciuta la relazione che aveva avuto con una nobildonna normanna sposata. Il frutto del peccato venne mandato sin da piccolo in un convento e li ha vissuto in tranquillità, almeno fin quando i mostri non arrivarono. A tal proposito: perché siete convinti trattarsi più d’uno?” Chiese il sassone.

“Semplice. Nemmeno un mostro del tipo che cerchiamo attualmente avrebbe potuto prendere un luogo come l’abbazia di Santa Ermengarda completamente da solo. C’era una guarnigione ben nutrita posta a sua difesa, atta a scoraggiare assalti di briganti. Inoltre uno solo non avrebbe mai compiuto quella strage. Troppe cose non collimano con l’idea che sia solo e poi, questi mostri, quando possono s’aiutano procurandosi dei compagni di disgrazia.”

“Avete molta esperienza nel cacciarli?”

“Sin da bambino.” Fu la laconica risposta, mentre sfiorava con la punta delle dita l’asta della sua lancia.

 

 

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CAPITOLO PRIMO

 

L’inizio del Viaggio.

 

I

 

Anno del Signore 1119, Regno di Inghilterra.

 

1

 

Domenico Theodford era morto sei mesi prima del suo arrivo, proprio mentre si trovava nelle terre dei franchi. Sei mesi erano molto tempo per qualcuno che volesse dileguarsi, facendo perdere le proprie tracce ed un isola che si vantava del proprio isolamento dal resto del continente, era il luogo ideale per quel qualcuno. L’errore di base era stato uccidere Theodford, segno che o ignorava le origini della propria vittima o, magari, si era trattato d’un piano non andato a buon fine. Se i Conti di Rose non avessero chiesto soddisfazione al loro desiderio di vendetta, probabilmente lui non si sarebbe mai trovato lì. Arrivarono in vista del villaggio di Moorchester.

“Spiegatemi come avete intuito che questo fosse il posto giusto da dove iniziare le vostre ricerche.” Chiese Rothgar sinceramente stupito.

“Le tracce che abbiamo seguito dall’Abbazia erano deboli, è vero, spiegò Renato, ma ci hanno portato a Long Bridge e da li questo era uno dei posti più logici, per la distanza, dove dirigersi per quegli esseri: una centro abitato con un numero sufficiente di potenziali vittime, vigilato ma non impossibile da infiltrare; omise molti particolari del suo ragionamento pensando fosse assai meglio tenerseli per sé. E poi, ho avuto molta fortuna.” Guardò l’uomo che li precedeva nella cavalcata, uno dei soldati che Rotghar aveva mandato in avanscoperta in cerca di notizie. Notizie che erano giunte tutt’altro che inattese all’orecchio di Renato da Cave, Cavaliere dell’Ordine Segreto di San Michele Trionfante e cacciatore di mostri al servizio del Pastore dei cristiani e di Dio stesso.

Rothgar, un veterano rotto a diverse esperienze, dovette riconoscere l’inusuale talento di quell’uomo dallo sguardo apparentemente distratto e dai modi semplici e confidenziali.

Renato dal canto suo aveva imparato ad apprezzare le doti del sassone, così come la sincera lealtà che lo legava ai suoi signori. Gli dispiacque tenerlo all’oscuro di così tante cose ma del resto, lui aveva una missione precisa e meno gli altri sapevano, meglio sarebbe stato per lui.

Prudenza e silenzio gli erano stati raccomandati da chi aveva dato inizio alla sua caccia, caccia che lo aveva portato dalle coste pugliesi fin lì.

Moorchester era nei possedimenti dei Conti, non molto distante da Rose Hill, il centro della contea.

Nella mente di Renato si delineava via, via uno scenario sempre più preciso.

Arrivarono in vista del piccolo centro, circondato da un’alta palizzata di legno e sorvegliato, ai quattro angoli, da torri provviste di piazzola per gli arceri.

“Dunque è successo due giorni fa?” Chiese per avere ulteriore conferma, conferma che Rothgar gli diede: “Si, due giorni fa.”

“Il ragazzo è ancora vivo?”

“Si, almeno così riferisce il mio uomo.”

“Quando ci raggiungeranno gli altri?”

“Serve almeno un giorno al mio messo per raggiungerli. Un giorno e mezzo perché arrivino qui.”

“Troppo tempo. Gli uomini della città, in quanto capitano della guardia del Conte, vi devono obbedienza, vero?”

“Si. Tuttavia devo anticiparvi che non troverete soldati professionisti. Moorchester è una città nata su una via di scambi commerciali tra Rose Hill e la contea confinante. Ci sono artigiani, mercanti, qualche pastore ed agricoltore, locandieri ma soldati, ben pochi. Hanno una guardia cittadina formata da volontari.”

“Ce li faremo bastare.” Sorrise lui accomodante.

“Spero che bastino. Non potremmo invece attendere l’arrivo dei miei uomini?”

“Vorrei poterlo fare e lo farei, se pensassi che il rischio sia troppo grande ma non posso permettermi di lasciarmi sfuggire quell’essere.”

“Parlate al singolare. Non è il branco di cui ipotizzavamo l’esistenza prima?”

“Le tracce che portavano in questa direzione erano troppo poche. Il branco probabilmente ha preso una direzione diversa e questo deve essere un membro isolato del gruppo. Voglio poterlo interrogare, primo di eliminarlo. Potrebbe dirmi qualcosa di utile per affrontare gli altri.”

Una delle guardie civiche di cui prima parlava il soldato sassone gli stava correndo incontro su un cavallo troppo vecchio per essere lanciato al galoppo. Si fece riconoscere sventolando un panno con i colori della contea e, una volta fattosi d’appresso al terzetto e rallentata la sua cavalcatura:

“Nobili signori! Il vostro arrivo è la risposta alle preghiere elevate a Nostro Signore! In città già il Capovillaggio v’aspetta.”

La guardia fece da guida agli uomini inviati in missione dal Conte , conducendoli così in città.

