Presenta:
Da
un’idea di Yuri Lucia
Di
Yuri Lucia
OPERAZIONE
TEMPESTA
N4
Seconda
Caduta
1
12 Luglio - Quartier generale del Centro
Informazioni Militare, 68 km da Milano
“Ancora niente?”,
chiese il Capitano Samuele Mazzati senza distogliere
lo sguardo dallo schermo, il volto ancora segnato dai fatti accaduto 11 giorni
prima, nei pressi della vecchia base Tuono.
“Ancora niente”,
confermò l’analista di dati Alberto Fosco.
La notizia fu
accolta da Mazzati con una smorfia di disappunto.
Sapeva che la colpa non era di Fosco. La colpa era di Ravenna, che pareva
essere fin troppo intelligente per loro e della spia che gli passava notizie
sui movimenti del CIM.
Aveva parlato del
suo sospetto solo con il Colonnello Stabile e con nessun altro, perché non
aveva idea di chi potersi fidare e di chi no. Stabile d’altro canto aveva
ripreso l’argomento una sola volta, convenendo con lui sulla necessità di
tenere la cosa tra loro due fin quando non avessero avuto maggiori prove, “se
c’è una fuga d’informazioni,” aveva
spiegato Mazzati al superiore,” deve aver lasciato una qualche traccia. Tra di loro deve esserci
un esperto informatico, non escludo che gli vengano inviati dati sensibili
criptati, nascosti in qualche modo ai nostri controlli. Solitamente i file con
un livello di segretezza superiore a 3 vengono memorizzati in hard disk o
supporti d’altro tipo ma abbiamo comunque un flusso in uscita che comprende le
informazioni con un livello di sicurezza basso o non secretate. Ci serviamo di
una infrarete dedicata ma qualcuno, qualcuno di
esperto, può aver trovato il modo di usarla, nascondere i dati che gli servono,
magari mimetizzandoli e l’informatico di Ravenna poi li recupera con tutta
tranquillità. Inserirsi nella nostra rete non è facile ma non impossibile.”
“Questo non mi
consola e non mi dice nulla di utile. Continui a cercare, dobbiamo trovare
qualcosa. Qualsiasi cosa”, l’altro assentì e Samuele Mazzati
lasciò il suo uomo al lavoro che gli era stato affidato. Era un elemento di
provata lealtà il Tenente Franco Rivera, anche se a quel punto non era più
veramente sicuro di chi potersi fidare e di chi no. Persino nel momento in cui
si trovava a camminare per i corridoi del C.I.M. sentiva su di sé lo sgradevole
sguardo dell’invisibile infiltrato che pareva farsi beffe di lui.
Prendimi se puoi, gli era sembrato di sentirsi dire un paio
di volte mentre passava vicino ad un gruppo di tecnici in pausa pranzo o ad un
paio di guardie che stavano di sentinella. Doveva controllarsi, evitare di
scivolare nella paranoia ma era difficile non farlo. Un uomo ed un manipolo di
seguaci stava mettendo in scacco le più prestigiose organizzazioni militari e
paramilitari d’Europa e sembrava fosse impossibile arrivare a lui.
Inoltre ora era
ancora più pericoloso di quanto non lo fosse inizialmente.
“E gli abbiamo
messo in mano noi altre armi…”, disse quasi in un sussurro. Uno del personale
della base alzò lo sguardo su di lui con aria interrogativa, distolto dalle sue
carte proprio da quel mormorio. Durò solo un istante, il tempo che uno sguardo
gelido di Mazzati lo spingesse a tornare alle proprie
mansioni.
“Ci manca solo che ora comincino a prendermi
per matto”, si rimproverò nei suoi pensieri.
Si diresse al
garage della base e prese la sua vettura personale.
C’era una cosa che
doveva fare, qualcuno con cui doveva
assolutamente parlare e che forse avrebbe potuto aiutarli.
Il tempo stringeva,
lo sentiva.
Ravenna aveva in
mente qualcosa di grosso, lo sapeva. Tutto quello che aveva fatto fino a quel
momento era solo una serie di preparativi per l’obbiettivo finale. Dovevano
capire in tempo cosa avesse in mente, era l’unico modo per fermarlo. Giocare
d’anticipo.
Mise in moto la sua
Fiat Bravo, di un anonimo color verde. Fece qualche capriccio, come spesso
accadeva ultimamente e si disse che avrebbe dovuto portare la macchina dal
meccanico presto o tardi altrimenti sarebbe rimasto a piedi un giorno di
quelli.
Andrea Gaggioli era
un uomo sulla quarantina, sebbene non si potesse definire “bello”, aveva la
fama di essere una specie di playboy nell’ambiente. Samuele Mazzati
dovette riconoscere che fisicamente si manteneva piuttosto bene e che i suoi
modi di fare disinvolti e amichevoli avevano un che di accattivante. L’uomo
invitò il militare a prendere posto al tavolino del caffè milanese dove si
erano incontrati.
Samuele aveva detto
lo stretto necessario al telefono, incentivandolo con la sola frase, “se vuole sapere cosa è successo al suo amico
Remo”.
