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Presenta:

 

 

Da un’idea di Yuri Lucia

 

 

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Di Yuri Lucia

 

 

OPERAZIONE TEMPESTA

 

N3 pt II

 

 

S’abbatte una folgore.

 

 

3

 

06 Giugno 2015, il luogo noto come La Grotta – In qualche parte tra Umbria e Toscana

 

Remo era stanco, assonnato e, nonostante i comodi sedili di cui era dotato il Folgore, indolenzito. Chiunque lo sarebbe stato, dopo tutte le ore di volo a cui si era sottoposto con Alessandro. Il Colonnello era un uomo che sorrideva spesso e dall’aria rassicurante ed amichevole ma era un maestro inflessibile.

Aveva spinto Remo a provare un numero sempre crescente di situazioni  rischiose, portandolo nei pressi di autostrade trafficate, costringendolo a volare praticamente rasente ad un terreno irregolare, traversato da gibbosità, affossamenti e clivi tali da farlo apparire come un mare di terra ed erba increspato da una tempesta in arrivo.

“La vocazione degli elicotteri, osservò Alessandro con tono tranquillo durante uno dei loro voli, è quella delle operazioni aria-terra. Anche un prodigio come questo, che può tenere testa ad un jet, possiede questa attitudine. Il tuo figliolo è stabile come null’altro ma devi saperlo condurre per le vie più impervie, imparare a sentirlo e controllarlo”, questo gli aveva detto.

Gli piaceva passare del tempo con l’uomo, benché tecnicamente fosse un terrorista.

Nonostante tutto, le cortesie di cui era oggetto, l’apparente nobiltà d’animo delle persone che aveva conosciuto e la relazione di sesso con Melissa, Minerva rimaneva un’organizzazione sovversiva le cui finalità ancora non gli erano chiare. E lui, a dispetto di quello che gli veniva detto, era un prigioniero. Non si sarebbe mai potuto allontanare da lì. Non potevano fidarsi di lui al punto da lasciarlo volare da solo con il Folgore. La domanda lo tormentava: cosa volevano da lui?

Raggiunse Elio Costante Ravenna che era intento allo studio di certe carte sulla sua scrivania, in una stanza di quel rifugio eletto a suo ufficio e santuario.

Remo attese rispettosamente sulla soglia dove la porta era sempre aperta. “Non ho segreti con i miei”, ripeteva divertito Ravenna.

Lo sguardo di Remo cadde su un grande disegno appeso alle spalle di Ravenna. Si trattava di un vecchio progetto di un Horten Ho 299. Era rimasto incantato dalle linee dell’aereo che, nonostante gli anni, risultavano essere ancora incredibilmente futuristiche.

“Reimar e Walter erano, si dice, estremamente orgogliosi del loro pargolo”, l’intervento di Ravenna, che ora fissava sorridente e benevolo Remo aveva richiamato quest’ultimo dai suoi pensieri.

“Mi piacerebbe poter fare una chiacchierata con gli Horten e chiedergli se sia davvero così”, rispose Remo senza nascondere una punta di amarezza.

Ravenna sfilò gli occhiali da lettura e squadrò comprensivo il giovane ingegnere: “ si chiede se fossero d’accordo con l’utilizzo che intendevano fare del loro capolavoro? Certo che lo erano. Per quanto ne so io erano considerati due patrioti ed erano stati simpatizzanti da sempre dell’esercito. Göring nutriva grandi speranze su di loro ed il loro lavoro. Era convito che l’Horten fosse la chiave per la vittoria finale della Germania.”

“Non lo è stato però.”

“Non venne mai prodotto su larga scala ed i pochi esemplari che lo furono non erano sufficienti a fare la differenza.”

“Cosa le fa pensare allora che possa il Folgore?” Era da tempo che covava quella domanda e mai come in quel momento, gli era sembrato opportuno porla.

Il Professor Ravenna non apparve affatto offeso o tanto meno turbato. Il suo sorriso non si era spento anzi, pareva rinvigorito da un genuino divertimento.