 

2

 

Renato Antonio da Cave, figlio di Bartolomeo da Roma, era alto un metro e settantadue, piuttosto piazzato, senza essere pingue, il capo ornato da una riccioli scuri legati in un’ordinata coda, due sopraciglia folte sopra occhi neri, il naso leggermente aquilino, una corta barba con sprazzi di bianco a sottolineare la sua mascella volitiva, grandi e forti mani attraversate da vene azzurrine, una carnagione arrossata dal sole, durante i suoi viaggi. Gli abiti sobri, costituiti da una camicia di lana grezza e da brache marrone scuro, da un paio di stivali di cuoio più scuri, da una sorta di giacca di pelli d’animale e un mantello nero provvisto di cappuccio. Indossava dei lunghi guanti e portava con sé una spada simile a quella che utilizzavano gli antichi romani ed una lunga lancia dalla punta di ferro. Alla sella del cavallo aveva legato l’elmetto, provvisto di guanciali ruotabili e di un corto cimiero ornato da una coda di lupo.

Il giovine che stava di fronte a lui era disorientato dal suo tono impersonale e freddo, dallo sguardo disinteressato e dall’aspetto che non era certo quello del grande guerriero. Il padre, capo della guardia della città, gli si era raccomandato di raccontare tutto a quel signore che godeva della protezione del Conte in persone e che era accompagnato dal capo della Guardia dei Rose.

“Sissignore, recitò nuovamente il ragazzo, ripetendo ancora una volta la risposta già data in precedenza, erano in due, mi hanno sopraffatto prendendomi all’improvviso, non sfuggì a Renato una nota di vergogna nella voce del giovane, e mi hanno immobilizzato, mordendomi sul collo, mostrò i segni, come già aveva fatto,e poi si sono dileguati, credendomi morto. Erano esseri orribili, dagli occhi di brace ed i denti aguzzi come coltelli! L’enfasi che aggiunse a quelle parole era esagerata, anche per quel tipo di racconto e nemmeno questo sfuggì a Renato, così come gli sguardi che il giovane lanciava di soppiatto al padre, presente all’interrogatorio. Confesso d’aver temuto per la mia stessa vita! Devo ringraziare Dio e tutti i Santi per essere ancora qui per potervi raccontare di questo indicibile orrore.”

Renato meditò attentamente sulle parole del giovane, mentre Rothgar lo scrutava, tentando di indovinarne i pensieri, e dopo alcuni secondi di silenzio, con grande semplicità chiese:

“Lei che aspetto aveva?”

Il ragazzo, la cui carnagione risentiva ancora degli effetti dell’attacco subito, riuscì ad impallidire ulteriormente e chiese, balbettando: “lei?”

“Lei, confermò Renato, perché si trattava di una lei, peraltro sola. Voglio sapere che aspetto ha.”

Il padre del giovane, un uomo voluminoso, che aveva superato la quarantina, rivolse subito uno sguardo interrogativo a Rothgar che gli fece cenno di rimanere in silenzio.

“Messere, io non capisco, tentò di difendersi, perché affermate che?...”

“Perché, lo interruppe senza troppi complimenti, le tracce che ci hanno portato qui sono di una sola creatura ed il luogo è ben vigilato. Tuo padre, indicò l’uomo con l’indice, ha organizzato bene il servizio di sorveglianza del perimetro cittadino e le mura sono solide, prive di varchi incustoditi. Per introdursi nel villaggio, senza ingaggiare un combattimento e senza che nessuno se ne accorgesse, quella cosa è riuscita a farsi aprire la porta da qualcuno. Da te, ragazzo. E se gli hai aperto la porta spontaneamente, è stato perché non aveva un aspetto pericoloso, vero? Cos’era? Una vecchia signora in ambasce? Una donna dall’aspetto materno e rasserenante? O forse era una giovinetta? Il ragazzo tremava e Renato inarcò un sopraciglio. Era una giovinetta. Tu l’hai fatta entrare perché era una ragazza giovane. Cosa ti ha detto? Che era stata derubata lungo la via? Che si era smarrita? Che aveva bisogno d’aiuto?”

“Basta così! Tuonò il di lui padre. State dando del bugiardo a mio figlio?!” Renato con un gesto trattenne Rothgar dall’intervenire e senza né accusa, né recriminazione controbatté:
“Sto dicendo che vostro figlio è un giovane che ama molto la famiglia e probabilmente nutre per voi un grande rispetto, così forte che ha avuto paura della vergogna che avrebbe potuto procurarvi se aveste saputo subito cosa era successo. Magari ha anche temuto che al villaggio lo potessero additare come incapace e stupido. Stupido lo è stato ma della stupidità di cui delle volte la gioventù e l’orgoglio ci fa macchiare. L’avevate assegnato voi stesso alla cura della porta ovest, vero? Ed è stato lui ad insistere per entrare nella guardia della città. Un figlio che vuole compiacere un padre è una cosa naturale, fece comprensivo, ed è altrettanto naturale che non volesse deludervi. Era solo e concentrato sul suo compito per questo non avrebbe mai aperto facilmente ad un uomo che si fosse avvicinato alle mura, non prima di aver chiamato i suoi compagni per accertarsi delle sue reali intenzioni. Ha aperto la porta da solo, credendo d’avere a che fare con qualcuno d’indifeso. Lei era una ragazza ai suoi occhi, probabilmente una ragazza attraente, gli lanciò un’occhiata che confermò anche questa sua tesi, e lo ha avvicinato facendo leva su questo. Poi lo ha attaccato, suggendogli il sangue, affamata e lo ha abbandonato dopo essersene nutrita. Dunque, ragazzo, è andata così?”

“Si …” Pianse amare lacrime di costernazione sotto lo sguardo allibito del padre.

“Johan! Perché non lo hai detto subito?...” Il padre non riuscì a dire altro.

“Johan, intervenne subito Renato, deciso a sfruttare quel momento, prima che il ragazzo crollando si chiudesse in sé, devi descrivermela, ora. È l’unico modo che hai per fare ammenda della tua menzogna.”

Il giovine parve sul punto di spezzarsi, talmente era fragile in quel momento la sua mente, piegata dall’umiliazione che avvertiva per essersi fatto ingannare dalla creatura e, peggio, perché l’inganno perpetrato a sua volta da lui stesso per mascherare il proprio fallimento era stato rivelato direttamente alle orecchie del padre.