Andrea e Remo erano
amici e colleghi da molto tempo ed il primo aveva subito denunciato presso la
polizia la scomparsa dell’altro, cercando ogni giorno informazioni sullo stato
delle ricerche. Aveva persino ingaggiato una specie di investigatore privato,
temendo un caso di rapimento legato al lavoro che Remo Rizzato svolgeva.
Era un uomo
intelligente, non c’era che dire, non gli c’era voluto molto per intuire la
verità, seppure a grandi linee e priva di particolari. Andrea Gaggioli era da
troppo tempo in quell’ambiente per non capire che al di là di tutto erano
persone a rischio.
I due si erano
salutati in modo educato e formale, poi Gaggioli aveva ordinato due caffè ed
avevano atteso che l’ordine venisse portato.
La cameriera servì
le bevande calde e fumanti e dopo aver incassato la mancia dai due clienti ed
averli ringraziati si congedò.
Per un po’ tutto
quello che Andrea fece fu girare il liquido nero nella sua tazzina, rimirandone
il piccolo vortice che il moto circolare del suo cucchiaino produceva. Samuele Mazzati attese paziente, intenzionato a concedere all’altro
tutto il tempo di cui aveva bisogno per riflettere su quanto stava accadendo.
Benché sentisse l’urgenza di risolvere la sua situazione, non poteva mettere
fretta a quell’uomo. Non desiderava né indisporlo, né farlo chiudere.
“Lei è un militare,
non è vero?”
La domanda era
stata rivolta con calma, con tono pacato ma allo stesso tempo con una sfumatura
che lasciava capire che non si aspettava una risposta diversa da un si e
Samuele lo accontentò, “è così evidente?”, chiese.
“No. A dire il vero
no. Lei si mimetizza abbastanza ma a rigore di logica solo due persone possono
contattarmi a questo punto per parlarmi di Remo. O i rapitori, se qualcuno
l’avesse rapito, o qualcuno legato agli ambienti militari. Remo ha lavorato a
diversi progetti segreti ed una sua sparizione, ovviamente, avrebbe delle
possibili ripercussioni che le Forze Armate ed i Servizi Segreti non possono
ignorare. Se fosse stato uno dei rapitori, credo, avrebbe gestito il nostro
incontro in modo molto diverso. Punto sul militare.”
“Lavoro per
un’Agenzia segreta Professor Gaggioli. Non posso dirle molto altro per motivi
di sicurezza ma lei può di certo capirmi. L’Agenzia lavora per le Forze Armate
e ne è parte, questo posso dirlo invece. Ha fotografato bene la situazione. La
sparizione del Signor Remo Rizzato è qualcosa che ci interessa da molto vicino
ma, vede, devo prima dirle una cosa, qualcosa che deve rimanere strettamente
confidenziale tra di noi e che in realtà non sarei autorizzato a dirle”, prese
una pausa per studiare la reazione dell’altro che si limitò ad alzare un
sopracciglio, incuriosito per quell’affermazione.
“La prego, vada
pure avanti”, lo invitò e Samuele accolse l’invito.
2
12 Luglio – Rifugio Antiatomico (Seconda Base
di Minerva), non distante dalla Base Tuono
Lo 02 era lì,
davanti agli occhi degli adepti di Ravenna, bello e terrificante nelle sue
linee aereodinamiche, semplici ed eleganti, uno spettacolo che ipnotizzava Scarano, i cui occhi sembravano letteralmente divorare il
convertiplano, correndo nervosamente e avidamente dalla coda all’arma, il
Crocea Mors, innestato nella torretta, che ora faceva
mostra di sé sul muso del nuovo Folgore Celeste.
“La nostra piccola
flotta aerea oggi si arricchisce di un nuovo elemento,” nella voce di Elio Costante Ravenna c’era una tenera
soddisfazione, una calda gioia, come di chi da l’annuncio di una nuova nascita,” un fratello per il nostro Folgore
Celeste, il Folgore II. Fino ad ora, grazie a questo capolavoro della moderna
scienza,” con un gesto teatrale
indicò il Folgore Celeste,” figlio
della mente di questo nostro confratello,”
indicò con una mossa discreta e molto signorile Remo, curando di enfatizzare la
parola confratello,” abbiamo ottenuto
grandi vittorie. Il vostro coraggio, la vostra abnegazione alla causa sono innegabile
e sono motivo d’orgoglio per me, e mi sento onorato di poter lottare al fianco
di uomini e donne quali voi siete. Tuttavia, grazie a questo nostro nuovo
acquisto, le possibilità di realizzare quel sogno da noi tutti condiviso
aumentano e la vittoria finale, quella più importante ora è più vicina”, ci fu
un altro applauso a quelle parole, applauso al quale Ravenna replicò con un
compiaciuto sorriso.
Versò del vino
nella coppa che Remo stringeva tra le mani. “Alessandro insiste nel dire che
sei pronto, specialmente dopo il successo dell’ultima missione e che dovresti
essere tu a pilotare il Folgore Celeste”, gli disse Ravenna in tono paterno.