“Dammi del tu, te ne prego. Te l’ho già detto. Non servono troppi formalismi tra noi, anche se capisco che la mia età, per un giovane con la tua educazione, possa rappresentare un problema. C’è differenza tra la nostra e la loro situazione, Remo. La Germania era praticamente in lotta con tutto il mondo ad un certo punto. Hitler aveva fatto male i suoi conti, aveva elargito fiducia a troppe persone e spesso, alcune di esse, si rivelarono essere quelle sbagliate. Inoltre la malattia lo debilitò e perse molte delle sue energie e della sua capacità di seguire adeguatamente l’andamento della Guerra. Inanellò un errore dopo l’altro, convinto che le prime vittorie fossero il testimone dell’invincibilità della sua Germania. Nessuna nazione è invincibile, nemmeno quella ai vertici della potenza militare e tecnologica. Noi però, non siamo in guerra con tutti. No. Noi operiamo dall’interno, Remo. Non scendiamo in campo aperto perché anche un portento come Folgore Celeste non può affrontare l’intera forza di una nazione da solo. Ecco qual è la reale forza del tuo capolavoro. Colpisce all’improvviso, senza preavviso alcuno, con tutta la furia celeste di una folgore e dopo, rimangono solo tizzoni ardenti e cenere.”

“Un’immagine suggestiva che però non mi rallegra.”

“Solo perché sei un uomo estremamente buono e immaginavi il Rapace intento in operazioni di soccorso. Lo hai concepito perché potesse fare, al momento opportuno, la differenza tra la vita e la morte di persone innocenti in pericolo ma, vedi, devi solo ampliare la tua visuale e allora capirai quello che ho capito anch’io. La tua creatura può ancora fare questa differenza.”

“Mi ha chiesto di venire qui, Professore. Sono tutto suo.” Remo non era intenzionato, almeno in quel momento, ad approfondire quello che gli era stato detto. Nonostante tutto, dentro di sé covavano diversi dubbi e rimanere immune al carisma di Ravenna gli risultava sempre più difficile. Non c’era da sorprendersi che quell’uomo riuscisse a suscitare sentimenti di lealtà e ammirazione in chi gli stava intorno.

“Prima di tutto volevo complimentarmi per i progressi che hai fatto come pilota. Alessandro dice che sei un talento naturale e che era solo questione di pratica affinché potessi far emergere la tua abilità”.

“Alessandro è troppo buono con me.”

“No, non lo è. Non ti avrei affidato alle sue cure se lo fosse stato. Alessandro sa essere inflessibile quando serve. È stato lui a confermarmi, ad esempio, che il Tenente Scarano era l’uomo giusto da nominare ‘artigliere’ di bordo.”

“Il Tenente Scarano effettivamente è un uomo inquietante, convenne Remo solo per lanciare un’occhiata furtiva alle sue spalle, a sincerarsi che il silenzioso artigliere dagli occhi di rapace non si trovasse a passare di lì in quel momento, e mi sono sempre chiesto come mai lo avesse reclutato per la sua iniziativa.”

“Se lo chiede perché di tutti sembra essere l’unico a non provare interesse per i miei ideali?”

“Credo non provi interesse per null’altro che non siano le armi” confermò Remo.

“Ed il Folgore è un’arma meravigliosa, stupenda, incredibilmente aggraziata ed efficiente. La sua fedeltà mi è garantita da questo. Preferirebbe staccarsi da solo un braccio piuttosto che perdere l’opportunità di sedersi lì, alla postazione di fuoco del Folgore.

E tu? Dimmi Remo, tu perché sei qui?”

“Perché non ho avuto molta scelta”, ammise sinceramente.

“Oh perché sotto, sotto cominci a dubitare anche tu?”

Remo era genuinamente sorpreso e inquietato da quella rivelazione. Era come se l’uomo di fronte a lui fosse riuscito ad indovinare l’intima natura dei suoi pensieri.

“Voglio vedere l’esatta natura del suo piano”, si limitò a dire. Una mezza verità ma non se la sentiva di cedere mostrando la propria debolezza.

“La vedrai. Remo, conosci la leggenda delle folgori di Zeus?”

“Si, come le ho… come ti ho già detto mastico di mitologia. Mi piacevano molto quelle storie da studente. Bronte, Sterope ed Arge, i tre ciclopi che si allearono con Zeus per vendicarsi dei torti subiti dai titani. Erano fabbri di straordinaria abilità e furono loro gli inventori delle folgori di Zeus.”

“Non credi di essere un po’ come loro?”

“Un mostro con un occhio solo?”