“Era più bassa di me, di circa due spanne e mezzo. Non poteva avere più di tredici o quattordici anni. Sembrava in età da marito. Il suo corpo era esile come un legno nel canneto e pareva che il vento che, in quel giorno, soffiava gelido potesse portarsela via con il suo soffio. I capelli erano neri come la notte, corti, e contrastavano con la sua carnagione pallida, quasi esangue. I suoi occhi erano grandi e scuri e …” Sembrò incapace di trovare altre parole.

“Ti ha detto il suo nome?” Chiese paziente Renato.

“Agata.” Pronunciò con un filo di voce.

Renato assentì soddisfatto e, con fermezza: “Mostrami le braccia. Tira su le maniche della camicia”.

Di nuovo il ragazzo parve disorientato ma non trovò alcun conforto nello sguardo paterno che fissava mortificato il pavimento di pietra.

“Coraggio giovane, fai come ti dice.” Consigliò con altrettanta fermezza Rotghar.

Scoperte che furono, le braccia vennero esaminate dal cacciatore di mostri.

“Ora calati le brache.” A tale richiesta stavolta il padre ebbe una reazione che fu subito smorzata dal vicino Capitano della guardia.

Invano il ragazzo tentò di borbottare qualcosa ma, vinto, alla fine cedette.

Si coprì il volto con entrambe le mani, singhiozzando mentre Renato ispezionava le sue parti basse.

Soddisfatto l’uomo lo invitò a coprire le nudità e, rivolgendosi al padre di lui: “Portatelo a casa, curatevi che dorma la notte, ben coperto, ‘si da sudare parecchio e dategli da mangiare solo zuppe a base di verdura, evitando la carne. Aggiungeteci distillati di rosa selvatica, biancospino ed aglio. Fatelo riposare. Tutto questo per almeno tre giorni e dopo di ché, battetelo severamente, ‘si da ricordarsi di diffidare anche innanzi all’apparente innocenza. Poi, fattosi d’appresso il costernato genitore, al suo orecchio mormorò:” Non troppo forte, però. È pur sempre un ragazzo e il suo errore non è stato compiuto in malafede, per quanto sia stato grave.” Gli dette una pacca di solidale comprensione ed uscì dalla tenda con Rothgar al suo fianco.

 

3

 

Berardo di Dover non si era mai sentito a suo agio in quella città di Sassoni. Lui che era per tre quarti del suo sangue normanno, aveva percepito più d’una volta l’aperta ostilità degli abitanti, ostilità trattenuta più dal rispetto per l’anziano abate del convento di San Sebastiano che non per l’abito che indossava.

Non avrebbero mai dovuto mandarlo lì, a completare il suo percorso per divenire un amanuense ma così era stato deciso dal Vescovo di Dover che in un colpo solo aveva accontentato le richieste provenute dalla abbazia di Rose Hill, bisognosa di almeno due nuovi novizi che li aiutassero nei quotidiani lavori, e aveva alleggerito San Giovanni in Dover d’una bocca da sfamare.

Berardo doveva ammettere che i confratelli erano gentili con lui e che fin tanto che rimaneva nella sala dove venivano vergati i grandi volumi rilegati in pelle, si sentiva al sicuro.

Gli piaceva il suo lavoro d’amanuense, l’odore della pergamena, l’inchiostro, le eleganti geometrie che prendevano vita da ogni suo movimento e di cui era maestro dal talento indiscusso, nonostante la giovane età.

Quando era morto l’abate era stato davvero addolorato. Era un uomo buono, dai modi umili e dal carattere allegro e generoso. Pensava che davvero fosse stato toccato dalla Grazia Divina. Le lotte interne per la successione gli erano parse indegne ma mai avrebbe creduto che si sarebbero risolte in quel modo: mandare lui a dare supporto a quella coppia di guerrieri; uno era il Capo delle Guardie di Rose Hill, e l’aveva visto in almeno altre due occasioni. L’altro veniva da terre straniere, dalle terre del Papa. Doveva trattarsi di un uomo di alto rango o di grande prestigio avendo con sé un documento firmato dal Santo Padre in persona che raccomandava a tutti i buoni e devoti cristiani che lo avessero incontrato di offrirgli aiuto e sostengo.

Tuttavia, quando gli era stato spiegato, se pur sommariamente, a cosa stavano dando la caccia quei due uomini, si sentì svenire. Aveva sentito tante storie, da bambino, su esseri demoniaci e orripilanti ma mai avrebbe creduto, in vita sua, di essere sul punto di vederne uno.

“Andrai più che bene, fratello.” Gli aveva detto sorridendo Renato quando gli aveva obbiettato che forse la sua giovane età e la sua inesperienza in tale campo lo rendeva il candidato meno adatto a dar loro conforto ed aiuto per la missione che s’accingevano a compiere.

Il terzetto camminava per le strade di Moorchester, ognuno avvolto nel proprio mantello, in attesa dell’alba.

“Perché avete chiesto a quel ragazzo di mostrarvi le braccia e le proprie vergogne?” Chiese Rothgar.

“Per vedere se l’essere lo avesse morso altrove, oltre che al collo.”

“Non c’è il rischio che il ragazzo sia stato …il monaco s’era voluto inserire nella conversazione per vincere la paura che sembrava non volesse allentare la sua presa e, dopo un attimo di pausa, scegliendo il termine che gli pareva più appropriato: maledetto dalla creatura?”

Renato gli lanciò un’occhiata interrogativa, dovuta all’accento dell’uomo che gli rendeva difficile capire cosa stesse dicendo, poi, dopo aver dedotto il senso della domanda, scosse la testa:

“No, no. Non c’è pericolo. Non è così che accade.”

Il monaco, incuriosito, chiese: “Mi è stato detto dal padre del ragazzo della vostra, come chiamarla, ispezione.”

“Alludete al fatto che l’ho fatto spogliare?”

“Si.” Ammise imbarazzato il religioso.

“I mostri che sto cercando sono come i ragni.”

Anche Rothgar lanciò uno sguardo incuriosito in direzione di Renato.

“I ragni, come molti predatori, non si nutrono di cadaveri, anzi, nel loro caso la preda deve essere viva. Per questo gli inoculano un veleno che, anziché uccidere, paralizza in modo da poter consumare il proprio pasto con tranquillità.

