Presenta:
Da
un’idea di Yuri Lucia
Di
Yuri Lucia
OPERAZIONE
TEMPESTA
N3
pt II
S’abbatte
una folgore.
3
06
Giugno 2015, il luogo noto come La Grotta – In qualche parte tra Umbria e
Toscana
Remo era stanco, assonnato e, nonostante i comodi
sedili di cui era dotato il Folgore, indolenzito. Chiunque lo sarebbe stato,
dopo tutte le ore di volo a cui si era sottoposto con Alessandro. Il Colonnello
era un uomo che sorrideva spesso e dall’aria rassicurante ed amichevole ma era
un maestro inflessibile.
Aveva spinto Remo a provare un numero sempre
crescente di situazioni “rischiose”, portandolo nei pressi di autostrade trafficate, costringendolo a
volare praticamente rasente ad un terreno irregolare, traversato da gibbosità,
affossamenti e clivi tali da farlo apparire come un mare di terra ed erba
increspato da una tempesta in arrivo.
“La vocazione degli elicotteri,” osservò Alessandro con tono tranquillo durante uno dei loro voli,” è quella delle operazioni aria-terra.
Anche un prodigio come questo, che può tenere testa ad un jet, possiede questa
attitudine. Il tuo figliolo è stabile come null’altro ma devi saperlo condurre
per le vie più impervie, imparare a sentirlo e controllarlo”, questo gli aveva
detto.
Gli piaceva passare del tempo con l’uomo, benché
tecnicamente fosse un terrorista.
Nonostante tutto, le cortesie di cui era oggetto,
l’apparente nobiltà d’animo delle persone che aveva conosciuto e la relazione
di sesso con Melissa, Minerva rimaneva un’organizzazione sovversiva le cui
finalità ancora non gli erano chiare. E lui, a dispetto di quello che gli
veniva detto, era un prigioniero. Non si sarebbe mai potuto allontanare da lì.
Non potevano fidarsi di lui al punto da lasciarlo volare da solo con il
Folgore. La domanda lo tormentava: cosa volevano da lui?
Raggiunse Elio Costante Ravenna che era intento allo
studio di certe carte sulla sua scrivania, in una stanza di quel rifugio eletto
a suo ufficio e santuario.
Remo attese rispettosamente sulla soglia dove la
porta era sempre aperta. “Non ho segreti con i miei”, ripeteva divertito
Ravenna.
Lo sguardo di Remo cadde su un grande disegno appeso
alle spalle di Ravenna. Si trattava di un vecchio progetto di un Horten Ho 299.
Era rimasto incantato dalle linee dell’aereo che, nonostante gli anni,
risultavano essere ancora incredibilmente futuristiche.
“Reimar e Walter erano, si dice, estremamente
orgogliosi del loro pargolo”, l’intervento di Ravenna, che ora fissava
sorridente e benevolo Remo aveva richiamato quest’ultimo dai suoi pensieri.
“Mi piacerebbe poter fare una chiacchierata con gli
Horten e chiedergli se sia davvero così”, rispose Remo senza nascondere una
punta di amarezza.
Ravenna sfilò gli occhiali da lettura e squadrò
comprensivo il giovane ingegnere: “ si chiede se fossero d’accordo con
l’utilizzo che intendevano fare del loro capolavoro? Certo che lo erano. Per
quanto ne so io erano considerati due patrioti ed erano stati simpatizzanti da
sempre dell’esercito. Göring nutriva grandi speranze su di loro ed il loro
lavoro. Era convito che l’Horten fosse la chiave per la vittoria finale della
Germania.”
“Non lo è stato però.”
“Non venne mai prodotto su larga scala ed i pochi
esemplari che lo furono non erano sufficienti a fare la differenza.”
“Cosa le fa pensare allora che possa il Folgore?”
Era da tempo che covava quella domanda e mai come in quel momento, gli era
sembrato opportuno porla.
Il Professor Ravenna non apparve affatto offeso o
tanto meno turbato. Il suo sorriso non si era spento anzi, pareva rinvigorito
da un genuino divertimento.