Ravenna rise di gusto, “no, intendevo un talento prodigioso.”

“Credo di essere un buon ingegnere”

“Credo tu sia il migliore. Domani partiremo per una missione.”

“Una missione?” Era nuovamente sorpreso. Nessun preavviso, nessuna notizia trapelata dagli altri. Era certo che tutti sapessero, visto erano usi pianificare attentamente le proprie mosse.

Dunque ne avevano discusso quando lui dormiva o non era in circolazione. Era evidente che confidassero ancora poco in lui.

“Posso conoscerne la natura?” Non era né piccato, né astioso per quei misteri. Tutto sommato non sbagliavano nel diffidarlo anche se non lo avrebbe mai ammesso, per la sua incolumità, apertamente.

“Certo. Voglio mostrarti una cosa, una cosa che ti ho taciuto sino ad ora ma che credo troverai davvero interessante.”

Da una cartellina verde bottiglia estrasse dei fogli che gli passò. Tra essi c’erano delle foto.

Remo era assorto. Pareva soppesare tutte le parole che stavano lì scritte e sincerarsi che le foto gli stessero dicendo il vero.

Ravenna sorrise soddisfatto nel vedere il volto del ragazzo increspato da un moto di stizzito risentimento.

“Non preoccuparti, sono intenzionato a far in modo che tu possa avere soddisfazione.”  Lo rassicurò lo scienziato.

“Dove sono?” Chiese Remo.

“Al sicuro, o così credono” replicò Ravenna sempre più soddisfatto.

 

4

 

01 Luglio, su di una piccola strada statale – Trentino Alto Adige

 

Il trasferimento era stato organizzato in pieno giorno, in quanto Stabile reputava improbabile che Ravenna avrebbe autorizzato un attacco in pieno giorno.

Erano state evitate le strade principali per due motivi: in caso Stabile si fosse sbagliato non voleva il coinvolgimento di civili e inoltre voleva mantenere un profilo basso ed evitare che qualcuno facesse troppe domande su quel convoglio militare; 6 camion in fila, presi in prestito dall’Arma dei Trasporti e Materiali, a chiudere ed aprire la fila  due Iveco Puma 6x6 equipaggiate con mitragliatrici Browning da 12,7 mm, una coppia di Mangusta che a debita distanza osservava la scena e un Tornado in volo e pronto ad intervenire.

Gli erano stati affidati un totale di 36 uomini ben addestrati, esclusi i piloti dei veicoli in marcia, più di quanti la squadra da sbarco di Ravenna, per quanto composta da abili veterani, potesse sperare di affrontare.

Samuele Mazzati si trovava su un Lince che seguiva ad una certa distanza il convoglio e Stabile si trovava su un altro lince che seguiva quello di Mazzati.

Samuele osservava dal finestrino il paesaggio cambiare sotto i suoi occhi.

Le montagne si sollevavano imponenti all’orizzonte e presto la dolce valle dove ora stava passando il convoglio si sarebbe esaurita e avrebbero iniziato a risalire i pendii del monte.

“Base Tuono” gli sembrava un nome adatto per quello che stavano trasportando.

Cinque anni fa fu annunciato sarebbe stata trasformata in un museo ma i fondi che L’EU vi aveva destinato vennero all’ultimo dirottati altrove, con grande scorno di Bruxeles e della base nata a negli anni ’70 nessuno seppe più cosa fare.

Se non fosse stato per i 1500 e più metri d’altezza su cui era stata costruita, sarebbe sicuramente divenuta preda di writers e ravers ma il Monte Toraro si era rivelato più efficace di qualsiasi muro o sentinella nel garantirne l’inviolabilità.

Erano più o meno all’altezza del Passo Coe e tra poco avrebbero intrapreso il sentiero che li avrebbe portati alla base Tuono.

“Il momento in cui saremo più deboli”, aveva detto con preoccupazione Samuele durante la riunione con Stabile e gli altri ufficiali.

Folgore nasceva per operare in quel tipo di ambienti, aspri ed estremi per qualsiasi altro mezzo armato, in condizioni metereologiche variabili ed incerte.

Per questo era stato scelto di muoversi con previsioni meteo favorevoli: non aveva senso regalare al nemico un vantaggio; certo, il tempo in montagna era proverbialmente imprevedibile e più che previsioni si poteva considerarle indicazioni di massima. Questo si diceva Samuele.