Quegli esseri fanno la stessa cosa: iniettano, con il morso, un veleno; la differenza sta nel fatto che tale veleno non paralizza ma rilassa. I muscoli perdono forza, la nebbia scende sulle menti, quasi un sonno irresistibile s’impossessasse di esse. In questo modo possono penetrare i vasi delle loro vittime senza romperli e questo spiega perché esse raramente, una volta aggredite, riescano a ribellarsi o a dare l’allarme. L’effetto del veleno cambia in poco tempo ed il cuore del malcapitato comincia a battere sempre più velocemente ed un crescente senso d’eccitazione lo pervade. Il sangue corre molto più velocemente, vene ed arterie si gonfiano rendendo la suzione più semplice alla creatura. Questo brusco virare dal torpore all’eccitazione fa provare un piacere fortissimo, sperimentato raramente in vita propria. Ora, questi mostri posseggono un particolare carisma. C’è qualcosa nella loro voce, nei loro movimenti, persino nel loro odore che può spingere ad abbassare la guardia, confondere i pensieri un po’ come noi, cacciando taluni uccelli, ci serviamo della luce riflessa degli specchietti per distrarli. Tale carisma non può spingere però qualcuno a compiere azioni contro la propria volontà, specie se complesse a meno che l’essere non s’avvalga dell’inganno per supportare le proprie richieste. Il problema è con le vittime. Il piacere indotto dal morso può creare una dipendenza. Bastano pochi morsi, due o tre, ed i soggetti meno forti cominciano ad avvertire forte il desiderio di sperimentare ancora l’esperienza. Berardo si segnò rapidamente, quasi a voler cacciare le immagini conturbanti che si formarono nella sua mente nonostante la sua espressione rivelasse il suo desiderio di sapere ancora di più. Su queste persone, il carisma di quei diavoli ha una presa molto più forte. Al punto che se il soggetto è sufficientemente suggestionabile, può essere spinto ad agire anche contro la propria volontà, fino al punto di farsi del male o addirittura di farne alle persone a lui care. Le vittime non vengono mai morse due volte nello stesso punto e questo perché dopo il morso la vena collassa quasi subito divenendo inservibile per un po’.  Allora vengono scelte altre sedi per il morso. La piega dei gomiti, delle ginocchia, l’inguine. Berardo si segnò nuovamente ma s’avvicinò per ascoltare meglio, così come Rotghar. Il veleno viene rilasciato in una certa dose ad ogni morso ed ecco perché, se vogliono indurre rapidamente la dipendenza, mordono più d’una volta il disgraziato di turno in pochi minuti.”

“Pensavi potesse averlo fatto con il ragazzo?” Chiese il sassone.

“Possibile, visto che era ancora vivo. Se avesse voluto ucciderlo, avrebbe scelto un’arteria e lo avrebbe dissanguato rapidamente o lo avrebbe lasciato lì, a morire. Invece ha scelto una vena.”

“Perché lo ha risparmiato secondo voi?”

“Perché non è ancora del tutto trasformata.”

Il religioso ed il soldato si scambiarono un’occhiata. Fu il primo a prendere la parola.

“Cosa intendete?”

“Questi esseri non possono avere figli. Sono sterili. Anche accoppiandosi tra di loro, il risultato è sempre lo stesso. Eppure agli esseri umani sono accomunati dal desiderio di perpetrare la propria stirpe e hanno un solo modo per farlo.”

“Contagiando con il morso?” Azzardò Berardo.

“Il principio è giusto anche se non il mezzo utilizzato. Si tratta d’una superstizione. Le vittime a cui viene succhiato il sangue, al più, divengono succubi. Vi ho già spiegato quale è il procedimento. No, deve avvenire il contrario. L’iniziato, termine con cui chiamano gli uomini e le donne prescelti, devono bere il sangue del loro artefice, termine con cui è indicato colui il quale li ha scelti e li trasmuterà. Tale sangue viene bevuto dopo che a loro volta il loro è stato bevuto, in quantità tale da lasciarli quasi morti. Quasi. Il sangue dell’artefice, mischiato a quello dell’iniziato, viene fatto bere a quest’ultimo che poi muore per il salasso subito. È allora che quello che loro chiamano il balsamo prodigioso comincia ad agire, permeando i tessuti e cambiandoli. Di solito, se il processo va come deve, il nuovo mostro si sveglia dalla propria morte dopo tre o sette giorni.

Inizialmente però, la propria anima non è persa, così come si è comunemente portati a pensare. Questo, purtroppo per loro visto che deve fare i conti con gli istinti oscuri e ferini che si fanno largo prepotentemente nella mente. Il bisogno di sangue è forte e devono nutrirsi. Dopo la prima vittima, il sollievo provato induce all’illusione che si possa acquisire un controllo su sé stessi ma è solo illusione, per l’appunto. Quando la sete fa sentire ancora il suo oppressivo morso è ancora più forte e feroce della prima volta e a quel punto, dopo la seconda o terza vittima, l’essere è irrimediabilmente perduto.

Una volta, un sant’uomo che viveva nei pressi di Genova venne tramutato contro la propria volontà, aggredito, stordito e costretto a bere il balsamo. Tuttavia il suo spirito era così forte che fuggì dal suo artefice e dopo averlo denunciato alle locali autorità, si tolse la vita.

Poveretto, s’infilò un paletto da solo nel cuore.”

“Veramente?” Grande era la meraviglia di Berardo per il racconto di Renato.

“Io ero lì. Al tempo ero solo un apprendista. Avevo iniziato da poco il mio cammino ed ero con il mio mentore, l’uomo che mi ha insegnato tutto sull’arte della caccia agli impuri.”

“Tu pensi che questa ragazza sia stata trasformata da poco, nevvero?”

Renato era ammirato dall’acutezza di Rothgar e gli rispose:

“Si. Non ha ucciso il ragazzo, quando gli sarebbe convenuto farlo. Lo ha risparmiato. Dal suo risveglio ad oggi, probabilmente, ha bevuto solo sangue di animali incontrati lungo il suo cammino. Il sangue d’animale è solo un paliativo per questi esseri e alla lunga non può sostituire più quello umano di cui hanno bisogno per sopravvivere. La sete deve essere lancinante ma è riuscita a mantenere il controllo, dimostrando una forte volontà. Non durerà. Presto o tardi si lascerà andare ed ucciderà. L’istinto è troppo forte e il bisogno di nutrimento persino di più. Inoltre si capisce che sia inesperta, altrimenti non avremmo mai capito che era stato uno dei camminatori delle tenebre ad aggredire il ragazzo.”