“Dammi del tu, te ne prego. Te l’ho già detto. Non
servono troppi formalismi tra noi, anche se capisco che la mia età, per un
giovane con la tua educazione, possa rappresentare un problema. C’è differenza
tra la nostra e la loro situazione, Remo. La Germania era praticamente in lotta
con tutto il mondo ad un certo punto. Hitler aveva fatto male i suoi conti,
aveva elargito fiducia a troppe persone e spesso, alcune di esse, si rivelarono
essere quelle sbagliate. Inoltre la malattia lo debilitò e perse molte delle
sue energie e della sua capacità di seguire adeguatamente l’andamento della
Guerra. Inanellò un errore dopo l’altro, convinto che le prime vittorie fossero
il testimone dell’invincibilità della sua Germania. Nessuna nazione è
invincibile, nemmeno quella ai vertici della potenza militare e tecnologica.
Noi però, non siamo in guerra con tutti. No. Noi operiamo dall’interno, Remo.
Non scendiamo in campo aperto perché anche un portento come Folgore Celeste non
può affrontare l’intera forza di una nazione da solo. Ecco qual è la reale
forza del tuo capolavoro. Colpisce all’improvviso, senza preavviso alcuno, con
tutta la furia celeste di una folgore e dopo, rimangono solo tizzoni ardenti e
cenere.”
“Un’immagine suggestiva che però non mi rallegra.”
“Solo perché sei un uomo estremamente buono e
immaginavi il Rapace intento in operazioni di soccorso. Lo hai concepito perché
potesse fare, al momento opportuno, la differenza tra la vita e la morte di
persone innocenti in pericolo ma, vedi, devi solo ampliare la tua visuale e
allora capirai quello che ho capito anch’io. La tua creatura può ancora fare
questa differenza.”
“Mi ha chiesto di venire qui, Professore. Sono tutto
suo.” Remo non era intenzionato, almeno in quel momento, ad approfondire quello
che gli era stato detto. Nonostante tutto, dentro di sé covavano diversi dubbi
e rimanere immune al carisma di Ravenna gli risultava sempre più difficile. Non
c’era da sorprendersi che quell’uomo riuscisse a suscitare sentimenti di lealtà
e ammirazione in chi gli stava intorno.
“Prima di tutto volevo complimentarmi per i
progressi che hai fatto come pilota. Alessandro dice che sei un talento
naturale e che era solo questione di pratica affinché potessi far emergere la
tua abilità”.
“Alessandro è troppo buono con me.”
“No, non lo è. Non ti avrei affidato alle sue cure
se lo fosse stato. Alessandro sa essere inflessibile quando serve. È stato lui
a confermarmi, ad esempio, che il Tenente Scarano era l’uomo giusto da nominare
‘artigliere’ di bordo.”
“Il Tenente Scarano effettivamente è un uomo
inquietante, “ convenne Remo solo per
lanciare un’occhiata furtiva alle sue spalle, a sincerarsi che il silenzioso
artigliere dagli occhi di rapace non si trovasse a passare di lì in quel
momento,” e mi sono sempre chiesto come
mai lo avesse reclutato per la sua iniziativa.”
“Se lo chiede perché di tutti sembra essere l’unico
a non provare interesse per i miei ideali?”
“Credo non provi interesse per null’altro che non
siano le armi” confermò Remo.
“Ed il Folgore è un’arma meravigliosa, stupenda,
incredibilmente aggraziata ed efficiente. La sua fedeltà mi è garantita da
questo. Preferirebbe staccarsi da solo un braccio piuttosto che perdere
l’opportunità di sedersi lì, alla postazione di fuoco del Folgore.
E tu? Dimmi Remo, tu perché sei qui?”
“Perché non ho avuto molta scelta”, ammise
sinceramente.
“Oh perché sotto, sotto cominci a dubitare anche
tu?”
Remo era genuinamente sorpreso e inquietato da
quella rivelazione. Era come se l’uomo di fronte a lui fosse riuscito ad indovinare
l’intima natura dei suoi pensieri.
“Voglio vedere l’esatta natura del suo piano”, si
limitò a dire. Una mezza verità ma non se la sentiva di cedere mostrando la
propria debolezza.
“La vedrai. Remo, conosci la leggenda delle folgori
di Zeus?”
“Si, come le ho… come ti ho già detto mastico di
mitologia. Mi piacevano molto quelle storie da studente. Bronte, Sterope ed
Arge, i tre ciclopi che si allearono con Zeus per vendicarsi dei torti subiti
dai titani. Erano fabbri di straordinaria abilità e furono loro gli inventori
delle folgori di Zeus.”
“Non credi di essere un po’ come loro?”
“Un mostro con un occhio solo?”