“Perché è derivato
direttamente dal prototipo di Rapace che hanno usato come modello?”
“Consideralo come
un figlio nato direttamente dalla tua mente.”
“Come Minerva
partorita dalla mente di Giove eh?, così ora sarei niente meno che il Padre
degli dei in persona!”, fece lui con amara autoironia.
“Sei un uomo molto
intelligente e lo sai. Perché ti affliggi ancora amico mio? Non sei del tutto
persuaso dalla mia causa?”
“Sono più che
persuaso, ora che so di cosa sono capaci. Quando ho realizzato che volevano
produrre in gran numero il Folgore Celeste non ho più potuto negare l’evidenza
dei fatti. Hanno pervertito lo scopo primario del Rapace, facendone uno
strumento di morte e volevano utilizzarlo anche per poter controllare il
territorio e colpire chiunque fosse un potenziale pericolo per loro”, le sue
parole vibravano di risentita rabbia.
“Sono abituati a
fare così. Usano tutto quello che gli è comodo senza riguardo alcuno per i
sentimenti delle persone che vi sono legate. Del resto è parte del gioco, un
gioco a cui voglio porre termine perché è divenuto letale per tutto questo
nostro mondo.”
“E come farai?”
“Semplice, ucciderò
i capi di stato dei paesi più influenti.”
Nella stanza dove
si trovavano, destinata in origine ad ospitare il Presidente della Repubblica,
calò un silenzio assordante, che per alcuni istanti divorò ogni pensiero o
considerazione nata dalla mente di Remo che, con voce tremolante, “è dunque
questo il tuo scopo? È per questo che dicevi che il momento si avvicinava? Per
la riunione che si terrà a Milano, durante l’Expò? A
questo ti servivano tutti quei miglioramenti che hai apportato al Folgore, per
superare la rete di sicurezza intorno a loro?”
“Sono colpevoli di
numerosi crimini, lo sai? Hanno portato questo mondo sull’orlo della catastrofe
ripetutamente negli ultimi anni. La crisi economica, l’inconsistente lotta al
terrorismo, il potere nelle mani delle lobbies, tutte
le guerre che si combattono e quelle che potevano esplodere tra occidente ed
oriente. Non si può curare il pianeta se non si estirpa prima la causa del suo
malessere.”
“Proponi un
intervento radicale, pericoloso, le cui conseguenze potrebbero essere diverse
da quelle che ti aspetti,” osservò
pacato Remo,” l’instabilità che si
verrebbe a creare dopo un simile atto non oso nemmeno immaginarla. Non è
improbabile che si inneschi un’escalation.”
“L’immobilismo ci
ucciderà, Remo. Se il prezzo da pagare è spingere l’attuale situazione globale
al collasso, sono pronto a pagarlo”, Ravenna lo aveva affermato con assoluta
tranquillità, senza accenti drammatici, esponendo le sue idee in modo calmo e
lucido.
“Capisco,” fu il semplice commento di Remo,” a questo punto non posso tirarmi
indietro, nemmeno volendo. Del resto no lo voglio. Penso veramente quello che
ho detto sui modi delle persone che mi avevano incaricato di spiarti. C’è solo
un particolare che dovremmo definire,” aveva atteso sino a quel momento per
prendere l’argomento.
“Vuoi parlare della
spia che sta nei nostri ranghi, vero?”, Remo non si sorprese nel sentire quella
domanda retorica pronunciata da Ravenna. Quella questione era rimasta aperta
sin da quando era avvenuto il loro primo incontro.
“Ti accingi a
qualcosa di tanto estremo ed impegnativo. Come puoi farlo sapendo che uno dei
tuoi è un traditore?”
Ravenna sorrise,
“Remo, fino ad ora la spia non è riuscita a passare informazioni
particolarmente importanti ai nostri nemici. Questo mi va più che bene.”
“Ti va bene,” fece Remo senza smettere di guardarlo
negli occhi,” perché la spia ha fatto
trapelare solo le notizie che tu volevi.”
“Esattamente. Mi va
bene così perché non devono brancolare nel buio.”
“Devono dirigersi
la dove dici tu. Gli lanci delle briciole di pane sperando che arrivino
sull’orlo del precipizio senza accorgersene mentre sono intenti a cercarle.
Vero?”
“Sei un uomo
sveglio. Questa tua qualità ti farà arrivare lontano. Ora, se me lo permetti,
ho alcune faccende da sbrigare. Il grande giorno si avvicina, Remo.”
Ravenna uscì dalla
stanza lasciando l’ingegnere da solo con i suoi pensieri.
“Devo muovermi in fretta”, spinto
dall’urgenza della situazione.
3
12 Luglio - Piazza Oberdan, Milano
Gaggioli aveva
ascoltato con grande attenzione il racconto di Mazzati,
senza mai interromperlo, senza mai lasciare che nulla trapelasse dai suoi
sguardi, dai suoi gesti. L’espressione del suo volto era a dir poco neutra e
attese alcuni minuti prima di rispondere quando il racconto dell’altro finì.