“Perché?” La domanda venne da Berardo.

I tre s’avvicinarono nei pressi d’un grande magazzino dove venivano ammassate le provviste per l’inverno: grano, frutta, carne essiccata; Renato fece cenno loro di fermarsi e scrutò attraverso il buio il profilo dell’edificio, quasi fosse in cerca di qualcosa e poi, a bassa voce, rispose:

“Il loro sangue ha, in piccola misura, proprietà curative. Se ne viene versata qualche goccia su di una ferita, ad esempio, essa guarisce. È un processo ingannevole. Se si tratta del colpo d’un pugnale, ad esempio, sotto rimarrà la cavità procurata dalla lama. Tuttavia è un trucco efficace se si vuole coprire le proprie tracce. Basta versare un po’ del proprio sangue maledetto sui fori procurati dal morso, si indicò con indice e medio la giugulare, ed il gioco è fatto. Vi renderete conto che c’è qualcosa che non và solo se vi rendeste conto che il cadavere è insolitamente leggero. Con i bambini tale differenza è meno apprezzabile. Lei non conosce questo trucco. Non le è stato insegnato. Non lo ha ancora scoperto.”

“Se è così, è perché qualcuno l’ha trasmutata come dite voi, osservò Rothgar, anche lui intento a studiare le forme del basso edificio di legno e pietra, deve esserci per forza un artefice. Perché l’ha abbandonata?”

“Ottima osservazione, il complimento era sincero e carico di stima,ed effettivamente gli artefici si prendono sempre cura dei loro iniziati. Gli fanno da maestro e da genitore al medesimo tempo e l’iniziato entra a far parte del branco, questo fin quando, una volta maturo, non manifesti apertamente il desiderio di formarne uno suo. A Longbridge c’è stata un’epidemia, ricordate?”

“Si, certo. Le ceneri delle pire erano ancora calde.”

“Poveri disgraziati, intervenne Berardo, il tono della voce adeguatosi a quello dei due guerrieri, ne ho sentito parlare. Pochi giorni da qui. Una vera tragedia. Persino il locale monastero ne è stato colpito. Sono tutti, o quasi, morti per delle violenti febbri. Abbiamo pregato molto per le loro anime.”

“La ragazza viene da lì, spiegò Renato, l’hanno scelta tra i moribondi. Probabile che le abbiano detto che era l’unico modo per salvarsi e la poveretta, confusa dalla malattia e dalla paura ha accettato, senza capire bene a cosa andava incontro.”

“Hanno portato loro la pestilenza? Berardo trattenne a stento un gridolino d’indignazione e sgomento. E se anche lei diffondesse il morbo?” Non riuscì a non nascondere il timore e lanciò un’occhiata carica di paura al magazzino.

“Anche questa è superstizione. Lo rassicurò Renato. Fin tanto che bevono sangue umano con una certa regolarità questi abomini non invecchiano, non muoiono e sono immuni da veleni e malanni. Proprio perché immuni ai demoni portatori dei malanni, non possono portarli con sé. Non sono loro a portare le malattie, come pensano in alcuni luoghi d’Europa ma sono loro a seguirne le rotte. Vanno nei luoghi dove si spande il contagio in quanto territori di caccia ideali: difficile distinguere un morto vittima del malanno ed uno della loro fame; inoltre è anche un luogo eccellente per reclutare, per il motivo che vi spiegavo prima. È facile convincere chi non ha niente da perdere, specie forzandolo con il proprio infernale carisma. Questi voraci parassiti raramente si fermano in un luogo per troppo tempo perché, alla lunga, la loro presenza sarebbe notata e dunque dopo un certo periodo di tempo riprendono il loro scellerato girovagare. Capita delle volte che i loro iniziati si risveglino dopo un periodo di tempo superiore ai sette giorni. Poiché superato il settimo giorno raramente rischiano la permanenza, non avendo la certezza che l’iniziato abbia completato la metamorfosi o sia invece definitivamente morto, gli piantano un paletto nel cuore.”

“E perché mai?” Berardo era stupito.

“Per non lasciare indietro un mostro sprovvisto del necessario addestramento, facile da catturare e che potrebbe divenire una fonte d’informazioni pericolose per gli umani.” Era stato Rothgar a dare la risposta questa volta e Renato assentì compiaciuto.

“Sareste stato un ottimo cacciatore.” Asserì con grande serietà.

“Ringrazio Iddio di non esserlo. Non vi invidio, messere.”

“Ed ora che faremo?Berardo era sempre più preoccupato. Vi siete fermato qui, come se sospettaste che la povera disgraziata si trovi li dentro. Perché avete questo sentore? Non potrebbe essere scappata da qui? E se è vero quegli esseri piantano un paletto nel petto di quelli che non sono sicuri siano stati mutati, perché lei è qui?”

“ Non è scappata. Non saprebbe dove andare. Questa è la prima città che incontra dopo giorni. È un centro abitato che le offre la possibilità di predare esseri umani e questo lo sa, nonostante le sue remore. Ormai ha aggredito un guardiano, lasciandolo in vita e non può non sospettare che abbia rivelato particolari su di lei. Si aspetterà una battuta di caccia nei boschi e perciò si è nascosta qui, nel cuore di questo bel centro abitato. Il magazzino ha anche un piano sotterraneo, vero? Una cantina.”

“Si, messer Renato.” Confermò Rothgar.

“Il sole è anatema per queste creature e dunque avrà bisogno di un luogo in cui ripararsi dai suoi effetti nefasti. Un luogo oscuro, nascosto, in cui dormire di giorno e da cui poter uscire la notte. E per rispondere alla vostra ultima domanda, fratello, chi può dirlo? Forse il suo artefice non ha avuto il tempo di farlo. Chissà cosa è successo a Long bridge.”