Il viaggio proseguì senza alcun intoppo e la colonna, sempre seguita a debita distanza dai lince, iniziò ad inerpicarsi sul fianco della montagna.

La Base Tuono, secondo Stabile, era un buon luogo dove nasconde il prezioso carico.

Non era più nella lista delle basi attive ed era stata fornita di un cavou estremamente sicuro che, fornito della necessaria vigilanza, sarebbe stato imprendibile per chiunque.

Ci fu una trasmissione radio, il segnale che le danze si aprivano.

Il satellite spia rivelava un ostacolo sulla strada.

“Eccoli!” si lasciò scappare Samuele. Stabile l’aveva previsto. Tuono doveva sembrare una scelta credibile agli occhi di Ravenna che così avrebbe abboccato all’amo senza avere sentore di trappola.

Due vecchie camionette militari stavano di traverso lungo il sentiero, arse dalle fiamme che consumavano il carburante di cui erano state cosparse.

Il Folgore, bello e terrificante come un’apparizione divina, fece la sua comparsa da dietro la cortina di fumo che si sollevava da esse.

 

“Deve essere pazzo …” Samuele non si era aspettato che Ravenna potesse ideare un attacco tanto diretto. Speravano che fosse tentato dall’occasione di prendere quel carico anche in pieno giorno ma quello che vedeva rasentava l’incoscienza. Il Folgore aveva una delle sue armi più potente proprio nella bassa visibilità ed in pieno giorno questo vantaggio veniva annullato.

Eppure qualcosa in quello spettacolo lo ipnotizzava.

L’ardire dell’impresa, la bellezza di quell’arma volante che sembrava capace di tutto.

Una pioggia di colpi emessi dal cannone coil-gun dell’elicottero investì la parte posteriore del Puma che guidava la colonna. Il motore venne immediatamente distrutto dai proiettili ad alta velocità costringendo il veicolo ad arrestare la sua corsa ed in conseguenza quella delle camionette alle sue spalle.

I due mangusta furono subito addosso al Folgore, cercando di prenderlo sui due lati.

I piloti erano esperti veterani e avevano a disposizione elicotteri formidabili per contrastare il letale prototipo.

Quando gli elicotteri lo bersagliarono con i loro Stinger il Folgore non si scompose.

I suoi sistemi antimissile agirono automaticamente e dai pod di cui era dotato furono sparati rapidamente alcuni M-300 di Mattia Sermoneta che intercettarono i missili facendoli esplodere a mezz’aria.

Lo spostamento d’aria fece dondolare a malapena il Folgore che si trovava a 1000 metri d’altezza.

I piloti dei Mangusta decisero di approfittarne tempestandolo con una pioggia di proiettili dai loro gatling vulcan a tre canne rotanti da 20mm.

Il Folgore guadagnò quota con rapidità sconcertante ma quelli non demorsero lanciandosene all’inseguimento. Folgore, se sottoposto da vicino al fuoco dei Mangusta, nonostante l’Egida protettiva avrebbe riportato comunque dei danni e dunque tentò di sfuggire agli inseguitori.

A terra ci furono delle esplosioni.

“Colpi di mortaio!?” Samuele balzò fuori dal veicolo, pistola in pugno, contro ogni ordine ricevuto, seguendo gli uomini che erano con lui sul lince.

Una raffica di colpi li spinse a fermarsi. C’era un cecchino nella squadra da sbarco del Folgore. Dove poteva essersi nascosto in quel luogo che offriva ben pochi ripari pareva essere un mistero.

Vide del fumo sollevarsi dal Puma che guardava le spalle alla colonna. Qualcuno si era avvicinato tanto da gettarvi dentro una granata fumogena.

“MALEDIZIONE!” Folgore aveva attaccato ad una quota più bassa di quella che avevano creduto ed i suoi uomini erano più pazzi di quanto non credessero.

I soldati che avrebbero dovuto difendere il carico non erano riusciti nemmeno a venir fuori dai veicoli tanto era stata rapida l’azione.

Intanto il Folgore tentava di sfuggire ai Mangusta. I due piloti facevano in modo di tenersi fuori dalla sua linea di tiro ma di tenerlo nella loro.