“Potrei e dovrei
denunciarvi tutti,” disse con tono di voce moderato dopo aver sorseggiato
quanto rimaneva del suo caffè.
“Comprendo il suo
disappunto,” fece con sincerità Samuele
Mazzati,”
ma lei deve capire che ci trovavamo in una posizione difficile.”
“Ed il risultato è
che ora siete ancora più disperati, visto che lei è arrivato a spiattellare
tutto ad un civile, pur di ricevere aiuto per districare una faccenda che
altrimenti da solo non potrebbe. Lei ed i suoi superiori avete messo la vita di
un uomo, un uomo buono ed onesto che a questa Nazione ha solo fatto del bene,
nelle mani di un terrorista che per quanto fosse un tempo uno stimato
scienziato, stimato anche dal sottoscritto, è pur sempre un terrorista. Gli
avete affidato il compito della spia quando lui non lo è.”
“Sarebbe stato
rapito comunque.”
“No se lo aveste
protetto anziché spingerlo nelle fauci del lupo. Lei si rende conto che
potrebbe essere morto vero? Lo sa che il suo sangue è sulle sue mani.”
“So che lo sarebbe
se fosse morto si ma non lo è. Remo Rizzato è ancora vivo.”
“E lei come fa ad
esserne certo?”
“Perché si è messo
in contatto con lei.”
Andrea Gaggioli
sospirò e incrociò le braccia, “e quest’affermazione? Da dove nasce?”
“Lei non è turbato
dalla mia visita. Ha indovinato che sono un militare ma si aspettava una nostra
visita presto o tardi. Aveva assunto un investigatore privato per indagare
sulla scomparsa del suo amico, il suo migliore amico. Poi ha fatto interrompere
le ricerche. È stato tutto improvviso ed è avvenuto undici giorni fa il che
significa che Remo ha trovato il modo di contattarla, vero?”
Andrea lo fissò con
aria severa, “questo è un gioco pericoloso.”
“Se Remo le ha
chiesto di non contattarci,” proseguì
imperterrito Samuele Mazzati,” può esserci solo un motivo. Ha capito anche lui che qualcuno sta
passando informazioni a Ravenna. Fin quando non sarà certo di sapere qual è
l’obbiettivo del Professore non la contatterà più, vero? Voleva però essere
sicuro che qualcuno sapesse e in caso gli fosse successo qualcosa lei avrebbe
comunque avvertito il CIM, spia o non spia. Le ha dato un tempo massimo di
attesa? Credo di si. Mi ascolti, è importante quello che ho da dirle. Remo ha
ragione. L’organizzazione è compromessa ed io stesso non so più di chi fidarmi.
Le chiedo di rivolgersi a me quando riceverà le informazioni.”
Andrea inarcò un
sopracciglio, “lei lavora molto di fantasia. Ho licenziato l’investigatore
semplicemente perché non ero soddisfatto del lavoro svolto ma, ammettendo che
tutto questo suo castello di carte avesse un qualche fondamento, chi le dice
che mi potrei fidare di lei? Se davvero l’organizzazione fosse stata
compromessa, per quel che ne so io, lei potrebbe essere la spia.”
“Se è arrivato a
fare un’ammissione per via ipotetica come questa è perché pensa che io non sia
la spia. La spia non avrebbe corso rischi e l’avrebbe già eliminata.”
“Questo metterebbe in allarme Remo.”
“Solo nel momento
in cui dovesse scoprirlo ma lei non ci ha parlato direttamente, vero? Lui deve
averle inviato un messaggio. Un sms o una mail, giusto? La spia potrebbe
limitarsi a rubarle il cellulare o estorcerle la password della casella di
posta prima di ucciderla ed il gioco sarebbe fatto. Remo non saprebbe mai nulla
e loro continuerebbero ad utilizzarlo. La prego, deve fidarsi di me. La vita di
Remo Rizzato è in pericolo e con la sua la vita di non so nemmeno quante
persone.”
Andrea si rinchiuse
nuovamente nel suo meditabondo silenzio per cercare di capire cosa fosse o meno
giusto fare arrivati a quel punto e stavolta fu Samuele ad attendere
pazientemente.
4
18 Luglio – Municipio di Milano
Il Sindaco Elisa
Forti scambiò un’occhiata preoccupata con il Ministro degli Interni, Fulvio
Armeni che a sua volta cercò un riscontro nel Capo dei Servizi Segreti Militari,
il Generale Arturo Longari.
Il Capitano Germano
Stabile era lì, di fronte a loro, l’aria severa di chi non ha tempo o tanto
meno voglia di perdersi in lunghe discussioni.
“La notizia è
certa?”, Elisa Forti non riuscì a nascondere un tremito nella voce.
“Si”, replicò secco
Stabile.
“Conosco il
Capitano da anni ormai,” intervenne
Longari,” quando il CIM è stato
formato sono stato uno di quelli che caldeggiò la sua elezione a Direttore. Di
certo non affermerebbe qualcosa di tanto grave a cuor leggero.”