Ravenna rise di gusto, “no, intendevo un talento
prodigioso.”
“Credo di essere un buon ingegnere”
“Credo tu sia il migliore. Domani partiremo per una
missione.”
“Una missione?” Era nuovamente sorpreso. Nessun
preavviso, nessuna notizia trapelata dagli altri. Era certo che tutti
sapessero, visto erano usi pianificare attentamente le proprie mosse.
Dunque ne avevano discusso quando lui dormiva o non
era in circolazione. Era evidente che confidassero ancora poco in lui.
“Posso conoscerne la natura?” Non era né piccato, né
astioso per quei misteri. Tutto sommato non sbagliavano nel diffidarlo anche se
non lo avrebbe mai ammesso, per la sua incolumità, apertamente.
“Certo. Voglio mostrarti una cosa, una cosa che ti
ho taciuto sino ad ora ma che credo troverai davvero interessante.”
Da una cartellina verde bottiglia estrasse dei fogli
che gli passò. Tra essi c’erano delle foto.
Remo era assorto. Pareva soppesare tutte le parole
che stavano lì scritte e sincerarsi che le foto gli stessero dicendo il vero.
Ravenna sorrise soddisfatto nel vedere il volto del
ragazzo increspato da un moto di stizzito risentimento.
“Non preoccuparti, sono intenzionato a far in modo
che tu possa avere soddisfazione.” Lo
rassicurò lo scienziato.
“Dove sono?” Chiese Remo.
“Al sicuro, o così credono” replicò Ravenna sempre
più soddisfatto.
4
01
Luglio, su di una piccola strada statale – Trentino Alto Adige
Il trasferimento era stato organizzato in pieno
giorno, in quanto Stabile reputava improbabile che Ravenna avrebbe autorizzato
un attacco in pieno giorno.
Erano state evitate le strade principali per due
motivi: in caso Stabile si fosse sbagliato non voleva il coinvolgimento di
civili e inoltre voleva mantenere un profilo basso ed evitare che qualcuno
facesse troppe domande su quel convoglio militare; 6 camion in fila, presi in
prestito dall’Arma dei Trasporti e Materiali, a chiudere ed aprire la fila due Iveco Puma 6x6 equipaggiate con
mitragliatrici Browning da 12,7 mm, una coppia di Mangusta che a debita
distanza osservava la scena e un Tornado in volo e pronto ad intervenire.
Gli erano stati affidati un totale di 36 uomini ben
addestrati, esclusi i piloti dei veicoli in marcia, più di quanti la squadra da
sbarco di Ravenna, per quanto composta da abili veterani, potesse sperare di
affrontare.
Samuele Mazzati si trovava su un Lince che seguiva
ad una certa distanza il convoglio e Stabile si trovava su un altro lince che
seguiva quello di Mazzati.
Samuele osservava dal finestrino il paesaggio
cambiare sotto i suoi occhi.
Le montagne si sollevavano imponenti all’orizzonte e
presto la dolce valle dove ora stava passando il convoglio si sarebbe esaurita
e avrebbero iniziato a risalire i pendii del monte.
“Base Tuono” gli sembrava un nome adatto per quello
che stavano trasportando.
Cinque anni fa fu annunciato sarebbe stata
trasformata in un museo ma i fondi che L’EU vi aveva destinato vennero
all’ultimo dirottati altrove, con grande scorno di Bruxeles e della base nata a
negli anni ’70 nessuno seppe più cosa fare.
Se non fosse stato per i 1500 e più metri d’altezza su
cui era stata costruita, sarebbe sicuramente divenuta preda di writers e ravers
ma il Monte Toraro si era rivelato più efficace di qualsiasi muro o sentinella
nel garantirne l’inviolabilità.
Erano più o meno all’altezza del Passo Coe e tra
poco avrebbero intrapreso il sentiero che li avrebbe portati alla base Tuono.
“Il momento in cui saremo più deboli”, aveva detto
con preoccupazione Samuele durante la riunione con Stabile e gli altri
ufficiali.
Folgore nasceva per operare in quel tipo di
ambienti, aspri ed estremi per qualsiasi altro mezzo armato, in condizioni
metereologiche variabili ed incerte.
Per questo era stato scelto di muoversi con
previsioni meteo favorevoli: non aveva senso regalare al nemico un vantaggio;
certo, il tempo in montagna era proverbialmente imprevedibile e più che
previsioni si poteva considerarle indicazioni di massima. Questo si diceva
Samuele.