 

4

 

Gli uomini della locale guardia erano stati radunati rapidamente e, come ordinato loro, si erano messi a disposizione di Renato e Rothgar. Quest’ultimo aveva obbiettato: “Perché non diamo semplicemente fuoco al magazzino? Se davvero si trova lì, la faremo fuori in modo sicuro.”

“Lei è nella cantina. Per quanto ne sappiamo il fuoco potrebbe anche non arrivare sin lì e tenendo conto della resistenza di cui è dotata, sopravviverebbe. E poi, troppo rischioso. Basterebbe un po’ di vento e l’intera Moorchester diverebbe un rogo.”

“Allora perché non aspettare che arrivino i miei uomini?”

“Lei potrebbe scappare nel frattempo e questo non posso permetterlo. Conto ancora di scoprire qualcosa sui chi l’ha trasmutata. Mi bastano anche poche informazioni.”

Berardo invece si era sentito sollevato quando gli era stato detto che non avrebbe dovuto entrare con loro.

“Non si è ancora completamente trasformata e la sua anima non è totalmente persa. Purtroppo il demone che ora vive in lei, sebbene non abbia ancora il completo controllo, può farsi scudo di essa. Le sue preghiere e gli esorcismi non lo indebolirebbero ma lo farebbero solo arrabbiare di più, un po’ come se pungolasse un toro sui testicoli.”

Al frate la spiegazione andò benissimo e non insistette, nonostante una parte di lui provasse una morbosa curiosità: vedere una delle diaboliche creature di satana di cui spesso sentiva parlare nelle prediche; si limitò di buon grado ad impartire la benedizione agli uomini e alle armi, mentre Renato spiegava: “Quando entreremo, avvertirà quasi subito la nostra presenza, per quanto tenteremo di muoverci in silenzio. Siamo troppi per nasconderci da lei e dunque dovremo agire contando sulla rapidità, circondandola il più velocemente possibile. I loro occhi sono molto sensibili alla luce e per proteggersi da una fonte luminosa altrimenti intollerabile, come le torce che useremo, si forma quasi istantaneamente una patina nera che li copre completamente, lasciando solo intravedere le pupille, che divengono rosse ed estremamente ristrette. In questo stato sono quasi completamente ciechi ma hanno un tatto sviluppato e si acuisce ulteriormente per supplire alla mancanza di vista. Sentirà la stessa aria che sposteremo per muoverci e le vibrazioni attraverso il pavimento le diranno esattamente dove siamo. È inesperta ma la paura la farà agire d’istinto ed il loro istinto è quello del predatore. Vi mostrerà i denti e vedrete che presa dalla frenesia che la pervaderà rapida, le gengive si ritireranno e che proprio in corrispondenza dei canini, mostrò loro i denti per un istante, spunteranno due zanne aguzze, strette e lunghe, simili a quelle d’un serpente. Basterà un morso, anche breve, per farvi accasciare in terra, inermi. State attenti anche alle unghie. Se ne formano, sopra le sue, altre più lunghe ed acuminate. Non può trasmettere il suo veleno tramite quelle ma se vi fa sanguinare, sentirà l’odore del sangue. Il suo naso è particolarmente sensibile all’odore del sangue umano. Usate i sacchetti di pepe selvatico ed aglio tritato. Apriteli e avrà una brutta sorpresa. Al culmine della rabbia non sentono dolore e se la ferite il sangue smette quasi all’istante di sgorgare. Non conviene dunque colpire a caso. Usate le picche per tenerla a distanza. Mirate al cuore, assicurandovi di trapassarlo completamente, o alla testa, al cervello. Randelli e coltellacci non produrrebbero un grosso effetto. È giovane, poco nutrita e dunque non molto forte ma non sottovalutatela. Può comunque tenere testa ad ognuno di voi. Forse parlerà, utilizzerà il suo carisma per cercare di farvi abbassare la guardia. Non pensate alle sue parole, focalizzate la mente su altro. Pregate, pensate alle vostre famiglie, al fatto che quello che avete di fronte, nonostante l’aspetto, è una bestia famelica. Una volta costretta con le spalle al muro, non tentate colpi di testa. Lasciate che prima le parli. Siamo intesi?”

Tutti assentirono con grande serietà. Qualcuno deglutì. Qualcuno si fece il segno della croce.

Il sole stava sorgendo ma faticava a far sentire la sua presenza, a causa della coltre di nubi che attraversavano minacciose il cielo. Potevano contare su un alleato meno potente di quanto il crociato avrebbe sperato.

Renato si piegò sul ginocchio, dopo aver infisso la sua lancia in terra e, raccoltosi in preghiera recitò: “Oh Dio dei Cieli, Signore degli Eserciti che regni nella Gerusalemme Celeste a te mi rivolgo, umile ed indegno, per ricevere la benedizione della forza e del coraggio. A te chiedo di porre la tua creatura, Michele condottiero d’angeli e dalla spada fiammeggiante, al mio fianco ‘si da ispirare le mie azioni ed essermi sprone ad avanzare senza ritirarmi. Rendete, o santi e beati, sicuro il mio passo e private di paura il mio cuore. Benedicite i miei compagni d’arme e fate ‘si che possano tornare sani e salvi alle loro famiglie, ai loro cari o che possano morire con onore, servendo il Signore, e poter così essere assunti in Cielo, come martiri della Fede.” A quelle ultime parole qualcuno sudò freddo. Rothgar si segnò quasi contemporaneamente a Renato.

“Questa è la preghiera che dicono quelli del tuo ordine prima di iniziare una caccia?”

“Questo è il canto di guerra che intoniamo, prima d’una battaglia.” I due veterani si scambiarono un sorriso di rispettosa intesa e, alla testa di sette uomini armati di lunghe pertiche terminanti in punte di ferro, penetrarono nel magazzino, sotto la sguardo attento di Berardo che, in silenzio, pregò con sincero interesse a ‘che potessero compiere con successo la propria missione e tornare a casa.