Il Ministro Armeni
aveva l’aria tirata di chi si trovava perennemente sotto il fuoco incrociato e
così effettivamente era, “l’attuale esecutivo non gode certo di grande
popolarità in casa,” ammise in
riferimento al fatto che si trattava del quarto Governo formato senza le
elezioni,” ed i malumori sono al loro
massimo storico. Abbiamo emergenze da affrontare a cui non riusciamo a far
fronte e sulla scena internazionale attualmente non possiamo dire di ricoprire
un ruolo di spicco. Se accadesse qualcosa del genere qui in Italia…”, non
terminò la frase, quasi temesse che il solo parlarne avrebbe portato al
disastro.
“L’unica cosa
sensata da fare è chiedere aiuto”, commentò senza troppi giri di parole
Stabile.
“E a chi?”, chiese
il Sindaco.
“Ovviamente all’AME
e agli altri Servizi Segreti dei Paesi alleati. Su quest’ultimi possiamo già
contare per quanto riguarda l’intelligence sul territorio, si tratterà solo di
spiegargli esattamente cosa sta succedendo.”
“Che abbiamo peso
il controllo di un arma sperimentale di cui sapevano poco o niente”, fece il
Ministro preoccupato.
“Arma che abbiamo
sviluppato in base ad accordi presi ed accettati dai Paesi dell’EU e quelli del
blocco Atlantico”, puntualizzò Stabile.
“Concordo con
Stabile, la sicurezza degli ospiti internazionali ha la priorità,” affermò
vigoroso il Capo dei Servizi Segreti.
“Potremmo annullare
o rinviare l’evento,” tentò di ipotizzare il Ministro provocando l’immediata
reazione del Sindaco, “scherza?! Dopo tutto quello che abbiamo speso per
organizzare l’Expo e tutto quello che ci è costato in termini di immagine! Se
annullassimo l’evento ora che figura ci faremmo?!”
Stabile era
disgustato. Il Sindaco era talmente miope da non capire la gravità della
situazione e pensava solo alla propria poltrona, “il Sindaco non sbaglia, anche
se ad essere sbagliati sono le motivazioni,”
spiegò il Capitano Stabile,” se
annulliamo l’evento perderemo l’occasione di attirare Ravenna in trappola.
Dobbiamo prenderlo e riappropriarci del Folgore o distruggerlo. Se gli togliamo
l’obbiettivo per il cui conseguimento si è preparato così duramente, non potrà
far altro che trovarsene un altro e solo Dio sa cosa potrebbe essere. Ha
dimostrato di poter eseguire delle azioni lampo di precisione chirurgica,
colpendo specifici bersagli. Fino ad ora avevamo una traccia, se pur flebile,
di quelli che potevano essere i suoi obbiettivi ma se tornassimo a brancolare
completamente nel buio? Immaginate cosa potrebbe accadere? Se invece lo
attiriamo sul nostro terreno, avendo tempo e modo di prepararci, sarà diverso.
Folgore Celeste è un’arma eccezionale ma non imbattibile. Quello che la rende
veramente temibile è il fattore sorpresa e stavolta questo gioca a nostro
favore e non del nostro avversario.”
Le due cariche
pubbliche erano perplesse, indecise sul da farsi, ognuna preoccupata più di
quanto la scelta sbagliata avrebbe potuto significare per la propria così detta
carriera che non del quadro più generale. Erano indecisi e deboli, questo
Germano Stabile lo sapeva bene. L’unica persona di polso, a parte lui, a
parlare fu Arturo Longari, “dobbiamo accordare a Stabile massima fiducia perché
ha colto nel segno. Minerva ha conseguito sin troppe vittorie e impedirgli di
tentare questa folle missione significherebbe solo spingerli a cercarne una
nuova. Stavolta siamo riusciti a scoprire i loro piani ma la prossima? No, io
dico che il ragionamento del Capitano Stabile è quello più sensato. Dobbiamo
trasformare l’evento in una trappola e chiudere una volta per tutte la partita
con Ravenna ed i suoi uomini”, il Sindaco ed il Ministro rifletterono con
attenzione su quelle parole, nessuno dei due disposto a rischiare la propria
poltrona in caso qualcosa fosse andato male ma entrambi concordarono che la
linea d’azione proposta era l’unica praticabile.
Il Capitano Ravenna
fu congedato, rimandato ad un nuovo incontro che si sarebbe svolto il giorno
dopo per stabilire i dettagli dell’operazione.
Uscì dal Municipio,
senza la sua uniforme, in un’anonima auto, una Bravo grigio scuro.
Aveva visto ancora
una volta l’inefficienza dei governanti del suo Paese, quell’inefficienza che
stava guidando l’Italia alla rovina.
Strinse con forza i
denti e si disse che non doveva pensarci e concentrarsi completamente
sull’obbiettivo che si era prefissato.
5
Alessandro
Benedetti studiò ancora una volta le mappe insieme a Scarano
e Remo.