Il viaggio proseguì senza alcun intoppo e la
colonna, sempre seguita a debita distanza dai lince, iniziò ad inerpicarsi sul
fianco della montagna.
La Base Tuono, secondo Stabile, era un buon luogo
dove nasconde il prezioso carico.
Non era più nella lista delle basi attive ed era
stata fornita di un cavou estremamente sicuro che, fornito della necessaria
vigilanza, sarebbe stato imprendibile per chiunque.
Ci fu una trasmissione radio, il segnale che le
danze si aprivano.
Il satellite spia rivelava un ostacolo sulla strada.
“Eccoli!” si lasciò scappare Samuele. Stabile
l’aveva previsto. Tuono doveva sembrare una scelta credibile agli occhi di
Ravenna che così avrebbe abboccato all’amo senza avere sentore di trappola.
Due vecchie camionette militari stavano di traverso
lungo il sentiero, arse dalle fiamme che consumavano il carburante di cui erano
state cosparse.
Il Folgore, bello e terrificante come un’apparizione
divina, fece la sua comparsa da dietro la cortina di fumo che si sollevava da
esse.
“Deve essere pazzo …” Samuele non si era aspettato
che Ravenna potesse ideare un attacco tanto diretto. Speravano che fosse
tentato dall’occasione di prendere quel carico anche in pieno giorno ma quello
che vedeva rasentava l’incoscienza. Il Folgore aveva una delle sue armi più
potente proprio nella bassa visibilità ed in pieno giorno questo vantaggio
veniva annullato.
Eppure qualcosa in quello spettacolo lo ipnotizzava.
L’ardire dell’impresa, la bellezza di quell’arma
volante che sembrava capace di tutto.
Una pioggia di colpi emessi dal cannone coil-gun
dell’elicottero investì la parte posteriore del Puma che guidava la colonna. Il
motore venne immediatamente distrutto dai proiettili ad alta velocità
costringendo il veicolo ad arrestare la sua corsa ed in conseguenza quella
delle camionette alle sue spalle.
I due mangusta furono subito addosso al Folgore,
cercando di prenderlo sui due lati.
I piloti erano esperti veterani e avevano a
disposizione elicotteri formidabili per contrastare il letale prototipo.
Quando gli elicotteri lo bersagliarono con i loro
Stinger il Folgore non si scompose.
I suoi sistemi antimissile agirono automaticamente e
dai pod di cui era dotato furono sparati rapidamente alcuni M-300 di Mattia
Sermoneta che intercettarono i missili facendoli esplodere a mezz’aria.
Lo spostamento d’aria fece dondolare a malapena il
Folgore che si trovava a 1000 metri d’altezza.
I piloti dei Mangusta decisero di approfittarne
tempestandolo con una pioggia di proiettili dai loro gatling vulcan a tre canne
rotanti da 20mm.
Il Folgore guadagnò quota con rapidità sconcertante
ma quelli non demorsero lanciandosene all’inseguimento. Folgore, se sottoposto
da vicino al fuoco dei Mangusta, nonostante l’Egida protettiva avrebbe
riportato comunque dei danni e dunque tentò di sfuggire agli inseguitori.
A terra ci furono delle esplosioni.
“Colpi di mortaio!?” Samuele balzò fuori dal
veicolo, pistola in pugno, contro ogni ordine ricevuto, seguendo gli uomini che
erano con lui sul lince.
Una raffica di colpi li spinse a fermarsi. C’era un
cecchino nella squadra da sbarco del Folgore. Dove poteva essersi nascosto in
quel luogo che offriva ben pochi ripari pareva essere un mistero.
Vide del fumo sollevarsi dal Puma che guardava le
spalle alla colonna. Qualcuno si era avvicinato tanto da gettarvi dentro una
granata fumogena.
“MALEDIZIONE!” Folgore aveva attaccato ad una quota
più bassa di quella che avevano creduto ed i suoi uomini erano più pazzi di
quanto non credessero.
I soldati che avrebbero dovuto difendere il carico
non erano riusciti nemmeno a venir fuori dai veicoli tanto era stata rapida
l’azione.
Intanto il Folgore tentava di sfuggire ai Mangusta.
I due piloti facevano in modo di tenersi fuori dalla sua linea di tiro ma di
tenerlo nella loro.