Renato, alla testa del gruppo, seguito da Rothgar che era pronto a difendergli il fianco destro, avanzò, torcia alla mano, illuminando il cammino attraverso l’ambiente dove erano ammassate le scorte alimentari. Un’idea dei borgomastri del luogo che in questo modo, nei mesi più rigidi, garantivano alla popolazione la possibilità di poter comunque consumare almeno un pasto al giorno, specie alle famiglie meno abbienti o comunque più sfortunate. Ognuno contribuiva in proporzione alle proprie possibilità, nobili e ricchi compresi Renato, in un altro momento, avrebbe ammirato quel comportamento avveduto e civile ma era concentrato sulla botola davanti a sé.

Vi erano solo quattro grandi finestre chiuse però da pesanti battenti, bloccati a loro volta da spesse tavole di legno in modo da impedire ad eventuali ladri di intrufolarsi nel locale durante la notte.

Il buio avvolgeva tutto pesantemente e confermò l’idea del cacciatore che fosse un nascondiglio ideale per uno di quegli orrori.

Gli stivali pestarono il freddo pavimento di pietra su cui s’erano accumulati terriccio e paglia. Alcuni topi, spaventati dalla loro presenza presero la via della fuga, la stessa che volevano tagliare alla giovane dannata a cui stavano dando la caccia.

Scesero, dopo aver gettato una torcia accesa sul fondo, in modo da illuminare la cantina dove venivano conservate le botti con gli oli ed il vino. Teneva la sua lancia pronta a colpire, in ogni istante.

Fu un attimo e dal buio arrivò il violento assalto.

 

 

 

5

 

La punta della lancia le aveva lacerato la guancia destra. Renato l’aveva fatta scattare a frusta ben prima che lei potesse farsi sufficientemente vicina ‘si da poterlo mordere o anche solo graffiare.

Era basita dalla rapidità con cui l’uomo aveva reagito.

“Sapevo che l’avresti fatto. Sembrò che avesse letto il suo pensiero quando, con calma, pronunciò quelle parole. La sua tranquillità strideva con l’irrequietezza e la paura degli uomini che erano con lui. Solo l’altro uomo dall’aspetto maturo, un sassone, era altrettanto controllato. Non le sfuggì che, dispostisi con diligenza e velocità, nonostante i timori, a semicerchio la stavano costringendo con le spalle al muro. Lui proseguì. Ho dato la caccia a molti altri come te.”

“Davvero?” La domanda le era sfuggita, spontanea e carica di stupore.

“Davvero. Assicurò lui. Lo faccio da molto tempo, da prima che tu nascessi e, credimi, sono divenuto abbastanza bravo nel mio lavoro.”

“Vuoi uccidermi?” La sua voce tremò, come la fiamma di una candela sfiorata dal vento.

Nonostante quegli occhi atterrenti e le zanne, il suo era il volto di una bambina. Era donna da troppo poco tempo per aver perso l’innocenza, nonostante avesse assaggiato il sangue umano. Renato la guardò, senza odio o disprezzo.

“Non lo voglio. Se potessi, piccola mia, ti lascerei andare. Lei aprì la bocca, come per dire qualcosa ma esitò e l’uomo aggiunse: ma ti mentirei se ti dicessi che lo farò. Hai aggredito un giovane, nutrendotene.”

“Ma l’ho risparmiato!” Piagnucolò infantilmente, giustificandosi.

Rothgar aveva una figlia dell’età di quella ragazza. Si sarebbe sposata la prossima primavera e nonostante il suo carattere burbero e riservato le era molto legato. Penso se al suo angelo fosse successa la stessa cosa. Il cuore, nonostante fosse un uomo avvezzo alle asperità della vita, si strinse e provò pietà per la giovinetta, arrivando ad immaginare cosa doveva provare Renato nel compiere il suo dovere. Quest’ultimo: “Lo hai fatto perché sei una ragazza forte e d’animo buono. Lo hai fatto perché sei ancora umana, nonostante quello che ti hanno fatto. Sai benissimo che non durerà. Puoi sentire dentro di te il cambiamento che continua, defraudandoti ogni momento sempre più dei tuoi freni, delle inibizioni, del senso del bene e del male, alimentando la rabbia, l’odio ed il desiderio. La fame cresce ed il demone che vive dentro di te urla. Quanto ancora lo terrai sotto controllo? Giorni? Ore? La prossima volta che uscirai per andare a cacciare, ucciderai. Non lo farai intenzionalmente ma lo farai ed allora sarai perduta per sempre. Vuoi questo?”

Lei singhiozzò, asciugando le lacrime scivolate sin al labbro superiore con il dorso della mano.

“No …” Rispose.

“Lo sapevo. Sei una brava ragazza.”

“Se lo fossi stata …”

“Non dirlo. Fu con grande tenerezza che pronunciò quelle parole. Chiunque avrebbe accettato al tuo posto. Anche io, se non avessi avuto ben chiaro cosa mi veniva offerto, avrei acconsentito ad essere trasmutato.  Loro non vogliono iniziati recalcitranti nei loro ranghi ma si servono, spesso, dell’inganno per far proseliti. Tu eri spaventata, vero? Il morbo che ha falciato la gente a Longbridge t’aveva colpita.”

“Ho visto i miei genitori, i miei fratelli, le mie sorelle, il mio promesso sposo cadere, uno dopo l’altro, inesorabilmente. Lo strazio impregnava ogni parola, ogni sillaba, mentre dolorosamente ricordava quei giorni. Quando loro sono arrivati, ero sdraiata a terra, nella capanna comune dove ci portavano a morire, vicino alla mia sorellina. Per lei era troppo tardi, mi dissero. Per me c’era speranza. SPERANZA! Un rabbioso sorriso beffardo, per un attimo, le deformò il volto. Con amarezza proseguì: Lui mi parlò. La sua voce era così suadente e calda. Sembrava rasserenarmi mentre intorno a me era solo morte e dolore. Per un istante il suo sguardo vagò senza meta nella cantina, come se non si trovasse realmente lì ma fosse tornata nell’inferno di paura a cui la malattia l’aveva condannata. Se solo avessi immaginato …” Si coprì il volto per la vergogna.

“Non potevi. Nessuno può. Lui come era? Puoi descrivermelo?”