“Dalle informazioni
che abbiamo apposteranno dei tiratori qui e qui,” indicò con l’indice,” senza
contare gli agenti in borghese mescolati tra la folla. Di questi si occuperanno
la nostra Intelligence e le Truppe da sbarco.
Noi dovremo aver a
che fare con la controaerea, 20 camion M927 che trasportano altrettante
stazioni di controllo AN-MSQ armate con PATRIOT, 10 postazioni SAMP/T, 30
cannoni Gatling Vulcan da 20 mm M163, 20 carri Ariete
e, ciliegina sulla torta, i russi hanno prestato per l’occasione 10 Tunguska
2S6.
Ci sarà una bella
copertura aerea. 6 F35, 6 EFA e 2 KC 767 per il rifornimento aereo.
Ci saranno anche 10
Mangusta, 8 Apache che hanno gentilmente messo a disposizione gli americani.
Ci saranno anche
diversi droni da ricognizione, 30 in tutto.
Il COA sta facendo
le cose in grande per l’evento il che significa un bel po’ di lavoro per noi.
A terra cercheranno
di creare quanti più problemi possibili ai loro sistemi elettronici ma su di
noi graverà parecchio lavoro.
Useremo le folgori
per condurre un attacco da due lati, in modo da dividere le forze nemiche e
spingerle ad aprire le maglie delle loro difese. Saranno i nostri uomini sul
posto che elimineranno fisicamente i bersagli.
L’idea è questa il
piano va studiato ancora e ancora ma abbiamo un mese di tempo per sistemare gli
ultimi dettagli il che significa, signori, che da questo momento ci metteremo
anima e corpo su questo lavoro.
I missili di
Sermoneta ci garantiranno una buona protezione dai loro missili e l’Egida del
Folgore ci garantisce notevole resistenza all’artiglieria pesante. Le loro
protezioni non possono competere con il Crocea Mors
ma dovete ricordarvi che non abbiamo colpi infiniti e che l’arma ha i suoi
limiti.
Per ora è tutto,
direi che possiamo concederci una doccia ed un pasto caldo.
Ci rivedremo tra
due ore con il resto del gruppo per parlare ancora della missione.”
Scarano si congedò salutando marzialmente, i suoi
occhi da rapace inquietanti come sempre.
Remo invece rimase
e, dopo aver visto allontanarsi l’altro, si rivolse ad Alessandro in tono
franco e senza preamboli, “è un suicidio.”
“Accidenti se vai
dritto al sodo,” rispose quello con un sorriso divertito.
“Il piano fa acqua
da tutte le parti e tu lo sai. Godiamo di un vantaggio tecnologico che però non
ci da la supremazia assoluta, non con tutti questi armamenti in campo e senza
contare che sanno che stiamo arrivando. Hanno capito che tutte le missioni
precedenti di Minerva erano finalizzate al potenziamento del Folgore e la spia
che c’è tra noi a quest’ora avrà sicuramente avvertito chi di dovere.”
“Non hanno mai
avuto modo di conoscere nel dettaglio le nostre mosse, lo sai. Se c’è davvero
un traditore tra noi non gli ha mai passato che poche informazioni.”
“A loro basta
sapere quale sarà il nostro prossimo obbiettivo. Le altre volte avete sempre
agito seguendo le direttive di Ravenna che vi comunicava le sue direttive con
breve preavviso ma ora è diverso.”
“Remo, capisco le
tue preoccupazioni ma personalmente non sono convinto che tra di noi ci sia un
traditore. Mi fido di ognuno dei singoli appartenenti a Minerva e forse è ora
che anche tu inizi a fare lo stesso. Sei uno di noi dopotutto.”
Remo si lasciò
scappare un gemito di impazienza e scosse la testa, “forse io mi fido poco ma
tu e Ravenna vi fidate decisamente troppo”, detto questo anche lui si avviò
verso la propria stanza.
La sua mente era un
turbinio di pensieri che, varcata la soglia, s’interruppe al momento i cui vide
Melissa Toffàn seduta a gambe incrociate sulla sua
branda.
“Sei pronto al
grande giorno?”, le chiese lei che indossava una semplice t-shirt bianca e
pantaloni mimetici, gli anfibi tolti e sistemati diligentemente ai piedi del
letto.
“Il giorno per cui
questa organizzazione è nata? No. Ho già espresso i miei dubbi ad Alessandro e
non mancherò di farlo con Ravenna, anche se so benissimo che non servirà a
nulla.”
“No, difatti ma hai
il diritto ad esprimere il tuo dissenso”, convenne lei.
“Tu non hai nessuna
esitazione? Credo davvero avremo una possibilità, anche una sola, di riuscita?”
“Credo che non
dovresti sottovalutare Ravenna. Ha fatto quello che molti avrebbero reputato
impossibile. Ha sottratto un arma sperimentale dalle mani dei servizi segreti,
praticamente sotto il loro stesso naso e poi ha ripetuto una seconda volta
l’impresa, e se non sbaglio c’eri anche tu,”
fece lei con un sorriso birichino,”
hanno provato a catturarlo sguinzagliandoli dietro tutti gli uomini del CIM
mentre noi ci siamo introdotti nelle loro basi, senza essere visti, sabotate
dall’interno, portato il Folgore all’estero per prendere uno dei migliori
progettisti di armi viventi e fatto tornare l’arma indietro senza problema
alcuno. Non ho dunque motivo di essere fiduciosa?”