Il Folgore cambiò l’assetto dei rotori, guadagnando
in velocità sugli elicotteri in modo da impedirgli di metterlo in un letale
cappio che gli si sarebbe stretto intorno.
Il Tornado attaccò a sorpresa, o così credette ma il
pilota dell’aereo rimase stupito quando il Folgore si comportò come
s’aspettasse la sua presenza. Prima si appiattì quasi contro una strada salvo
poi riprendere veloce quota e virare verso una serie di cime scure intorno a
cui s’andavano già ammassando densi cumuli.
Il pilota imprecò tra i denti. Lì la sua rapidità
non avrebbe avuto più senso e sarebbe stata la manovrabilità del rivale a
decretare il destino di quel duello.
“Non sia mai detto che un jet venga sconfitto da un
cazzo di elicottero!” ringhiò il pilota mentre i colleghi dei Mangusta, ormai
distanziati, tentavano comunque di riguadagnare terreno.
Il jet sparò un missile diretto al Folgore e quasi
parve che questi dovesse centrarlo tramite poi evitarlo con un’impossibile
manovra all’ultimo secondo.
“MA CHE RAZZA DI MOSTRO SEI?!” Il pilota deciso a
vincere quello scontro spinse il Tornado per divorare la distanza che li
separava in modo da privare il rivale della sicurezza dei monti che voleva
guadagnare.
Fu il suo errore più grande.
Il Folgore eseguì un giro della morte ritrovandosi a
volare proprio in direzione dell’inseguitore.
“DIO ONNIPOTENTE …” gridò incredulo il pilota un
istante prima che il cannone del Folgore aprisse fuoco riempiendo di fori il
caccia.
Il sedile eiettabile lo salvò da una fine certa e
tonnellate di metallo ridotte in rottami volanti si schiantarono impietosamente
a terra.
Il Folgore si gettò come un falco sui Mangusta
rimasti, deciso ad eliminarli come aveva fatto con il precedente avversario.
“Ritirarsi. Missione compiuta”, questa voce giunse
alle orecchie del pilota del Folgore e lui, prontamente, eseguì.
Mazzati tossiva pesantemente. Cercò di ricordare
cosa fosse accaduto ma tutto sembrava confuso. Le immagini scivolavano l’una
nell’altra senza quasi soluzione di continuità e vide solo le camionette uscire
dalla fila ed invertire la marcia.
Esplose alcuni colpi dalla sua pistola, salvo poi
cadere in terra svenuto.
Gas. L’aria era stata riempita di un qualche gas
narcotizzante. Il vento lo disperse rapidamente ma non abbastanza da impedire
al gas di sortire i suoi effetti sulle vittime.
Samuele Mazzati si sentì colmo di rabbia e
frustrazione. Colpì con un pugno l’asfalto e rimase lì a guardare le sue nocche
sanguinanti.
5
01
Luglio 2015 -Nei pressi della Base Tuono
Stabile osservò tutto con occhi attenti.
Imprecò quando vide Mazzati uscire fuori dal Lince
con gli altri soldati.
“Stupido ragazzino!” avrebbe voluto urlargli dietro
ma rimase impassibile mentre guardava lo svolgersi degli eventi.
Gli uomini di Minerva erano stati abili e veloci.
Fumogeni, lacrimogeni e gas anestetizzanti. I gas
erano fuoriusciti da mine sistemati lungo la via che, visti i controlli,
avrebbe dovuto essere libera. Erano stati veloci, sistemandole poco prima che
il convoglio passasse. Il cecchino aveva, da solo, tenuto in scacco più di 30
uomini dalla postazione di tiro in cui si trovava e che risultava invisibile ai
loro occhi mentre i due incursori, insieme ad almeno altri quattro uomini,
avevano preso il controllo delle camionette, neutralizzando i piloti e
portandole via lontano. Questo dopo che il folgore aveva eliminato uno dei Puma
e portato lontano i Mangusta.
Stava a braccia conserte, Germano Stabile,
chiedendosi quanto lavoro avesse richiesto quell’impresa a Elio Costante
Ravenna.
Uscì dal mezzo su cui si trovava scortato dai suoi
uomini che gli raccomandarono massima prudenza.
“Non serve,”
li liquidò quasi con noncuranza,”
hanno preso quello che volevano. Sono stati disposti i posti di blocco?”
“SIGNORSÌ SIGNORE!” Gli arrivò in risposta da un
subalterno anche se Stabile sapeva bene che non sarebbe servito a nulla.