Il Folgore cambiò l’assetto dei rotori, guadagnando in velocità sugli elicotteri in modo da impedirgli di metterlo in un letale cappio che gli si sarebbe stretto intorno.

Il Tornado attaccò a sorpresa, o così credette ma il pilota dell’aereo rimase stupito quando il Folgore si comportò come s’aspettasse la sua presenza. Prima si appiattì quasi contro una strada salvo poi riprendere veloce quota e virare verso una serie di cime scure intorno a cui s’andavano già ammassando densi cumuli.

Il pilota imprecò tra i denti. Lì la sua rapidità non avrebbe avuto più senso e sarebbe stata la manovrabilità del rivale a decretare il destino di quel duello.

“Non sia mai detto che un jet venga sconfitto da un cazzo di elicottero!” ringhiò il pilota mentre i colleghi dei Mangusta, ormai distanziati, tentavano comunque di riguadagnare terreno.

Il jet sparò un missile diretto al Folgore e quasi parve che questi dovesse centrarlo tramite poi evitarlo con un’impossibile manovra all’ultimo secondo.

“MA CHE RAZZA DI MOSTRO SEI?!” Il pilota deciso a vincere quello scontro spinse il Tornado per divorare la distanza che li separava in modo da privare il rivale della sicurezza dei monti che voleva guadagnare.

Fu il suo errore più grande.

Il Folgore eseguì un giro della morte ritrovandosi a volare proprio in direzione dell’inseguitore.

“DIO ONNIPOTENTE …” gridò incredulo il pilota un istante prima che il cannone del Folgore aprisse fuoco riempiendo di fori il caccia.

Il sedile eiettabile lo salvò da una fine certa e tonnellate di metallo ridotte in rottami volanti si schiantarono impietosamente a terra.

Il Folgore si gettò come un falco sui Mangusta rimasti, deciso ad eliminarli come aveva fatto con il precedente avversario.

“Ritirarsi. Missione compiuta”, questa voce giunse alle orecchie del pilota del Folgore e lui, prontamente, eseguì.

 

Mazzati tossiva pesantemente. Cercò di ricordare cosa fosse accaduto ma tutto sembrava confuso. Le immagini scivolavano l’una nell’altra senza quasi soluzione di continuità e vide solo le camionette uscire dalla fila ed invertire la marcia.

Esplose alcuni colpi dalla sua pistola, salvo poi cadere in terra svenuto.

Gas. L’aria era stata riempita di un qualche gas narcotizzante. Il vento lo disperse rapidamente ma non abbastanza da impedire al gas di sortire i suoi effetti sulle vittime.

Samuele Mazzati si sentì colmo di rabbia e frustrazione. Colpì con un pugno l’asfalto e rimase lì a guardare le sue nocche sanguinanti.

 

5

 

01 Luglio 2015 -Nei pressi della Base Tuono

 

Stabile osservò tutto con occhi attenti.

Imprecò quando vide Mazzati uscire fuori dal Lince con gli altri soldati.

“Stupido ragazzino!” avrebbe voluto urlargli dietro ma rimase impassibile mentre guardava lo svolgersi degli eventi.

Gli uomini di Minerva erano stati abili e veloci.

Fumogeni, lacrimogeni e gas anestetizzanti. I gas erano fuoriusciti da mine sistemati lungo la via che, visti i controlli, avrebbe dovuto essere libera. Erano stati veloci, sistemandole poco prima che il convoglio passasse. Il cecchino aveva, da solo, tenuto in scacco più di 30 uomini dalla postazione di tiro in cui si trovava e che risultava invisibile ai loro occhi mentre i due incursori, insieme ad almeno altri quattro uomini, avevano preso il controllo delle camionette, neutralizzando i piloti e portandole via lontano. Questo dopo che il folgore aveva eliminato uno dei Puma e portato lontano i Mangusta.

Stava a braccia conserte, Germano Stabile, chiedendosi quanto lavoro avesse richiesto quell’impresa a Elio Costante Ravenna.

Uscì dal mezzo su cui si trovava scortato dai suoi uomini che gli raccomandarono massima prudenza.

“Non serve, li liquidò quasi con noncuranza, hanno preso quello che volevano. Sono stati disposti i posti di blocco?”