“Avete fatto tutto
questo, è vero, e Ravenna è un uomo a dir poco geniale, si è rivelato un grande
stratega e pianificatore ma siete riusciti in tutto questo anche per il
vantaggio della segretezza e dell’imprevedibilità dei vostri scopi ora è
diverso, potreste non possedere più tale privilegio e se loro si aspettano il
nostro arrivo alla Fiera, ci sarà ben poco che potremo fare, Folgore o meno.”
“Ne abbiamo due
ora”, disse allegramente lei.
Remo le si fece
d’appresso, “non possiamo pensare seriamente di combattere contro tutto quanto
il mondo”, replicò lui tristemente.
Lei aprì le gambe e
lo afferrò con esse, attirandolo a sé e stringendolo in una morsa dalla quale
l’uomo, ne era consapevole, non sarebbe mai riuscito a liberarsi con facilità.
“Tu non hai
voglia?”, chiese lei in un sussurro.
“Non dirmi che
questa situazione ti eccita?”, c’era un po’ di sorpresa e preoccupazione in
quella domanda.
“Mi dovresti aver
imparato a conoscere, no? Cosa sono per te?”
“Cosa vuoi dire?”
“Non giocare a
questo gioco con me”, aveva pronunciato quelle parole come un monito che
l’altro non intendeva sottovalutare o prendere poco seriamente.
“Mi confondi e mi
spaventi. Mi hai rapito, portato qui, sei stata per un periodo uno dei miei
carcerieri…”
“Ma ora non più
perché sei rimasto con noi di tua sponte, no?”
“Ma se ci
ripensassi sappiamo entrambi che non esiteresti un secondo a piazzarmi un
proiettile nella nuca.”
“Nel tuo caso
preferirei infilarti un coltello tra le costole. Arrivati a questo punto un tuo
tradimento lo prenderei più come un fatto personale che non altro.”
“Delle volte mi
chiedo se io sappia veramente chi tu sia. Non sono sicuro di aver mai visto la
vera Melissa.”
“Difatti non l’hai
fatto. Hai solo intravisto alcuni scorci.”
“Quello che lasci
trapelare di te mi piace e mi attrae fortemente”, fatico nel dirlo mentre lei
iniziò a passare la punta della lingua muovendola in minuscoli circoli al
limitare delle sue labbra.
“Non abbastanza da
farti dire se vuoi o no stare con me.”
“Credevo fossi uno
spirito libero.”
“Sono uno spirito
libero ma l’idea di avere una relazione seria non mi spaventa. E tu?”
“Io vengo da un
matrimonio finito male.”
“Non è un buon modo
per proseguire questa conversazione, lo sai?” era indubbiamente divertita dalle
resistenze che lui, sempre più timidamente e con meno convinzione, metteva in
campo.
Morse leggermente
il suo mento passando la mano tra i suoi capelli. Lui iniziò ad ansimare,
chiuse gli occhi e finalmente si lasciò andare.
6
Alessandro
Benedetti fece il suo ingresso in quello che il Professor Elio Costante Ravenna
definiva “il suo studio”, quella che doveva essere stata una postazione per l’ascolto
di segnali radio dove la console era stata riadattata per fungere da scrivania,
con una semplice tavola di legno laccato posata sopra, adornata da una pianta
di gerani, una foto della moglie di Ravenna in una cornice d’argento, e su cui
stavano una cartellina piena di documenti ed il portatile di Ravenna.
Alessandro sorrise
nel vedere Ravenna intento nel giocare a Tetris sul portatile, “immagino che
non te lo aspettassi”, sorrise l’ingegnere fondatore di Minerva distogliendo lo
sguardo dallo schermo, gli occhiali calati sul naso per non affaticare gli
occhi.
“Me l’aspettavo
intento nella lettura di un qualche libro a dire il vero”, ammise Alessandro
accomodandosi su di una sedia in risposta ad un cenno dell’uomo che, più di
tutti, aveva considerato una guida nella sua vita.
“Ho finito tutti i
libri che sono riuscito a portarmi dietro e, lo confesso, sono un patito di
video-giochi, soprattutto quelli vecchi. Sai, mia moglie mi regalò una Console Coleco per il nostro decimo anniversario di matrimonio. La comprò negli USA alla fine di una serie di
lezioni che tenne al MIT. Era considerata, nel suo campo, una delle
ricercatrici più giovani e promettenti. Già allora i suoi studi sui dispositivi
gaussiani aveva suscitato grande interesse. Io ricordo solo che era bellissima,” disse indicando con un lieve movimento
del capo la foto,” affascinante ed
intelligente. Quando scartai il pacco mi sentivo come un bambino a Natale.