Lei assentì: “Il suo cranio era privo di capelli, come se non li avesse mai avuti e non v’erano né barba, né baffi su quel suo volto emaciato, lungo ed affilato come la lama d’una falce. Solo due sopraciglia, folte, in modo eccezionale, sopra due occhi scuri e molto vicini ad un naso adunco, come il becco d’un rapace. Sul dorso della mani, aveva della peluria, così nera da contrastare con la pelle, del color del latte. Parlava con un accento che quasi mi rendeva difficile comprendere ciò che mi diceva ed i suoi modi erano gentili, come quelli d’un nobiluomo. Io … s’interruppe, la voce rotta da una serie di singulti, le mani che tremavano,non avrei mai creduto possibile che fosse …”

Strinse gli occhi, come se stesse cercando di scacciare un incubo che la tormentava.

Anche gli uomini presenti, proprio come Rothgar, avevano dei figli e delle figlie. Erano scesi col timore d’affrontare un mostro ed ora si ritrovavano a contemplare una vittima. Mormorano, ognuno dentro il silenzio della propria testa, una preghiera, a che Dio potesse aiutare quella sventurata.

Renato la fissò, ringraziandola: “Quello che mi hai detto mi tornerà molto utile.”

“E come? Quando mi sono svegliata, non sapevo nemmeno dove fossero.”

“Quanti erano?”

“Cinque in tutto.”

“Quando trasmutano qualcuno, se non sono certi di essere riusciti nell’opera, piantano un paletto nel petto del malcapitato per impedire, nel caso, che si risvegli dopo averlo lasciato al proprio destino. Tu sei qui e da sola. Quando ti sei svegliata loro non c’erano. Non hai idea di cosa possa essere successo?”

“Quando mi sono svegliata … un tremito la pervase, scuotendola violentemente, c’erano solo cadaveri intorno a me ed i fuochi ancora bruciavano. Non c’era nessuno. Io aveva, faticò non poco nel trovare le parole e nel ricordare, un paletto piantato qui. Indicò un punto vicino al suo cuore. Cercai il corpo di mia sorella ma doveva essere stato accatastato insieme agli altri divorati dalle fiamme …” Le ultime parole sfumarono nel silenzio.

“Non temere. Li troverò.” La rassicurò lui.

Con grande dignità, nonostante la paura, lei chiese “Lo farai ora?”

“Devo.” Spiegò lui con amorevole pazienza.

“Andrò all’inferno?”

“No! S’affrettò lui. No, bambina mia. Non ci andrai. Credimi. Ora ascoltami bene. Appartengo ad un ordine antico, istituito dai successori di Pietro nei giorni bui. Mi sono stati conferiti, in virtù di questo, delle prerogative speciali.Alzò la mano destra, dopo aver passato l’asta nell’altra, e dopo aver segnato l’aria con la croce, in tono solenne: In nomine patris, filii et spiritus sancti. In nomine Crux Sanctis Patris Benedictis, per il Signore, dal Signore e con il Signore.

Io, Renato da Cave, Maestro Cacciatore, Crociato e Soldato dell’Ordine di San Michele Guerriero, per i poteri conferitimi dal Papa, dai suoi Vescovi e dalla Santa Romana Chiesa, dichiaro te, Agata di Long Bridge, donna giusta e retta ed il tuo animo incorrotto, sebbene ingannato dal vile demone. Per le inconfutabili prove, nonostante la maledizione, di rettitudine che hai dato, assolvo i tuoi peccati ed accolgo il tuo evidente e sincero pentimento come una benedizione.

Elevo la mia preghiera all’Onnipotente Signore degli Eserciti che è anche Padre amorevole, perché la sua mano e lesta ad impugnare lo scudiscio per punire l’empio, l’iniquo, il malvagio ma ancora più rapida è nell’aprirsi in una carezza per il figlio che, pentito, chiede il suo aiuto.

Poiché grande è stata la pena a cui sei stata sottoposta, la tua dipartita ti condurrà direttamente in cielo, ove tra i beati ed i santi, potrai godere dell’eterna beatitudine e rincontrare, un giorno, i tuoi cari.

Riposa in pace, Amen.”

Passò la lancia a Rotghar ed estratta la spada si fece vicino alla fanciulla in lacrime.

“Prima promettetemi una cosa …” Fece lei con un filo di voce.

“Chiedi pure, figlia mia.”

“Quando lo troverete …”

“Pagherà. Pagherà per tutto quello che ha fatto e anche di più. Te lo giuro sul mio onore.”

La ragazza assentì ed il suo viso si rilassò, improvvisamente. Le palpebre si chiusero sui suoi occhi neri come la pece e alzò leggermente il capo, per porgere meglio il collo.

“Vai in Paradiso, piccola e coraggiosa donna.”

Il colpo fu preciso e veloce.

 

6

 

“Possiamo seppellirla in territorio consacrato?” Chiese dubbioso il frate mentre osservava il composto e quieto drappello d’uomini che, issata in spalla la cassa di legno che era stata portata fin lì, si preparava a condurre la dipartita ragazzina al luogo dove avrebbe riposato.

“Certamente. È stata assolta dal peccato.”

“Potete farlo?”

“Credete io abbia mentito?” Nessun rancore in quella domanda.

“Oh, vi prego! Non pensiate nemmeno io possa insinuare qualcosa del genere!” Si affrettò a spiegare Berardo.

“Allora, come vi ho già detto, potete seppellirla in un terreno sacro. Per sicurezza le ho anche piantato un paletto nel cuore. Non correrete nessun rischio perché non può risorgere e poi, per fortuna, la sua anima è con Dio ora.”

“Sia lodato l’Onnipotente per la sua generosità.”

I tre uomini elevarono un amen all’unisono e dopo che il cistercense si fu congedato, Rothgar affermò: “Non vedeva l’ora che questo momento giungesse, sin da quando si è unito a noi.” C’era una punta di disprezzo in quelle parole.

“Non è il suo mondo. È un amanuense e avrebbero dovuto inviarci qualcuno con più esperienza ma tanto è successo. Recriminare è inutile.” Tentò di conciliare.

“Ed ora?”

“Ora riprende la caccia. Dobbiamo trovare chi ha fatto questo a quella poveretta.”

“E voi sapete dove andare?”

“Diciamo che ho un sospetto.”

Renato e Rothgar salirono sulle rispettive cavalcature e ripresero la via.

 

Fine episodio.

 

Yuri Lucia

 

 

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