“SIGNORSÌ SIGNORE!” Gli arrivò in risposta da un subalterno anche se Stabile sapeva bene che non sarebbe servito a nulla. Ravenna non si sarebbe fatto di certo intrappolare tanto facilmente.

Era certo che nulla fosse stato lasciato al caso.

Un soldato stavo aiutando Samuele Mazzati a riprendersi. Il giovane Capitano tossì pesantemente e subito annaspò quasi stesse annegando. Stabile gli fu accanto, piegandosi sui talloni in modo da mettersi alla sua altezza. “Respira. Calmati e respira profondamente” gli disse con pazienza e dolcezza che se Samuele fosse stato abbastanza lucido da comprendere avrebbe trovato disarmante.

“Ci sono riusciti?”

“Ci sono riusciti.”

“Il caccia?”

“Non è servito a nulla. Sono stati molto più temerari del previsto.”

“Già …” Samuele si sentiva mortificato.

“Avevo ragione, disse in un rapido sussurro Stabile, c’è una spia tra di noi”, dette una pacca consolatoria a Mazzati e si allontanò, braccia dietro la schiena, andatura marziale.

Samuele si stropicciò gli occhi che ancora lacrimavano.

Una spia” pensò tra l’afflitto e il furente. Qualcuno si stava facendo beffe di loro dall’interno. Era l’unica spiegazione all’azione di Ravenna. La sua squadra si era mossa con troppa sicurezza. Conoscevano i particolari di tutta l’operazione, ne era certo.

Serrò con forza i pugni che ancora sanguinavano.

 

6

 

01 Luglio – Non distante dalla Base Tuono

 

“Questo vecchio rifugio anti atomico non è più segnato sulle mappe da tempo, disse in tono didattico Ravenna, sistematosi su di una vecchia sedia di metallo, una grande mappa dell’Italia alle spalle, le gambe accavallate, un bastone da passeggio davanti a sé sul cui pomello, a forma di testa di gorgone, teneva entrambe le mani guantate, il rifugio era pensato per i pezzi grossi dello Stato Maggiore ed era fornito di tutto quello che ci serve, compreso un piccolo ma attrezzato eliporto. La visibilità offerta dal rifugio dall’esterno è pari allo zero per cui non ci troveranno mai, a meno di non sapere esattamente dove cercare. Assembleremo qui le componenti e poi procederemo all’istallazione di Egida, Crocea Mors e dei pad M-300 che ci ha gentilmente offerto il fu Etimesku e che il nostro buon Mattia Sermoneta installerà per noi, vero?” Mattia fece un vigoroso cenno del capo, ancora divorato dalla paura.

Ci fu un lungo applauso da parte di tutti i presenti.

“Ce la siamo cavata bene, eh Professore?” Fece scherzoso il Sergente Colussi.

“Per essere delle spie come effettivi non siamo niente male”, gli fece eco Melissa Toffan.

“Siete stati superbi, si complimentò con loro Ravenna, anche il nostro Colonnello Benedetti è stato all’altezza della sua prima missione tra la truppa di terra, per tutta risposta Alessandro Benedetti eseguì un teatrale inchino che strappò un sorriso a tutti, ma signori e signora, permettetemi di dire che il merito va anche in gran parte al protegé di Alessandro che si è dimostrato un eccezionale allievo ed un talentuoso pilota, il nostro più recente acquisto che oggi ha dimostrato la sua fedeltà alla causa, oltre che alle sue innegabili abilità, Remo Rizzato!”

Ci fu un’ovazione per Remo, ovazione che non comprese il massiccio Sergente Sergio Parisi che però non poté esimersi dal prodursi in un riluttante applauso.

“Grazie”, commentò semplicemente Remo.

Ravenna gli rivolse un eloquente sorriso carico di soddisfazione.

 

“Quando sarà pronto?” Chiese Ravenna a Rizzato.

“Con le attrezzature a disposizione il montaggio dell’Egida richiederà tempo.”

“Ormai siamo quasi giunti alla fine del viaggio. Il tempo è un elemento essenziale. Oggi hai dato prova della tua lealtà alla causa. Sai che da questo momento per te non ci sarà ritorno?”

“Dopo quello che hanno fatto?! Non mi sognerei per tutto l’oro del mondo di tornare indietro!”

I due volsero lo sguardo allo 02, il secondo Folgore Celeste caduto nelle mani di Ravenna e di Minerva.