Adoravo l’elettronica e al tempo quello era considerato un dispositivo all’avanguardia
nel campo della ludica. Mi chiedevo cosa avessi fatto per meritarmi un angelo
come quello”, la sua voce era venata da una dolce malinconia e riempita da un
amore che sembrava non conoscere fine, nemmeno quella che la morte pareva
sancire.
Alessandro assentì
con il capo, “lei è stato davvero fortunato, Signore. Non tutti hanno la
fortuna di vivere una storia così.”
Ravenna sorrise, “sai
qual è l’ultimo libro che ho letto?”
“Nossignore, non ne
ho idea.”
“Il Don Chisciotte,
un’edizione tascabile economica e non quella Ibarra
che sempre il mio angelo mi regalò per i nostri 25 anni. Quella non ho potuto
portarla con me e comunque qui non sarebbe stato un posto adatto per qualcosa
di così prezioso e delicato. Comunque il tascabile che Quattrini ha gentilmente
comprato per me ha fatto il suo dovere. Sai cosa mi piaceva di quel
personaggio?”
“Mi dica Signore”,
fece con vivo interesse Alessandro.
“Il suo ostinarsi a
combattere per quella che molti avrebbero considerato una causa persa, il voler
credere che il mondo potesse essere un posto migliore ove erano gli alti ideali
di una cavalleria defunta da tempo insieme ad essi ad essere la regola e non l’eccezione.
Non importa quanto le sue imprese siano destinate inevitabilmente a fallire,
non importa il fatto che è l’epoca stessa nella quale vive a decretarne la
sconfitta. Lui si rialza sempre, incurante di tutto e tutti, dedito completamente
al suo sogno, anche se è un sogno delirante.”
“Signore, è così
che si vede? Come un Don Chisciotte?”
“Non ho questa
pretesa. Lui era un uomo buono, malato ma onesto e buono. Io non posso dire
altrettanto della mia persona”, sorrise debolmente e stancamente.
“Pensa che la sua
impresa sia destinata alla sconfitta? O che i suoi ideali siano un sogno
delirante?”
“Penso che ci
scontriamo con un mondo molto più cattivo e martoriato di quanto noi stessi non
siamo disposti ad ammettere. Penso che in comune al buon Alonso ho l’aver
dedicato questa impresa alla mia Dulcinea”, lo sguardo si posò nuovamente sulla
foto, indugiando con tenerezza su di essa.
“Io penso che lei,
con rispetto parlando, abbia avuto le palle per fare quello che andava fatto da
un bel pezzo. Ha dato uno schiaffo in faccia a quegli imbecilli anestetizzati,
troppo interessati ai giochi di politica per fare il proprio dovere ed è per
questo che ora la temono. Ha sbattuto in faccia loro la realtà, la loro
inettitudine, il loro non essere invincibili o intaccabili come credevano. La
sua Dulcinea può essere orgogliosa di lei”, sorrise lui convinto.
Ravenna lo fissò
negli occhi quasi con gratitudine per quelle parole, “tu sei uno degli uomini
più arguti che io conosca, ragazzo mio. Mi hai seguito fin qui senza far
domande ma sono certo che qualcuna tu te la sia posta.”
“Si”, ammise lui.
“Sai anche tu che
il piano così come l’ho esposto fino ad ora presenta diverse falle.”
“So che non ci sta
portando a lottare con i mulini a vento”, disse in tono deciso.
Ravenna assentì
soddisfatto, “molto bene. Sai qual è dunque
l’altra differenza tra me è Don Chisciotte?”
“Lei è lucido,
Signore. Sa bene quello che sta facendo.”
“Sai perché Remo è
con noi?”
Alessandro rimase
in silenzio per qualche istante, “confesso che non ne ho la minima idea.”
“Anche tu pensi che
l’averlo reclutato sia stata una mossa avventata?”
“Lo ha fatto con
una ragione precisa, di questo ne sono certo.”
“Non ti sbagli. Una
ragione c’è, Alessandro e non è detto che ti piacerà. Tu provi delle simpatie
per lui, vero?”
“Signorsì ma
indipendentemente da queste, Signore, eseguirò i suoi ordini. Qualsiasi essi
siano”, disse con grande serietà e determinazione.
“Ho bisogno di te,
Alessandro. Ora più che mai. Il momento si sta avvicinando, tutto quello per
cui ho lottato, per cui ho voltato le spalle alla mia carriera, alla mia
vecchia vita, alla possibilità di rivedere la casa dove ho vissuto tanti
momenti felici con mia moglie, la possibilità di rivedere i miei stessi figli
ed i miei nipoti. Quando l’ora arriverà, dovrai eseguire i miei ordini.
Qualsiasi essi siano. Mi capisci?”
“Non dubiti di me,
Signore. Sono con lei, sempre.”
Ravenna sorrise
soddisfatto. Era giunto il tempo di condividere con il suo uomo più fidato il
piano che sin dall’inizio aveva ideato. Il piano per dare al mondo una
possibilità di sopravvivere e non affondare nelle barbarie che sembravano
premere alle porte.
Continua.