Ravenna non si sarebbe fatto di certo intrappolare tanto facilmente.
Era certo che nulla fosse stato lasciato al caso.
Un soldato stavo aiutando Samuele Mazzati a
riprendersi. Il giovane Capitano tossì pesantemente e subito annaspò quasi
stesse annegando. Stabile gli fu accanto, piegandosi sui talloni in modo da
mettersi alla sua altezza. “Respira. Calmati e respira profondamente” gli disse
con pazienza e dolcezza che se Samuele fosse stato abbastanza lucido da
comprendere avrebbe trovato disarmante.
“Ci sono riusciti?”
“Ci sono riusciti.”
“Il caccia?”
“Non è servito a nulla. Sono stati molto più
temerari del previsto.”
“Già …” Samuele si sentiva mortificato.
“Avevo ragione,”
disse in un rapido sussurro Stabile,”
c’è una spia tra di noi”, dette una pacca consolatoria a Mazzati e si
allontanò, braccia dietro la schiena, andatura marziale.
Samuele si stropicciò gli occhi che ancora
lacrimavano.
“Una spia”
pensò tra l’afflitto e il furente. Qualcuno si stava facendo beffe di loro
dall’interno. Era l’unica spiegazione all’azione di Ravenna. La sua squadra si
era mossa con troppa sicurezza. Conoscevano i particolari di tutta
l’operazione, ne era certo.
Serrò con forza i pugni che ancora sanguinavano.
6
01
Luglio – Non distante dalla Base Tuono
“Questo vecchio rifugio anti atomico non è più
segnato sulle mappe da tempo,” disse
in tono didattico Ravenna, sistematosi su di una vecchia sedia di metallo, una
grande mappa dell’Italia alle spalle, le gambe accavallate, un bastone da
passeggio davanti a sé sul cui pomello, a forma di testa di gorgone, teneva
entrambe le mani guantate,” il
rifugio era pensato per i pezzi grossi dello Stato Maggiore ed era fornito di
tutto quello che ci serve, compreso un piccolo ma attrezzato eliporto. La
visibilità offerta dal rifugio dall’esterno è pari allo zero per cui non ci
troveranno mai, a meno di non sapere esattamente dove cercare. Assembleremo qui
le componenti e poi procederemo all’istallazione di Egida, Crocea Mors e dei
pad M-300 che ci ha gentilmente offerto il fu Etimesku e che il nostro buon
Mattia Sermoneta installerà per noi, vero?” Mattia fece un vigoroso cenno del
capo, ancora divorato dalla paura.
Ci fu un lungo applauso da parte di tutti i
presenti.
“Ce la siamo cavata bene, eh Professore?” Fece
scherzoso il Sergente Colussi.
“Per essere delle spie come effettivi non siamo
niente male”, gli fece eco Melissa Toffan.
“Siete stati superbi,” si complimentò con loro Ravenna,” anche il nostro Colonnello Benedetti è stato all’altezza della
sua prima missione tra la truppa di terra,”
per tutta risposta Alessandro Benedetti eseguì un teatrale inchino che strappò
un sorriso a tutti,” ma signori e
signora, permettetemi di dire che il merito va anche in gran parte al protegé
di Alessandro che si è dimostrato un eccezionale allievo ed un talentuoso
pilota, il nostro più recente acquisto che oggi ha dimostrato la sua fedeltà
alla causa, oltre che alle sue innegabili abilità, Remo Rizzato!”
Ci fu un’ovazione per Remo, ovazione che non
comprese il massiccio Sergente Sergio Parisi che però non poté esimersi dal
prodursi in un riluttante applauso.
“Grazie”, commentò semplicemente Remo.
Ravenna gli rivolse un eloquente sorriso carico di
soddisfazione.
“Quando sarà pronto?” Chiese Ravenna a Rizzato.
“Con le attrezzature a disposizione il montaggio
dell’Egida richiederà tempo.”
“Ormai siamo quasi giunti alla fine del viaggio. Il
tempo è un elemento essenziale. Oggi hai dato prova della tua lealtà alla
causa. Sai che da questo momento per te non ci sarà ritorno?”
“Dopo quello che hanno fatto?! Non mi sognerei per
tutto l’oro del mondo di tornare indietro!”
I due volsero lo sguardo allo 02, il secondo Folgore
Celeste caduto nelle mani di Ravenna e di Minerva.